DIRITTI

“Non oltrepassare i miei confini”: cosa succede tra Grecia e Macedonia

Al confine tra Grecia e Macedonia fitto lancio di lacrimogeni e granate assordanti sui migranti in fuga da Siria, Iraq e Afghanistan. Le barriere di filo spinato sono state sfondate e in molti hanno aggirato il cordone delle forze di polizia

In questo momento, tra il villaggio greco di Idomeni e la città macedone di Gevgelija, migliaia di migranti stanno cercando di forzare il blocco delle forze dell’ordine che gli impedisce di entrare in Macedonia. Queste persone, di cui la maggior parte provenienti da Siria, Iraq e Afghanistan, sono da giorni ammassate al confine che separa i due Stati, in attesa di poter passare e arrivare poi, tramite la Serbia, in Ungheria e quindi nell’Unione Europea.

Tra loro e la Macedonia li separa un fitto cordone di forze dell’ordine: appena i migranti chiedono a gran voce di poter passare e raggiungere il Nord Europa – “Non vogliamo stare in Macedonia, fateci andare via”, ripete stremato un signore a cui nessuno darà ascolto – la polizia carica con i manganelli, usa le granate stordenti, lancia lacrimogeni in mezzo alla folla. Non importa se quelle davanti a loro sono persone, non importa se ci sono donne incinte, persone anziane, bambini di pochi mesi: l’unica cosa che conta è rimandare indietro quella massa informe vista solo come un enorme problema.

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Posted by Revolution News on Venerdì 21 agosto 2015

A chi si trova in questo momento tra Grecia e Macedonia, non è riconosciuta nemmeno un briciolo di quella dignità di cui si parla nella Dichiarazione universale dei diritti umani in cui, almeno teoricamente, si riconosce l’Unione Europea. Chi si trova in questo momento tra Grecia e Macedonia non è visto nemmeno come persona, ma solo come un problema, un fastidio da mandare indietro.

La paranoia degli stati è arrivata a un punto tale che l’Ungheria, primo paese europeo raggiungibile attraverso la rotta dei Balcani, sta costruendo un muro al confine con la Serbia per impedire ai migranti di entrare nel proprio paese. In realtà, l’Ungheria non è il primo Stato membro dell’Unione che sta iniziando a delimitare i propri confini: pure la Bulgaria sta costruendo un muro al confine con la Turchia, così come l’ha già costruito la Grecia durante il governo Papandreou nel 2011.

La risposta a guerra, morte e disperazione data dagli Stati europei è quella dei muri e dei respingimenti: le popolazioni e i governi si strappano i capelli e fanno la voce grossa di fronte alla minaccia dell’Is ma intanto lasciano morire le sue vittime. Quest’ultime sono da compatire finché sono lontane dagli occhi e compaiono solo in qualche video sul giornale, ma sono da odiare, uccidere e respingere qualora si azzardino a cercare riparo all’interno della civile Europa.

Attualmente tra Idomeni e Gevgelija molti dei migranti sono riusciti a forzare il blocco e sembra che ne siano passati attualmente duemila. La polizia ha risposto con un fitto lancio di lacrimogeni e granate assordanti, provocando il panico tra tutti quanti: molti sono i bambini che si sono persi nella confusione e che non riescono a ritrovare i loro genitori. Tanti sono rimasti feriti duranti gli scontri e nemmeno un dottore è andato a controllare le condizioni di chi si è fatto o si è sentito male. È in corso un’emergenza umanitaria e agli Stati – nessuno escluso – non importa nulla. O meglio, importa: ma solo finché non tocca i propri preziosissimi confini.