EUROPA

Macron non molla, i gilets jaunes neppure! 

Nonostante la repressione poliziesca e il tentativo di Macron di fare concessioni economiche nella speranza di rinsaldare una qualche unità nazionale, il movimento dei gilets jaunes continua ad espandersi. Oggi, V sabato di mobilitazione in tutta la Francia

L’intervento del «Presidente dei ricchi» ci avrà almeno fornito un insegnamento: il padronato non accetta che siano toccati i suoi profitti, a costo di buttare a mare il suo incaricato d’affari, Macron! Infatti, il padronato non è per niente convinto che i premi elargiti da qualche grande industriale amico facciano rifluire il movimento. Gli ambienti della presidenza annunciavano tuttavia misure forti, ma in realtà si trattava, tecnicamente, di una classica “partita di giro”: riuscire a restituire, fra due dichiarazioni solenni, il regalo che Sarkozy aveva fatto alle imprese defiscalizzando gli straordinari. I disoccupati apprezzeranno il ritorno inatteso del «lavorare di più per guadagnare di più»! Sul piano del salario minimo, una mattinata di consultazioni delle “parti sociali” e di avversari politici basterà a Jupiter (appellativo di Macron, ndt) per essere declassato al rango di revisore dei conti dell’impresa Francia. A cambio di stato, però, cambio di comunicazione! Macron ci aveva abituato a formule complesse per esprimere l’elementare brutalità della sua politica, ma stavolta ha impiegato formule semplici per riassumere il montaggio complesso grazie al quale le classi popolari pagheranno alla fine il prezzo delle sue concessioni. Così, «il salario minimo di un lavoratore aumenterà di 100 euro» vuol dire: il salario minimo (SMIC) non aumenterà al di sopra del tasso di indicizzazione, cioè dell’1,8 % (una ventina di euro circa). Per i rimanenti 70 euro, il premio di attività vi sopperirà, in quanto finanziato dalle imposte che, per i redditi più alti, non aumenteranno di un centesimo. Orbene, il rialzo del premio di attività era previsto molto prima che i gilets jaunes facessero la loro apparizione, ma doveva spalmarsi per quote di 30, 20 e 20 euro fino al 2021 (1). Quattro settimane di sollevazioni, blocchi e manifestazioni altamente conflittuali su tutto il territorio francese avrebbero dunque strappato un anticipo di 70 euro versati direttamente dai fondi di assegni familiari, di cui, secondo il principio di eguaglianza, continueranno a beneficiare le famiglie più agiate. E questo premio minimo, beninteso, sprovvisto di contributi sociali, andrà in fumo al momento di calcolare la pensione dei futuri pensionati. Quanto ai pensionati di oggi che guadagnano meno di 2000 euro, essi dovranno accontentarsi di essere stati risparmiati dai salassi supplementari che Macron si preparava a infliggere loro nel 2019.

 

In questa prospettiva, il tratto realmente rilevante del discorso di Macron concerne il tentativo di rinsaldare l’unità nazionale perduta intorno la rivalorizzazione dell’identità francese dei principi repubblicani.

 

La manovra è fin troppo chiara: rafforzare le tendenze nazionaliste e razziste del movimento espresse in simboli (bandiere blu-bianche-rosse, inno nazionale), slogan («Siamo a casa nostra!») o certe rivendicazioni della piattaforma dei gilets jaunes (respingimento «nei loro paesi di origine» di «coloro cui è stato rifiuta il diritto di asilo»).

Così Macron non molla. I gilets jaunes neppure! L’allocuzione del Presidente della Repubblica, ben lungi dall’aver raffreddato i loro ardori, ha suscitato un effetto contrario. I gilets jaunes sanno bene che solo la lotta paga. In questo senso, l’atto IV di sabato 8 dicembre ha segnato l’oltrepassamento di una nuova soglia – ciò che non era scontato tenuto conto dei livelli già alti di antagonismo delle giornate precedenti. Non solo il dispositivo poliziesco non è stato in grado di contenere la volontà risoluta di manifestare dei gilets jaunes, ma la strategia di dispersione messa in campo ha contribuito al blocco economico di una delle città più ricche del mondo.

 

Se, per un verso, nel cuore dorato della metropoli parigina non ha funzionato quasi nessuna attività economica, per l’altro la guerriglia urbana ha largamente sorpassato in intensità ed estensione i livelli della settimana precedente.

 

Da questo punto di vista, le autorità hanno riconosciuto l’importanza del fatto. Un rappresentante della giunta comunale di Parigi ha fatto sapere che il saccheggio dei negozi, la rottura delle vetrine e gli scontri con le forze dell’ordine sono stati più estesi e più violenti di quelli della settimana prima (dalla Torre Eiffel agli Champs-Élysées, dagli Champs-Élysées a St. Augustin e da St. Augustin a République). Per il ministro dell’economia e finanze Le Maire, la giornata è stata addirittura una «catastrofe economica», in particolare per il turismo e il commercio a due settimane dal Natale (3). Bisogna però misurare l’ampiezza dell’atto IV dei gilets jaunes su scala dell’intero Esagono, considerare i posti di blocco, le occupazioni di spazi strategici per l’economia, l’arresto dei flussi di merci, gli assedi ai luoghi del potere (4). Ancora: tutto accade come se Parigi e la provincia si fossero scambiate le modalità di azione. Così in questi ultimi giorni si moltiplicano a Parigi posti di blocco, sbarramenti, picchetti, mentre all’inverso scene di sommossa si diffondono in un gran numero di città francesi (Bordeaux soprattutto, ma anche Nantes, Tolosa, Marsiglia ecc.). Tocca a noi, dunque, intervenire là dove è necessario, articolando le nostre pratiche nella doppia temporalità della mobilitazione.

 

Malgrado l’incredibile livello della repressione, i pestaggi polizieschi e il terrorismo mediatico, il movimento dei gilets jaunes continua a espandersi, attraendo nelle sue file i quartieri popolari.

 

Inoltre, dalla settimana scorsa, abbiamo visto mobilitarsi a fianco dei gilets jaunes molte strutture di base conflittuali dei sindacati, gli studenti universitari e – soprattutto– i liceali. Se la manifestazione di sabato 8 ha visto la presenza significativa dei giovani delle banlieues nelle sommosse che hanno costellato l’Ovest parigino, la proliferazione dei fronti e l’entrata in gioco di nuove soggettività è assai promettente in termini di continuità e di radicamento della lotta, ma anche della sua evoluzione immanente. Come abbiamo già  affermato varie volte, è in questa direzione che dobbiamo immaginare il nostro intervento nel prossimo futuro: lavorare alla moltiplicazione dei focolai di lotta, spingere al loro collegamento. E a tal fine occorre avere oggi la capacità e l’intelligenza di “immergerci” ancor più in questo movimento e farne “contaminare” le nostre pratiche e abitudini militanti: partecipare con le nostre idee e le nostre parole d’ordine alle sollevazioni del sabato senza irrigidirci in forme che ci taglino fuori dalla sua composizione; costruire momenti reali di discussione, presa di parola e decisione collettiva che non riproducano gli schemi abituali della liturgia militante. Ma soprattutto intervenire nella sua temporalità propria, scandita dal doppio ritmo delle esplosioni di rabbia e di gioia dei sabati, da una parte, e dai momenti di incontro e di discussione durante i blocchi delle rotonde, davanti le stazioni di servizio o durante il blocco dei siti, dall’altra. Insomma, si tratta di fare corpo con un movimento ormai più proteiforme nei modi di espressione che nel contenuto politico. Per il suo modo di sventare incessantemente i dispositivi polizieschi e di rovesciare le logiche dei nostri buoni vecchi cortei, il movimento dei gilets jaunes ci spinge di fatto a derogare non tanto alle nostre convinzioni politiche quanto ai nostri modi di metterle in pratica. Mettiamoci all’altezza di queste sfide!

Articolo apparso in francese sul blog della Plateforme d’Enquêtes Militantes

Traduzione a cura di DINAMOpress

 

 

(1) Ricordiamo che il “premio di attività” è l’erede del “premio di impiego”, in risposta al movimento dei disoccupati di fine anni ‘90, che reclamava la rivalutazione dei minimi sociali. Si noterà che sotto questo nuovo nome il legislatore non si azzarda più neanche a qualificare come impiego ciò che condizione l’ottenimento di questo premio.

(2) Anche se le manifestazioni parigine in questi ultimi giorni ci sono sembrate estremamente positive, tracciare linee di confine resta all’ordine del giorno. Per quanto riguarda sabato 8 dicembre, gli spostamenti incessanti della giornata sono stati disseminati di scene allucinanti e spesso buffe, di redistribuzioni generali del bottino saccheggiato, di tentativi di marcia verso l’Hôtel de Ville, ecc. Nuovi slogan sono apparsi, tipo «Parigi/Borghese/Sottomettiti», «Non trasferiti i migranti, trasferitici del denaro» et perfino l’Internazionale sembrava ritrovare quel colore che perde alla conclusione delle manifestazioni abituali. Ciò che non impedisce il fatto di aver sentito, a varie riprese, canti di quenelle (in stile di estrema destra, ndt) et dei «Siamo a casa nostra», senza spesso renderci conto a cosa corrispondessero esattamente, ma con la netta impressione che bisognerà gridare più forte, molto più forte. Per questo dobbiamo salutare il lavoro svolto dai gruppi antifascisti che si fanno carico da quattro sabati di espellere dai cortei gli elementi più chiaramente di estrema destra.

(3) Le Maire ha quantificato le perdite in più di un miliardo di euro (senza contare  i danni) e lo 0,1% del PIL. Queste cifre sono  molto interessanti; anzi, invitiamo il ministro a comunicarci le prossime evoluzioni, giusto per vedere  fino a quando possiamo far salire il punteggio!

(4) Mentre l’Ovest parigino cantava, sullo sfondo delle vetrine infrante, «Non si sente più cantare la borghesia», la manifestazione per il clima raccoglieva una folla al di là di ogni aspettativa nell’Est. Contro le richieste di annullamento della manif di un Ministro degli Interni sempre più alle strette, le forze ecologiste hanno fatto un atto di presenza in questa folle giornata. Ma ci si potrebbe infine domandare se l’atto ecologico più e potente del giorno non sia stato bruciare le Porsche Cayenne e altre vetture di lusso dall’altro lato della città, come sottolineato da un osservatore straniero, https://agitationautonome.com/2018/12/11/les-emeutes-des-ronds-points/. Nel contesto di queste giornate così agitate non è evidentemente facile distinguere la posizione realmenta occupata dalla nuova radicalità ecologica. Ma possiamo egualmente considerare che questo soggetto, come molti altri, produrrà un cambiamento profondo che lascerà delle tracce.