DIRITTI

Il cancro al seno non è un nastro rosa

Per il mese sulla prevenzione per il cancro al seno, la LILT lancia l’ennesima campagna con figure ammiccanti e quasi provocanti. Abbiamo bisogno di una narrazione diversa sul cancro al seno, che non nasconda sofferenza e malattia.

Potremmo parlare della sofferenza della malattia. Delle cicatrici sui seni. Dei seni senza capezzolo. Del dolore della perdita. Di donne che si ritrovano in menopausa precoce alla soglia dei 40 anni. Di donne che hanno un tumore metastatico, eppure vivono. Di donne che sono morte perché lo hanno avuto.

Potremmo parlare della forza delle donne che combattano e convivono con la malattia. Di donne che non hanno i soldi per curarsi, dei limiti del nostro sistema sanitario, dei limiti della ricerca sul cancro. Potremmo parlare del fatto che ogni anno sempre più donne, e anche uomini, si ammalano di cancro alla mammella.

Ma no, purtroppo non parleremo di questo. Perché le campagne dedicate al mese per la prevenzione del cancro al seno sembrano incentrate su altro.

Una su tutte, la campagna della Lega Tumori (LILT) che usa l’hashtag #fatelevedere e un disegnino di una donna stilizzata che si slaccia la maglietta con gli occhi socchiusi.

Certo, forse in un mondo in cui tutto si vende, tutto si compra, dovremmo accettare che anche il cancro al seno possa diventare un brand, tramite il quale fare delle corrette campagne di marketing. E si sa, le tette vendono, hanno sempre venduto. Nel 2015, infatti, l’hashtag di riferimento della campagna sulla prevenzione è stato #escile. Con un bel cartellone con Anna Tatangelo mentre stringe il seno fra le braccia, sempre in posa ammiccante.

La sessualizzazione del seno in una campagna contro il cancro è l’altra faccia di una società che dice alle donne di non allattare in pubblico, perché il seno in pubblico non si fa vedere. Come se il seno di per sé sia sempre e comunque sessuato e sensuale. Mentre ogni anno, sempre più donne, sempre più giovani si ammalano di cancro al seno.

Il costo di una mammografia bilaterale è di circa 30 euro se effettuata in convezione con il SSN (il costo del ticket), mentre è gratuita ogni 2 anni per le donne con età compresa tra i 45 e i 69 anni. Alcune regioni durante il mese di ottobre offrono screening gratuiti per ogni età. Forse sarebbe il caso di avere screening gratuiti sempre? Forse sarebbe il caso di aumentare i fondi alla ricerca nelle cause del cancro, e non solo sulle cure? Forse dovremmo conoscere meglio le cause ambientali che possono provocare il cancro?

Forse il cancro al seno non è riducibile a un nastro rosa?

Le attiviste americane della Breast Cancer Action sono le ideatrice della campagna ‘Think Before you Pink’. Sulla stessa linea, in Italia si può seguire il blog delle Amazzoni Furiose. Nel documentario ‘Pink Ribbons Inc’ (Nastri Rosa Spa – sottotitolato ora anche in italiano), si spiega molto bene quali sono i problemi dell’industria del Nastro Rosa. Si ripercorre la storia di come Estee Lauder e Self si siano appropriate dell’idea, e abbiano cambiato il colore del nastro per renderlo più appetibile per il mercato femminile:

Ed è questo che fanno le campagne come #fatelevedere: nascondono il corpo malato, il corpo diverso, magari con un seno solo o con delle cicatrici. In questo modo evitano di parlare della realtà della malattia e della sofferenza a essa legata. Forse le campagne per la prevenzione dovrebbero essere costruite per dare voce a chi è malata, a chi lo è stata e a chi sarà sotto controllo per tutta la vita in seguito alla malattia. Raccontare gli effetti della malattia, affinché si costruisca consapevolezza. E affinché la ricerca scientifica si focalizzi anche sulle cause che provocano l’aumento del numero dei casi di cancro. Purtroppo se ogni anno aumentano i numeri di persone che si ammalano di cancro, non è vero che stiamo sconfiggendo la malattia.