OPINIONI

Genova 2001

Ma dai, ma tu sei stata a Genova? Solitamente comincia così la conversazione. Non conoscevo niente e nessuno, ma non potevo non andare.

E come me, migliaia di persone. Del resto, è questa la forza dei movimenti: far sentire coinvolti coloro che non lo sono mai stati prima, portare in piazza persone che in piazza non ci sono mai state, farti sentire la necessità e il dovere di prendere parte. Distruggere l’indifferenza e buttarti nella marea dei corpi che attraversano le strade, che insieme a te trasudano lo stesso coinvolgimento e la stessa paura.Avevo 16 anni, una kefia, le All-Stars, un telefonino alcatel arancione, un manifesto visto ad Eur Fermi sugli orari dei treni e poi un biglietto compilato a mano alla stazione Piramide: sembrava esserci scritto Roma-Genova solo andata.

 

Solo andata, perché nessuno è tornato uguale dopo Genova.

 

Ci ha dato un passaggio un signore per strada, e ci ha detto: avete sentito è morto un ragazzo, forse è spagnolo, dicevano così all’inizio. E poi sangue per le strade, sui muri, scarpe abbandonate, felpe, san pietrini, segnali stradali, sassi, pietre, estintori… Migliaia di persone nelle strade, cariche, cariche e ancora cariche. Corse, salti, ci siamo ritrovate un vicolo cieco, rannicchiate dietro un secchio dell’immondizia: fa che non ci vedano, fa che non ci vedano. Non ci hanno visto.

E poi la notte, sembrava ci venissero a prendere, sono entrati in una scuola dove si dormiva, hanno massacrato tutti, ce ne dobbiamo andare… Non importa dov’eri, a Genova, a Piazza Alimonda, alla Diaz, a Bolzanetto, o solo per le strade.

 

 

 

Carlo è morto con noi. Quel movimento urlava che la ricchezza doveva essere di tutti, che stavano distruggendo il pianeta, che stavano costruendo la sua crisi economica, politica, sociale. Uguaglianza, solidarietà, cooperazione… Come non darci ragione oggi.

 

È morto un ragazzo e oggi in quella piazza vorrebbero farci aprire una sede di CasaPound. Lo Stato italiano si è autoassolto, come nelle sue storie migliori. I poliziotti italiani – brava gente – tornano in divisa. Il capo della polizia può rilasciare “interviste coraggiose”, ma nessuno pagherà.

Corti europee, diritti umani, trattati… per distruggere un movimento non ci sono leggi che tengono. Genova non c’è più. Il mondo non è più lo stesso, la crisi del capitalismo è massima, e massima la sua risposta autoritaria, così come ci avevano già fatto intravedere a Genova.

Ma Genova è ovunque. Nei corpi delle donne in lotta, nei migranti in cammino che distruggono i confini. Con le guerrigliere in Rojava contro Daesh, con le fabbriche occupate argentine che resistono, negli squat dei rifugiati di Atene, nei cortei anti-Trump, nelle lotte anti-austerity, nelle occupazioni, negli sgomberi…

A Genova ci siamo messi in cammino, ci avete spezzato, ci siamo rialzati, e abbiamo continuato a camminare. Siamo arrivati ad Amburgo. Avete provato a spezzarci ancora e dividerci. Io non ho più sedici anni, a volte spero ancora che non mi vediate, Ma ormai abbiamo imparato a camminare.