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Da Berkeley al JFK: un movimento emergente contro Trump e i suoi fascisti

La settimana scorsa nell’università di Berkeley studenti e attivisti si erano scontrati con la polizia e alcuni sostenitori di Trump, impendendo al fascista Milos Yannopoulos di parlare. Un’analisi delle dinamiche politiche che circondano l’episodio.

ENGLISH: From Berkeley to JFK: An Emergent Movement Against Trump and his Fascists

In seguito alla richiesta presentata dallo Student Club Repubblicano Universitario, il primo febbraio il suprematista bianco di “Alt-right” Milo Yiannopoulos era stato invitato a parlare alll’Università della California di Berkeley. L’amministrazione dell’università non ha preso in considerazione le chiamate ricevute che chiedevano l’annullamento dell’invito ma, tirando in ballo una vacua dedizione alla libertà di espressione e forse timorosi di entrare in conflitto con il Presidente Trump, ha garantito l’audience pubblica a Yiannopoulos. Fortunatamente, anime più coraggiose hanno prevalso strappando a Milo il suo momento di gloria.

Mercoledì sera, un rogo spettacolare nel piazzale principale di Berkeley ha preso il posto del suo discorso. Durante la giornata, la polizia del campus aveva posizionato un riflettore a gasolio in preparazione della manifestazione e, ore dopo, i manifestanti hanno scritto il nome “MILO” su un lato del riflettore, corredato di una strisciata che lo attraversava. Riflettore e generatore sono stati presto abbattuti e dati alle fiamme e altre azioni sono state prese mentre il fuoco bruciava: lanci di sassi, barriere abbattute, vetri rotti, fuochi d’artificio sparati contro la polizia. Le prime risse con i sostenitori di Trump sono scoppiate, sfociando in una danza scatenata. Si stima che centinaia di persone si siano radunate per far fallire il comizio, obiettivo raggiunto in meno di 30 minuti.

Le azioni prese all’Università di Berkeley sono solo le ultime di una serie di proteste contro Yiannopoulos. Di fatto, Yiannopoulos ha incontrato una forte opposizione in praticamente ogni campus in cui ha fatto visita. Solo pochi giorni prima dell’1 febbraio, una rivolta di studenti gli aveva impedito di parlare in un’altra istituzione, l’Università della California di Davis e un comizio tenuto il 20 gennaio all’Università di Washington aveva scatenato proteste consistenti. Ne sono seguiti dei tafferugli e un sostenitore di Yiannopoulos ha sparato ad un antifascista allo stomaco. Persino il campus dell’Università dello Stato della California San Luis Obispo, noto per non essere particolarmente attivo, si è sollevato in occasione della visita di Yiannopoulos. Studenti e lavoratori fianco a fianco per interrompere il comizio; non è che una minima parte di ciò che rappresentano le azioni alla Berkeley.

Contestualizzazione delle lotte anti-Yiannopoulos

Yiannopoulos e le proteste non sono spuntate fuori dal nulla. Al contrario, la sua ascesa è più facilmente comprensibile se contestualizzata in una dinamica politica più ampia. Questa dinamica, americana per la sua specificità, rappresenta in ogni caso una reminiscenza dell’ascesa di ideali populisti di estrema destra in altri paesi capitalistici liberal-democratici. Forse simile a quello europeo, il populismo di destra americano trova le proprie basi in una situazione di stagnazione economica la cui gestione è stata portata avanti da élite liberali di tecnocrati, tendenzialmente cosmopoliti. Ed è proprio contro questo sistema che si è costituita una nuova struttura di estrema destra anti-establishment. L’angoscia viene diretta contro la globalizzazione e i suoi sostenitori governativi, e l’ira contro la globalizzazione si trasforma velocemente in odio verso chi si ritiene abbia tratto beneficio di confini nazionali “porosi”: gli immigrati.

Però forse è qui che si ferma il parallelismo con l’Europa. Gli ideologi contemporanei dell’estrema destra americana hanno iniziato a costruire una propria ideologia reazionaria e, al contrario dei nazionalisti bianchi in Europa, hanno dovuto fare i conti sia con il fatto che non sono indigeni sul suolo americano che con i diversi background europei di provenienza. Dopo tutto, su quali basi possono persistere le sensibilità nazionaliste bianche americane se i bianchi stessi non si uniscono in una comunità “autentica”? Da questa domanda nasce il gruppo emergente degli intellettuali suprematismi bianchi di “Alt-right” di cui fa parte Yiannopoulos.

Alt-Right: Milo Yiannopoulos e altri

Omosessuale dichiarato, Milo Yiannopoulos è da molti punti di vista uno strano personaggio. Esponenti della vecchia guardia del suprematismo bianco americano, come David Duke, criticano fortemente l’omosessualità e le varianti di genere in quanto le considerano attacchi diretti ai valori tradizionali “corretti”. Al contrario, Yiannopoulos ha fatto il suo ingresso nel suprematismo bianco enfatizzando la propria omosessualità. Com’è stato possibile? Secondo Yiannopoulos, la manifestazione sociale dell’omosessualità è una conseguenza di un tipo di libertà sviluppatasi progressivamente attraverso la cultura occidentale. Ovviamente, la sua è una visione dell’omosessualità che preclude altre configurazioni di genere; è totalmente misogina, riservata solo agli uomini.

È proprio sull’omosessualità che Yiannopoulos sceglie accuratamente gli attacchi che muove alle frange più di destra e anti-gay dell’Islam. L’ideale ormai confutato di una struttura culturale europea con un arco di sviluppo progressivo è lo spunto che permette a Yiannopoulos di poter fare le proprie mosse. Nel confronto, l’Islam e gli altri blocchi religiosi o culturali sono relegati in una sorta di ordine “barbarico” inferiore. È su questo principio che Yiannopoulos sostiene l’utilità dell’immigrazione da paesi con background culturale differenti e si vocifera che abbia intenzione di rilasciare l’elenco completo degli studenti immigrati attualmente iscritti a Berkeley. Quindi, per Yiannopoulos, è la presunzione della supremazia di un’unica cultura europea ad animare le politiche apertamente razziste del suprematismo bianco.

Anche altri noti suprematismi bianchi dell’“alt-right” hanno seguito un cammino simile. Richard Spencer, reso ridicolo dal meme su di lui dopo aver ricevuto un pugno da un antifascista a volto coperto, rappresenta un altro esempio di questa tendenza. Spencer collabora con un gruppo chiamato Identity Europa, il cui obiettivo è convincere i bianchi americani a “ricollegarsi” alle proprie radici culturali europee. Questa “riconnessione” è il fondamento su cui basano la politica del suprematismo bianco. Come forma identitaria, sia Spencer che Yiannopoulos auspicano una caratterizzazione trans-europea, oltre a politiche di estrema destra.

Sulla scia del successo del già presidente Trump, vediamo crescere la preoccupazione sulla possibilità di una legittimazione del neofascismo. A peggiorare le cose si aggiunge l’ipotesi che vede un collegamento tra questi esponenti della destra alternativa e il capo stratega di Trump alla Casa Bianca, Steve Bannon. Prima di questo incarico governativo, Bannon era responsabile di Breitbart, una piattaforma di informazione online della “Alt-right” di cui Yiannopoulos è attualmente editore. Sembra sia questo il motivo per cui la risposta di Berkeley a Yiannopoulos è stata così forte. Le azioni prese per impedire il comizio sono parte di un movimento più largo contro Trump e i suoi accoliti.

È nato un nuovo movimento. Che ne sarà di lui?

Il movimento contro Yiannopoulos rappresenta solo l’epifenomeno più recente di un movimento sociale nascente. La vittoria inaspettata di Donald Trump ha spinto le persone all’azione e abbiamo assistito ad un’ondata di attivismo politico in tutti gli Stati Uniti. Il movimento non ha esitato ad incitare alla rivolta e manifestazioni di protesta spontanee sono scoppiate il giorno delle elezioni, alcune durate fino a quattro giorni. Il 21 gennaio, milioni di persone hanno preso parte a quella che sembra essere la manifestazione più grande della storia americana con più di 4 milioni di partecipanti.

Più recente è stata invece la risposta all’ordine esecutivo di Trump sull’immigrazione e la circolazione delle persone. L’ordine senza precedenti di Trump sospendeva ogni immigrazione legale da sette paesi a maggioranza musulmana. Molti residenti negli Stati Uniti sono stati detenuti negli aeroporti e gli è stato negato il diritto ad un avvocato. Altri sono stati rispediti indietro, deportati nonostante i loro certificati di residenza. Questo ha scatenato una massiccia ondata di proteste. Gli aeroporti delle principali città americane hanno visto accorrere persone che pretendevano il rilascio di tutti gli immigrati detenuti. Alcuni aeroporti sono stati effettivamente bloccati causando numerosi ritardi, come l’Aeroporto Internazionale di San Francisco.

Le azioni anti-Yiannopoulos sono la battaglia più recente dell’intensificazione del conflitto sociale e politico e gli scontri messi in pratica sono stati convincenti a sufficienza da far cancellare il suo prossimo, e ultimo, impegno di parlare in pubblico all’Università della California di Los Angeles. Però non si intravede altro all’orizzonte: quello che ci porterà il futuro è opaco e intellegibile.

Ad essere sinceri, queste parole sono fortemente pregiudiziali visto che il movimento deve ancora autodeterminarsi. Finora, tutte le azioni che sono state intraprese avevano un carattere di reazione. Cortei, scontri, scioperi, tutte queste mobilitazioni erano prettamente difensive. Gli americani partecipano, spesso in grandi numeri, ma solo in nome del rifiuto. Ciò nonostante c’è un desiderio diffuso per una nuova visione del domani e per una politica che possa accompagnarla. Esiste un desiderio palpabile per una nuova spinta in avanti che abbia come premesse l’uguaglianza effettiva e il cambiamento strutturale.

Però, non c’è ancora una visione concreta su cosa potrebbe incarnare questa forma né una visione strategica di come attuarla. In linea con le politiche degli ultimi 30 anni, la sinistra radicale è bloccata tra due opzioni non soddisfacenti: organizzazioni socialdemocratiche riformiste da una parte e politiche di nicchia anarcoidi e temerarie dall’altra. Questo è il problema chiave della sinistra radicale in molte parti del mondo, particolarmente sentito nella sua iterazione americana. A forza di trovarsi nel centro del potere capitalista e imperialista, la sinistra radicale americana è stata ostacolata e danneggiata per molto tempo e la sua eredità storica si è quindi offuscata. I suoi successi e i suoi fallimenti passati sono assenti dalla consapevolezza di chi lotta al giorno d’oggi.

Da un certo punto di vista, la non solida idea della sinistra radicale per il futuro fa il gioco degli estremisti di destra. Riprendendo retoriche storicamente razziste e sessiste, gli ideologi di destra come Yiannopoulos sono invece capaci di offrire una visione del futuro, per quanto distopica possa essere. Se il movimento deve diventare qualcosa di veramente innovativo dovrà sviluppare una spinta positiva strategica in avanti. È un compito difficile, ma per nulla impossibile. Già in molti hanno iniziato ad organizzarsi nei territori e migliaia di persone hanno costituito forme di radicalizzazione in varie parti degli Stati Uniti. Nuove lotte sembrano manifestarsi da un giorno all’altro, mettendo in evidenza nuovo contraddizioni sociali e politiche. Nel caos della situazione attuale non ci sono precedenti storici che ci diano garanzie, ma è proprio in questo caos che risiedono anche le opportunità.

Justin Gilmore è un dottorando presso il dipartimento di Storia della Coscienza all’Universita della California di Santa Cruz. Studia il populismo di destra come reazione contro le politiche e la socialità neoliberista. Potete contattarlo a: mailto:jtgilmor@ucsc.edu.

Traduzione di Michele Fazioli per DINAMOpress