TERRITORI

Banditi a Milano

Doveva cambiare il vento ma non sembra che sia successo. Aspettando lo sgombero di Zam.

*Nella foto una delle oceaniche assemblee sotto la Torre Galfa, prima sede dell’occupazione di Macao, all’indomani dello sgombero.

A Milano i parchi sono ancora chiusi e video sorvegliati, le ordinanze antimovida, di fatto antisocialità eredità dell’amministrazione Moratti, sono ancora in azione in circoli e locali. In queste ore ci sono operatori del settore culturale che dichiarano “rimaniamo anche convinti che la situazione per gli operatori culturali a Milano sia disastrosa e che i problemi che abbiamo evidenziato nella campagna elettorale di due anni fa, culminata nel concerto del 10 maggio in piazza Duca D’Aosta, siano rimasti i medesimi se non accentuati dalla crisi”, intanto gli spazi autogestiti ed occupati della città sono stati sgomberati: la giunta Pisapia ha fatto numericamente gli stessi sgomberi targata Moratti, guidata dalle violente campagne del vicesindaco sceriffo De Corato.

Spazi fisici e di possibilità per arte, cultura, politica e aggregazione non hanno ancora visto un cambio deciso di passo.

Forse non saranno stati sgomberati spazi comunali, ma sicuramente non abbiamo mai visto, letto e sentito slanci pubblici e formali sul senso, il valore e la storia dell’autogestione in città al massimo rassicurazioni informali, temporanee ed individuali.

La possibilità del “bando” come strumento “democratico” e “paritario” di assegnazione degli spazi vuoti del comune si sta sempre più trasformando in una farsa: da un lato il meccanismo non tiene conto della complessità di storie, percorsi, necessità e finalità del variegato universo che vive la città di Milano che hanno bisogno di spazio, dall’altro è uno strumento assolutamente inadeguato per le realtà autogestite in città. Il modello bando non riconosce la storia ed il valore politico e culturale dell’autogestione e dell’occupazione, questo modello è sicuramente una possibilità, ma una possibilità che non riguarda i centri sociali.

Il bando sta diventando “alterità legalitaria” che si contrappone all’occupazione. E sembra stia facendo scuola. Basti pensare come una delle giustificazioni del rettore Vago per lo sgombero dell’EX CUEM sia stato proprio il fatto che quello spazio era stato messo a bando (quindi considerando quel luogo come vuoto) e quel bando era stato democraticamente vinto da altri e quindi andava liberato.

Il modello “Expo” di trasformazione della città non è stato messo in discussione. Le speculazioni finanziarie ed edilizie governano la città, così sono questo tipo di logiche a determinare la “destinazione d’uso” degli spazi cittadini. La “politica” si adegua a questa logica e gestisce la metropoli come farebbe un amministratore con un condominio.

La legittimità ed il valore culturale, aggregativo e politico degli spazi autogestiti è sotto gli occhi di tutti. Questa legittimità è data dall’attività giornaliera degli spazi e dallo sforzo dei collettivi che vi operano all’interno inventandosi mondi vivi e colorati dove prima c’era grigiume e abbandono.

In epoca di crisi i centri sociali sono anche spazi capaci di offrire servizi, che spesso vengono considerati additori per le vite delle persone come teatro, corsi di formazione tecnica e professionale, palestre popolari, concerti, cucine e bar popolari, studentati, a titolo gratuito o molto basso, insomma riscoprono un diverso lato di attenzione, valore ed interesse all’interno delle metropoli e delle città, gli spazi autogestiti diventato così portatori di conflitto e alternativa possibile e praticabile al sistema dominante già con la loro esistenza

Sarebbe ora che Milano abbia il coraggio di permettere a queste esperienze di esistere e non sempre di dover r-esistere.

Estendo il ragionamento e adattandolo alla metropoli milanese gli spazi occupati e autogestiti rappresentano il modello opposto alla logica “EXPO” che vuole governare la città: gli spazi hanno valore per il loro interesse sociale, culturale e collettivo e quindi vengono messe in discussione sia le logiche speculative edilizie sia quelle che vincolano cultura e aggregazione ad interessi economici.

Non sono solo gli spazi occupati a giocare questo ruolo in città, ma anche il complesso mondo dell’attivazione dal basso e dell’associazionismo diffuso tant’e che loro ogni giorno subiscono una burocrazia folle e allucinante che rende praticamente impossibile operare nella legalità della legge. Feste di strada, circoli e locali si vedono ritirare o non approvare le licenze per la loro attività, così come gli spazi occupati vengono sgomberati.

Come dire non solo si continua la guerra al mondo delle autogestioni, non solo si continua a non rendere pubblico ed evidente il loro valore ma contemporaneamente non si creano nemmeno condizioni reali per rendere possibile dai più la pratica dell’autorganizzazione e dell’attivazione dal basso nella costruzione di spazi politici, ludici e culturali.

Milano però non sta zitta e si sta organizzando. Sa che se qualcosa cambierà la storia non sarà certo la pavidità di una giunta il cui arancione sta rapidamente volgendo al grigio ma come sempre sarà una spinta dal basso, comune e articolata, che continuando a camminare contro vento forzerà cambiamenti creando nuovi spazi e possibilità per tutti.

Sabato 25 maggio un corteo darà il via in maniera pubblica e determinata al percorso cittadino “Banditi Milano – Reclaim the Space” percorso che vuole andare ad affermare che una città diversa è possibile, anzi riaffermare che non è solo possibile ma che già esiste nell’attivazione dal basso e nelle pratiche dell’autogestione ed esiste e resiste oltre al ricatto del bando e contro la logica “EXPO”.