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Virginia Raggi e la conferenza Women4Climate

Mentre Roma era sommersa dalla neve Virginia Raggi si trovava alla conferenza di Città del Messico “Women4Climate”. Scopriamo di cosa si è parlato alla conferenza, quale rapporto c’è tra donne e cambiamento climatico e quali promesse ha fatto la sindaca di Roma

Il 26 febbraio scorso, mentre Roma e i suoi abitanti si trovavano alle prese con l’emergenza neve, la sindaca Virginia Raggi si trovava a Città del Messico per partecipare alla conferenza internazionale del movimento Women4Climate, sollevando numerose critiche per la sua assenza durante queste giornate meteorologicamente inusuali per la Capitale. L’attenzione mediatica del nostro Paese si è concentrata sulle critiche rispetto alle responsabilità della sindaca e la sua decisione di partecipare all’evento nonostante l’ondata di maltempo, ma ben pochi hanno approfondito l’informazione sui contenuti dell’evento. Abbiamo assistito alla conferenza a Città del Messico e riteniamo che valga la pena documentare e diffondere l’informazione in un’ottica più ampia, per l’importanza dell’evento nel suo insieme e, allo stesso tempo, per evidenziarne le criticità.

Una conferenza di sindache e imprenditrici per creare nuove “leader climatiche”

L’evento di cui stiamo parlando è la Seconda Conferenza di Women4Climate, organizzata dall’alleanza globale C40 che comprende 93 città tra le più grandi del mondo per lottare contro i cambiamenti climatici secondo gli accordi stabiliti nella COP 21 a Parigi. Durante le conferenze di Women4Climate diverse donne impegnate in ambito politico (in particolare le sindache delle grandi città) e imprenditoriale a livello nazionale e internazionale si incontrano con l’obiettivo di costruire un’agenda condivisa che integri la sostenibilità urbana con l’equità di genere e le problematiche specifiche legate ai cambiamenti climatici. Le conferenze si terranno con cadenza annuale nelle diverse città che compongono l’alleanza per dare continuità ai progetti presentati.

La prima conferenza, tenuta a marzo 2017 a New York, ha lanciato il movimento con l’augurio di Anne Hidalgo, presidente del C40 e sindaca di Parigi, di supportare una nuova generazione di cosiddette “leader climatiche”. Con questo auspicio, C40 ha dato vita ad un programma di tutoraggio destinato a giovani donne per lo sviluppo di progetti urbani all’avanguardia sulla mitigazione e l’adattamento, come la creazione di boschi urbani a Città del Messico e giardini galleggianti a Parigi per favorire l’assorbimento di CO₂ e sostanze contaminanti nell’acqua e nell’atmosfera. Altri progetti rientrati nel programma riguardano la sostenibilità nel campo della ristorazione, la gestione dei rifiuti organici e l’analisi delle strategie di adattamento adottate nei quartieri popolari nella capitale messicana contrassegnati da una scarsità strutturale di acqua potabile.

I cambiamenti climatici aumentano le disuguaglianze di genere

Da un punto di vista concettuale Women4Climate ha evidenziato il nesso tra le donne e i cambiamenti climatici che a lungo è stato invisibilizzato, sia nel campo degli studi di genere che dalla scienza del cambiamento climatico. Avanzando su binari paralleli, il primo affronta la questione delle disuguaglianze di genere e la dominazione del genere maschile sul femminile, mentre il secondo analizza le cause e gli impatti delle attività umane sul clima. Il fatto che un problema si ripercuota sull’altro e che entrambi siano una manifestazione dell’agire predatorio e aggressivo, tipicamente maschile secondo i canoni stabiliti dall’ordine patriarcale, è stato riconosciuto recentemente grazie alle riflessioni dell’ecofemminismo e della nascente ecologia politica femminista.

Anche le agenzie internazionali hanno iniziato ad osservare questa relazione reciproca: il cambiamento climatico tende ad esacerbare le disuguaglianze di genere già esistenti e le disuguaglianze di genere aumentano gli impatti negativi del cambiamento climatico (Aguilar et al., 2009). La relazione tra le donne e i cambiamenti climatici viene quindi attualmente spiegata nei termini di una maggiore vulnerabilità dovuta alla condizione sfavorevole del genere femminile.


Women4Climate vuole scardinare le tendenze essenzialistiche che producono un’immagine delle donne, e soprattutto le donne del Sud Globale, come soggetto vulnerabile, passivo e bisognoso di aiuto esterno (Arora-Jonsson, 2011). Qui, al contrario, vengono messe in primo piano le donne al potere come i nuovi soggetti nell’arena globale che saranno in grado di ridurre non solo le disparità di genere, ma anche i rischi dei cambiamenti climatici. Il rischio è quello di trasformarsi in un movimento di donne elitario ed escludente, nel quale le uniche a prendere la parola siano le donne che già godono di un certo potere decisionale a livello politico, lasciando nel silenzio le voci delle donne vulnerabili che stanno vivendo quotidianamente le conseguenze non solo dei cambiamenti climatici, ma anche delle disuguaglianze di genere, classe sociale, etnia ed età.

Le proposte per Roma, tra mimose in fiore e neve

All’interno dell’ambiente globale della conferenza, le sindache partecipanti hanno presentato delle proposte da applicare nelle loro città sulla scorta dell’esortazione “pensa localmente, agisci globalmente”. A Roma, i cambiamenti climatici sono sempre più percettibili e le azioni climatiche da svolgere sempre più urgenti. Nella capitale infatti, ai problemi strutturali se ne aggiungono di nuovi legati ad un clima incerto, contrassegnato da un’inedita scarsità di acqua nei periodi secchi, piogge torrenziali e nevicate via via più frequenti.

Le azioni su cui punta Virginia Raggi ruotano intorno al tema della mitigazione, ovvero della riduzione delle emissioni di gas effetto serra, attraverso un piano di mobilità urbana sostenibile. Il piano punta a ridurre la quantità di auto private presenti nella città, che è considerevolmente maggiore rispetto ad altre capitali europee, attraverso una serie di misure come l’investimento nel trasporto pubblico, l’aumento del car sharing e del bike sharing, così come dei percorsi pedonali e degli scooter elettrici. Tra le misure concrete la sindaca ha annunciato pubblicamente durante la conferenza che dal 2024 sarà vietato l’uso di veicoli diesel nel centro storico e che dal 2025 si acquisiranno solo autobus a emissioni zero.

Su questo programma ci si può porre una serie di domande, per esempio, sulla finalità di bandire solo i veicoli diesel e non quelli a benzina – dato che entrambi producono emissioni – e sulle possibili conseguenze perverse di un piano di questo tipo nei termini di un aumento complessivo del numero dei veicoli.

Proprio l’esperienza messicana sulle targhe alterne insegna che proibire l’uso del veicolo privato senza proporre un’alternativa efficiente non risolve il problema e che, anzi può peggiorarlo ed aumentare le disuguaglianze nella qualità di vita dei cittadini. A Città del Messico, per aggirare il problema delle targhe alterne, le famiglie più ricche hanno optato per comprare una seconda auto, con la targa “giusta” per poter circolare quando l’altra deve restare ferma, aumentando di fatto il numero delle auto totali in città. Anche a Roma, chi potrà e ne sentirà il bisogno, comprerà un’auto a benzina per continuare a circolare in centro?

Inoltre queste misure, qualora giungessero alla fase di applicazione, non assicurano una riduzione dei rischi e delle vulnerabilità climatiche. Durante la conferenza, Raggi non ha approfondito la questione dell’adattamento, limitandosi a dichiarare che nessuno deve essere lasciato indietro e che la città ha bisogno di un piano sociale a partire dai bisogni delle persone. In questo piano sociale che ruolo avrà l’adattamento ai cambiamenti climatici? Si parlerà dell’acqua potabile che presto potrebbe scarseggiare? Si parlerà dei senzatetto e dei gruppi vulnerabili alle emergenze climatiche? Si parlerà di un trasporto pubblico in grado di non alterare le proprie funzionalità in caso di un clima estremo? Ci sono molte domande senza risposta. Occorre osservare con speranza, ma anche con sguardo critico, le nuove interconnessioni in atto tra le donne e i cambiamenti climatici perché queste potranno condurre sia a miglioramenti significativi, sia al rafforzamento della situazione attuale di degrado sociale, politico, ambientale e climatico esistente tanto a Roma come nelle altre grandi metropoli.

 

Cloe Mirenda è antropologa e dottoranda in Scienze della Sostenibilitá presso l’UNAM ( Universidad Nacional Autónoma de México).

 

Per approfondimenti

Aguilar Lorena et al. (2009), “Manual de capacitación en Género y Cambio Climático”, UICN, PNUD, GGCA.

Arora-Jonsson, Seema (2011), “Virtue and vulnerability: Discourses on women, gender and climate change”, Global Environmental Change, 744-751.