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Villa Tiburtina: non c’è salute se non è di tuttə

Sabato 11 maggio è stata convocata un’assemblea pubblica a Parco Cicogna per discutere del futuro di Villa Tiburtina, una struttura sanitaria chiusa da anni e della quale da tempo la rete dei comitati territoriali chiede la riapertura, per garantire una vera medicina di prossimità che sia a misura del territorio in cui insiste

La lotta per la riapertura di Villa Tiburtina continua da anni. Tutto ha avuto inizio con la stagione della spending review voluta dal governo Monti, da cui è derivata la riduzione della spesa sanitaria: una sforbiciata da 6,8 miliardi fino al 2015. Una delle strutture sanitarie che è caduta sotto la scure dei tagli è l’edificio di via Casal de’ Pazzi. La struttura pubblica di eccellenza e punto di riferimento per gli abitanti fino a quando non è stato chiuso era una sede distaccata del Policlinico Umberto I dedicata alle diagnosi e alla riabilitazione delle malattie polmonari. Ospitava al piano terra la Asl, oltre al reparto di Fisiopatologia respiratoria e uno di Neurologia/Neuropsichiatria ai piani superiori.

Come abbiamo raccontato è stata l’emergenza sanitaria legata alla pandemia ad aver evidenziato le difficoltà di accesso alle cure primarie e all’assistenza domiciliare. Dopo la chiusura di quel polo sanitario gli unici ambulatori pubblici della zona si trovano a chilometri di distanza, tra il Tiburtino III, San Basilio, Colli Aniene e Pietralata e non riescono a coprire le necessità della numerosa utenza.

Senza essersi mai arresi l’Assemblea Riapriamo Villa Tiburtina e il Coordinamento Regionale Sanità hanno ottenuto l’impegno da parte del commissario della ASL Rm2 dell’apertura di una Casa di Comunità (prevista dal PNRR) un centro per le malattie respiratorie e altri servizi, tra cui un centro dialisi, la cui gestione spetterebbe all’Università Sapienza/Policlinico Umberto I.

La Fondazione dell’Università La Sapienza, proprietaria della struttura insieme a Fondazione Lorillard e Spencer Cenci, ha dato in usufrutto alla Asl Rm 2 per trent’anni una parte della struttura dove si attiverà, come detto, la casa di comunità, ovvero quei centri sanitari all’interno dei quali il cittadino potrà trovare tutta una serie di servizi di base, dal medico di famiglia al pediatra, compresi specialisti e professionisti del settore.

Lo scorso 7 aprile, Giornata Mondiale della Salute, c’è stata una grande mobilitazione, per denunciare lo stallo della situazione e la mancanza dell’incontro promesso dal nuovo commissario della ASL Rm2, mentre la Regione tace così come il Presidente del IV Municipio.

«Manifestiamo – dichiara un’attivista –  mentre il governo Meloni si arrampica sugli specchi per giustificare la riduzione del budget per la spesa sanitaria, le Regioni sono sul piede di guerra per il taglio da 1,2 miliardi all’edilizia sanitaria e la Corte dei Conti ha espresso forti perplessità rispetto ai Livelli Essenziali di Assistenza».

«Con il decreto PNRR – ci racconta – l’attuale governo ha tagliato 350 case di comunità sulle 1300 inizialmente previste. Le 300 strutture già realizzate nella maggior parte dei casi sono vuote, cattedrali nel deserto dove non si capisce chi debba lavorare, che funzioni debbano avere, chi deve fare cosa. La tutela (e il potenziamento) del Servizio Sanitario Nazionale passa necessariamente per il successo anche di piccole, ma significative, battaglie come Villa Tiburtina».

Per sabato 11 maggio alle 17 è stata convocata un’assemblea pubblica a Parco Cicogna per discutere del futuro della struttura. Scrivono nel documento di convocazione: «Nonostante tanti sforzi e l’ormai programmata riapertura, in quartiere c’è preoccupazione rispetto alla trasparenza e alla partecipazione, previste teoricamente in ogni documento della missione 6c1 del PNRR, che nella pratica sono completamente assenti. Le fasi di progettazione e (ipotetica) ristrutturazione di Villa Tiburtina si stanno realizzando in modo fumoso e poco chiaro, le indicazioni delle istituzioni competenti sono totalmente inadeguate».

Eppure in tutti questi anni sono state presentate tante proposte per creare un modello di gestione partecipata della pianificazione socio-sanitaria. Lo Sportello Sanitario Mammut, anche in collaborazione con alcuni dipartimenti della ASL, ha cercato di tracciare una strada per legare comitati territoriali, case di comunità, istituzioni locali e Servizio Sanitario Nazionale. Attraverso uno stretto legame con le comunità locali e una completa trasparenza e condivisione delle attività di pianificazione, per costruire una vera medicina di prossimità che sia a misura del territorio in cui insiste.

Purtroppo la sensazione è che si vada in direzione opposta, verso la totale privatizzazione dei servizi socio-sanitari e che le case di comunità pubbliche, previste dal PNRR, finiranno per essere cliniche private convenzionate.

A tutto questo si oppone un altro modello di sanità, di salute e di cura come testimoniano le battaglie come quella per la riapertura di Villa Tiburtina e i tanti sportelli sanitari autogestiti che si stanno diffondendo nei quartieri romani.

Appuntamento dunque per sabato a Parco Cicogna, perché «non c’è salute se non è di tuttə»

L’immagine di copertina è del Coordinamento Cittadino Sanità

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