ROMA

«Casal De’ Pazzi, dei pazzi sognanti». Occupata Villa Tiburtina

Il Comitato Riapriamo Villa Tiburtina, dopo mesi di cortei, iniziative e raccolte firme, ha occupato ieri lo stabile di via Casal de’ Pazzi 16: un gesto simbolico per rimarcare la necessità di una sanità pubblica territoriale

Ieri, mercoledì 7 aprile, era la Giornata internazionale della salute: per ribadire l’essenzialità di un diritto, spesso negato, attivisti e attiviste del comitato “Riapriamo Villa Tiburtina” hanno occupato la struttura poliambulatoriale a pochi passi dalla fermata Rebibbia, capolinea della romana metro B.

«Abbiamo scelto questa data, il 7 aprile, il giorno internazionale della salute che coincide con la fondazione dell’OMS: quel manifesto che garantiva e dovrebbe garantire ancora la salute per tutte e tutti», sottolinea Barbara, una delle componenti del collettivo sorto spontaneamente a novembre, durante la conferenza stampa tenutasi a mezzogiorno: «È chiaro che questa struttura che è alle nostre spalle chiusa è proprio la negazione fisica di questo principio».

 

La vicenda di Villa Tiburtina è recentemente salita alle cronache nazionali per merito di Zerocalcare. Il fumettista, originario di Rebibbia dove tuttora vive, ha infatti dedicato agli obiettivi del comitato, nato lo scorso novembre, una breve racconto illustrato.

 

Edito insieme a un numero del settimanale “L’Espresso”, Romanzo Sanitario era disponibile in un buon numero di copie anche ieri: bastava un’offerta libera per portarselo a casa e gli attivisti al cancello lo utilizzavano per incuriosire i passanti.

«L’edificio di via Casal de’ Pazzi 16 era una struttura pubblica di eccellenza e punto di riferimento per gli abitanti fino a quando non è stato chiuso quasi dieci anni fa», si legge in terza di copertina dello spillato: «Entrato nella disponibilità dell’Università Sapienza di Roma attraverso la fondazione Lorillard Spencer Cenci negli anni ’60, era una sede distaccata del Policlinico Umberto I dedicata alle diagnosi e alla riabilitazione delle malattie polmonari. Ospitava al piano terra la Asl, oltre al reparto di Fisiopatologia respiratoria e uno di Neurologia/Neuropsichiatria ai piani superiori».

 

 

La sua chiusura nel 2014 ha lasciato i quartieri di Ponte Mammolo, Casal de’ Pazzi e Rebibbia senza alcun punto di riferimento socio-sanitario. «L’input di questa campagna di riapertura nasce proprio da un’assemblea di quartiere, di un comitato di quartiere, il Mammut, in cui sono qualcuno ricordava che questa struttura era aperta: c’era persino il dentista, era una struttura con una serie di poliambulatori», spiega Giuseppe Evangelista, attivista del comitato.

Trainata anche dall’hashtag #riapriamovillatiburtina, la campagna ha ottenuto un successo insperato, soprattutto fuori dai social: «Addirittura il prete, nell’omelia, ha più volte sostenuto la campagna, incitando i fedeli a sottoscrivere la raccolta firme». A oggi sono più di tremila le firme raccolte, ma questo non è bastato a smuovere le istituzioni competenti.

 

 

«Stamattina quando siamo entrati qua dentro abbiamo chiesto a quelli della regione che convocassero un tavolo, fin’ora non abbiamo avuto risposte», prosegue ancora Evangelista che denuncia il continuo scaricabarile delle autorità, sanitarie e non solo: «Le istituzioni dovrebbero stare lì ad ascoltare qualsiasi cosa si muove su questo tema e invece niente. La Asl ci ha detto che dipendeva dalla regione, la Fondazione ci ha detto che dipendeva dalla Asl, la regione ci ha ridetto che dipendeva dalla Asl, insomma un giro dell’oca in cui ognuno ti rimanda al mittente».

Dopo la conferenza stampa di mezzogiorno, la giornata è proseguita con altre attività: mentre i bambini disegnavano e coloravano uno striscione con scritto “Sanità pubblica gratuita”, Radio Onda Rossa sceglieva di trasmettere dal piazzale antistante la struttura dismessa nel 2014 in sostegno alla peculiare occupazione.

 

Tra una canzone e l’altra di Renato Zero (inevitabili Casal de’ Pazzi e Mi vendo) sono intervenut* al microfono anche esponent* di altre realtà cittadine solidali.

 

Particolarmente rilevante l’intervento di Barbara della Rete Assemblea Cittadina che ha tracciato paralleli tra la gestione della sanità degli ultimi anni e quanto sta accadendo nella scuola: «Ciò che si sta tentando di fare oggi con la scuola è l’operazione riuscita molto bene nella sanità, trasformare un diritto in un servizio, trasformare un complesso di situazioni che riescono a garantire un diritto in situazioni che variano da territorio a territorio attraverso anche il terzo settore, attraverso l’inserimento del privato, le cooperative… Quello della sanità privata convenzionata è un modello che si cerca di far funzionare anche nel mondo della scuola. Quindi la difesa della scuola pubblica come oggi la conosciamo è una battaglia che si poggia sugli stessi principi della difesa della sanità territoriale».

Al riguardo Barbara ha anche invitato le e i present* alla riunione pubblica che si terrà sabato 10 in piazza Vittorio, dal titolo “Senza conflitto non c’è cura”.

D’altronde il tema del conflitto appare centrale nella questione di Villa Tiburtina. «Dobbiamo riuscire a moltiplicare la presenza, la partecipazione. Perché bisogna essere coscienti di una cosa: il problema di Villa Tiburtina esce fuori quando rappresenti un problema ingestibile per loro e sono costretti a intervenire. Se non raggiungi quel livello, non ti si filano», sottolinea infatti Evangelista: «Perché tutti questi fondi che stanno dando al privato, sono fondi strutturali: quindi il problema rimane. Oggi è stata un’ottima iniziativa, abbiamo fatto un passaggio in più».

 

 

Alle 17, al di fuori di Villa Tiburtina, inizia poi una partecipata assemblea. Interventi telefonici da tutta Italia hanno dipinto fin troppe situazioni che raccontano il progressivo smantellamento del servizio sanitario pubblico per favorire i processi di mercificazione della salute e quindi l’intervento del privato e la costruzione del profitto: Bologna, Torino, l’ospedale del piccolo centro di Cariati in Calabria…

Una lotta di riconquista della sanità che, secondo Marco del Coordinamento regionale sanità (organismo che raccoglie varie strutture che nel territorio della nostra regione intervengono sul tema dai Castelli Romani a Velletri, da Viterbo, alle zone del Quadraro e Torpignattara), vede per una volta «i quartieri di Ponte Mammolo, Casal de’ Pazzi e Rebibbia come un esempio per tutta la città di Roma e il territorio nazionale».