ITALIA

Verso privatizzazione di Ita, ma lavoratori e lavoratrici resistono

A fronte dello smembramento della nuova compagnia di volo Ita Airways, pilotata da Altavilla, comitati e sindacati chiedono il ripristino di una compagnia di bandiera, diritti per tuttə e pagamenti della cassa integrazione

Giovedì 14 aprile si è tenuta un’assemblea dei e delle dipendenti della sezione di terra di Alitalia attraverso lo strumento della legge 300, che permette la riunione dei lavoratori e delle lavoratrici durante il turno di lavoro.

Un’assemblea richiesta da tempo dal Comitato Tutti a bordo – No al piano Ita per discutere i recenti aggiornamenti circa la nuova compagnia aerea. All’incontro erano presenti il comitato, i sindacati di base Cub e Usb oltre a Navaid CY (un comitato di piloti), la linea che persiste è quella di rivendicare una compagnia unica di bandiera che ricopra tutti e tre gli ambiti: di volo, handling e manutenzione «perché la societarizzazione creerebbe ulteriormente licenziamenti e tagli ai salari come siamo spesso abituati a vedere durante i passaggi di appalto», spiega Daniele del comitato.

Sembrerebbe che l’amministrazione e Altavilla stiano perseguendo la direzione opposta. Infatti, continua Daniele, «il governo Draghi ha decretato nei fatti la privatizzazione di Ita, attraverso un Dpcm che ha dato la possibilità agli azionisti di trovare sul mercato un compratore e ci sono già delle offerte. Dopo 6 mesi dalla nascita di una compagnia pubblica è già stata aperta la possibilità di venderla al mercato».

L’acquirente più papabile pare essere MSC (Mediterranean shipping company), il colosso delle crociere e del cargo su navi, con la partecipazione di Lufthansa anche se non è chiaro se da un punto di vista azionario o più commerciale e industriale.

Antonio del sindacato Cub ha una sua ipotesi che non sembrerebbe essere troppo distante dalla realtà dei fatti: «penso che MSC sia una partita di giro, Aponte [fondatore della compagnia, ndr] non vedo quale interesse fondato e davvero industriale abbia nello sbarcare nell’esperienza del trasporto aereo, tra l’atro in una fase delicatissima: la pandemia è tutt’altro che risolta, la guerra è alle porte, l’inflazione è quella che è quindi non mi pare che le masse popolari possano tanto viaggiare». E continua: «Non trovo una giustificazione di tipo industriale, quindi penso si stia traghettando la compagnia nelle mani delle concorrenti che possono essere Lufthansa o Air France ammesso che queste possano essere ancora interessate, poiché il mercato se lo possono prendere anche senza fare accordi con Ita. Che non gli garantisce alcunché».

A corroborare l’evidente strategia di smembramento di Ita ci sono le notizie non ufficiali che riguardano handling (assistenza a terra per aerei e passeggeri) e manutenzione, infatti, il 15 marzo si sono conclusi i bandi e ad oggi ancora nessuna informazione pubblica è stata divulgata su chi ha presentato un’offerta, che piano industriale possa avere e soprattutto sull’impatto occupazionale. Le uniche comunicazioni riportano che il giorno prima della scadenza Ita abbia fatto due preaccordi con Swissport International (multinazionale dei settori aeroportuali) per il ramo handling e con Atitech per la manutenzione «un ramo di manutenzione che opera a Napoli Capodichino, una ditta che era parte di Alitalia fino al 2008, ma oggi è totalmente privata e di un altro proprietario», racconta Daniele.

Il comitato Tutti a bordo è contro la societarizzazione di questi settori, i lavoratori e le lavoratrici sono preoccupati da un ulteriore smembramento della compagnia e le dichiarazioni di Ita in un recente comunicato in cui si disimpegna dalla partecipazione azionaria rispetto a queste due società non fa che incrementare i dubbi sul loro futuro.

Ita (al momento pubblica) precedentemente «doveva partecipare alle azioni con il 50% per l’handling e sotto il 50% per la manutenzione, ma avendo dato nei fatti un disimpegno, le due società diverrebbero da subito private. Ita si è impegnata a dare il via libera nell’eventualità fossero scelte dalle amministrazioni straordinarie» puntualizza Daniele, e Antonio rincara il ragionamento affermando «nessuna delle grandi compagnie europee fa fare l’handling a terzi nel proprio hub di riferimento. Che cosa vuol dire? che non c’è una progettualità di ricostruzione o rilancio della compagnia di bandiera, si sta puntando a cedere il controllo a spese dei lavoratori e dei contribuenti».

L’assenza di notizie ufficiali e il disimpegno di Ita inducono a pensare che la segretezza sia dovuta alla probabile mancanza di una piena occupazione per tuttə, che che ne dicano i sindacati confederali che fino ad oggi non sembra siano stati molto d’aiuto lavoratori e lavoratrici.

L’Inps continua a bloccare e sbloccare le casse integrazioni «ci sono migliaia di famiglie che non sanno quando arriverà quel poco che deve arrivare degli ammortizzatori sociali, con rinvii inspiegabili. Inizialmente si poteva pensare che si doveva andare a regime su una mole di cassa integrazione concentrata in una sola azienda in breve tempo. Ora l’ipotesi vacilla dato che sono passati sei mesi e i ritardi persistono. È più credibile che sia fatto ad hoc per complicare l’esistenza in Ita e consentire oggi e domani alla compagnia di fare delle proposte di lavoro che non possono essere rifiutate, perché la gente è alla canna del gas, quindi approfittando di questa situazione può fare la spesa delle professionalità a basso costo e con pessime condizioni», racconta Antonio.

Inoltre Cgil, Cisl e Uil hanno sottoscritto un accordo denominato New job qualche settimana fa con l’amministrazione straordinaria, con il quale stanno definendo un intervento delle politiche attive, quindi: l’avvio di corsi di formazione e di riqualificazione del personale.

L’accordo contiene anche «la richiesta sottoscritta dalle organizzazioni sindacali di stringere le maglie sulla possibilità dei lavoratori di rifiutare gli eventuali posti di lavoro, pena addirittura l’accorciamento (in termini temporali) e abbattimento (in termini di quantità) degli ammortizzatori sociali» – continua Antonio.

Altavilla che è ancora a capo di Ita è intervenuto al congresso della Cisl Trasporti dichiarando «Fin dal principio abbiamo sottolineato che Ita Airways è un’azienda nuova che intende valorizzare le competenze delle sue persone per garantire ai clienti un servizio di eccellenza. Persone e clienti sono due riferimenti imprescindibili per il successo del nostro progetto, per questa ragione abbiamo voluto che nel nostro nuovo contratto di lavoro ci fosse spazio per un’adeguata quota di retribuzione collegata alla soddisfazione del cliente finale, ma anche ampia attenzione ai bisogni dei colleghi da gestire attraverso l’introduzione del welfare contrattuale», in aggiunta ha dichiarato che ci sarà un’ulteriore dotazione di aeromobili. Le dichiarazioni del presidente dell’azienda paiono scontrarsi con i fatti che dimostrano come non ci sia cura per lavoratori e lavoratrici, testimoni gli scandali dei mesi precedenti e la dimissione dei due terzi del consiglio di amministrazione, oltre ai fatti riportati precedentemente che sembrerebbero portare a una svendita e liquidazione di Ita piuttosto che una sua crescita.

A sostenere le strategie di Ita il comitato Tutti a bordo denuncia anche un’informazione tossica, per questo il 15 di aprile lavoratrici e lavoratori si sono recati sotto la sede del “Messaggero” per consegnare una lettera a Umberto Mancini. Il giornalista avrebbe scritto un articolo in cui riportava che il 95% dei dipendenti Alitalia sarebbero stati riassunti da Ita, Swissport e Atitech, ma pare sia stato informato male. Infatti i dipendenti riportano che solo 2800 persone sono state riassunte, circa 8000 sono rimaste senza lavoro, 4000 sono in cassa integrazione a 0 ore e il rimanente rischia la stessa sorte con la vendita di handling e manutenzione. «C’è un rischio reale di 1000/1500 licenziamenti, inoltre non sappiamo le condizioni di assunzione. Perché come è avvenuto per la sezione volo, dove non c’è stata l’applicazione della 2112, non diamo per scontato che la stessa modalità possa essere riutilizzata anche per i lavoratori di terra», dichiara Daniele.

Dall’assemblea dei dipendenti è emersa la volontà di una mobilitazione a fine mese davanti al Ministero dello sviluppo economico (Mise), ufficio che vede entrambe le parti chiamate in causa al suo interno, quella dell’amministrazione straordinaria e quella pubblica di Ita, inoltre il sindacato Cub ha aperto le procedure per uno sciopero ai primi di maggio.

«Nella peggiore delle ipotesi si uscirà da questa vicenda con le ossa rotte per i lavoratori in termini occupazionali e in termini di condizioni di lavoro e salariali. Nella migliore si riesce a condizionare l’esito di questa vertenza, chiaramente con degli obiettivi che devono essere qualificanti che sono della tutela occupazionale e salariale, della tutela del mantenimento dei diritti, ma anche con un dialogo con la classe politica per fermare la cancellazione della compagnia di bandiera. Un paese di 60milioni di abitanti ha la necessità di una compagnia di bandiera unica» – conclude Antonio della Cub.

Tutte le immagini dalla pagina Facebook di Tutti a Bordo-No al Piano Ita