ITALIA

Università: la maggioranza incassa la fiducia, ma non il consenso di precarie e precari
La riforma del preruolo, prima Ddl 1240, poi emendamento Occhiuto-Cattaneo al DL 45 in conversione, è legge. A colpi di fiducia, senza discussione democratica, in Parlamento ma soprattutto negli Atenei e nel Paese. Sarà una “macelleria”, è il monito dei precari che non hanno smesso di lottare. Ma l’autunno è vicino, la lotta non si ferma
Non capita spesso. Anzi, non capita quasi mai: dopo mesi di mobilitazione, con i corsi finiti e gli Atenei pieni solo di esami e tesi, le precarie e i precari hanno continuato a mobilitarsi. Lo hanno fatto ancora lo scorso 3 giugno, mentre alla Camera, e dopo aver “cestinato” le audizioni critiche in Commissione VII e gli emendamenti delle forze di opposizione, la maggioranza votava la fiducia al Disegno di Legge 1445, Ddl di conversione al DL 45 del 7 aprile, come emendato dai pessimi Senatori Occhiuto e soci.
A colpi di fiducia, l’ennesima, la riforma del preruolo è diventata legge. Incarico postdoc e Incarico di ricerca, due nuovi contratti precari per far fuori il Contratto di Ricerca introdotto, dalla L. 79/2022, sulla base delle indicazioni europee e per accedere alle risorse del PNRR. La maggioranza ha pensato bene di prendere le risorse e, una volta prese, di condurre il Contratto di Ricerca su un binario morto. Troppo oneroso. Indubbiamente sì, se si tagliano 1,3 miliardi di euro in quattro anni al Fondo di Finanziamento Ordinario.

Indentiamoci, già la Legge 79/2022 era fatta male, perché prevedeva il tetto di spesa fissato sulla base della media dell’ultimo triennio. Ed è il reclutamento, straordinario e ordinario, la vera soluzione al dramma del precariato (in buona parte “storico” o cronico) che costituisce il 40% del lavoro di ricerca e di docenza degli Atenei italici. Lo stesso reclutamento che, secondo la Legge 234/2021, doveva però essere favorito con risorse dedicate fino al 2026 (340 milioni nel 2024, 100 milioni tra il 2025 e il 2026).
Ma le mosse di Bernini non lasciano dubbi, l’attacco al Contratto di Ricerca, infatti, è arrivato solo dopo i tagli e, con essi, la paralisi del reclutamento: 500 milioni in meno, solo per l’anno 2024; oltre 700 milioni in meno, per il triennio 2025-2027. Intanto, 30 mila tra Assegnistə di Ricerca e Ricercatorə a tempo determinato di tipo A sono in scadenza. Dopo i tagli, la riforma del preruolo. Quindi, lo Schema di Disegno di Legge che elimina l’Abilitazione Scientifica Nazionale. Interventi frammentati, ma sistematici, organici. L’obiettivo organico, infatti, è il ridimensionamento dell’Università pubblica italiana: pochi Atenei eccellenti e ultra-finanziati al Nord, aggregazioni e fusioni per gli altri, ampio sviluppo delle Telematiche.
L’Incarico postdoc, con durata minima di 12 mesi, prevedendo didattica e terza missione dovrebbe risolvere l’unico problema che sta a cuore alla maggioranza: didattica con contratti precari, quindi sottopagata. In un Paese dove, tra l’altro, ogni anni si attivano circa 30 mila docenze a contratto – professorə a pieno titolo, per responsabilità e mansioni, pagati 1.500 euro lordi l’anno al massimo. L’Incarico di ricerca, a differenza di quanto pensano i più, non sarà un paracadute per chi, oggi, sta finendo il Dottorato o ha terminato 5-6 anni di Assegni di Ricerca. Perché? Perché può essere attivato entro, e non oltre, 6 anni dalla fine della laurea magistrale. Per i 22 mila Assegnistə e i 40 mila Dottorandə in scadenza si prepara la grande espulsione. L’equivalente di una crisi industriale degli anni Settanta dello scorso secolo, trattata per lo più come questioncina di secondo piano.

C’è da dire che grazie alla forza delle mobilitazioni autonome dellə precariə, grazie alla convergenza delle OO.SS. che hanno messo da parte identità, rendite di posizione e steccati, per sostenere lo sciopero del 12 maggio, il tema ha conquistato attenzione politica e mediatica – attenzione insperata, fino a qualche mese fa. Il 20 maggio in Senato, il 3 giugno alla Camera, AVS (Piccolotti, Fratoianni), 5S (Caso) e PD (Verducci, D’Elia, Manzi) hanno espresso una posizione unitaria, sintonica con la domanda di contrasto radicale alla riforma e ai tagli espressa dalle tante Assemblee Precarie che hanno segnato in lungo e in largo il Paese.
La battaglia è stata persa, è vero. Ma un appello promosso in prima battuta da 140 tra Professori ordinari e associati ha raccolto nel giro di pochi giorni migliaia di firme. Segnalando che la comunità accademica non si è arresa e non si arrenderà. Senz’altro essa è divisa, la rassegnazione e la corruzione continuano a fare la loro parte, ma un sussulto è in atto.
Cosa succederà, nei prossimi mesi? In primo luogo, le risorse: Bernini promette 300 milioni in più per il FFO, ma sono esattamente le risorse che coprono l’adeguamento ISTAT del 4,8% delle retribuzioni del personale strutturato. Neanche un euro per il reclutamento. Quindi, a partire dal 2026 e con la fine delle risorse PNRR, sarà macelleria sociale.
In secondo luogo, la riforma del reclutamento. Le parole della Ministra illustrano lo Schema di Disegno di Legge: occorre far fuori le aspettative di stabilizzazione proprie degli abilitati; quindi, sbarazzarsi del fiore all’occhiello della 240/2010, l’ASN. Lə neo-reclutatə, poi, subiranno una valutazione individuale (diversa dalla attuale VQR), in caso di scarsa produttività (pure didattica), il loro Dipartimento di afferenza sarà de-finanziato. Scarsità di risorse e premialità nella gestione delle risorse scarse vanno di pari passo. Molta carne al fuoco, per un autunno bollente.
Infine. Le Assemblee Precarie, a Roma ma non solo, stanno incontrando le battaglie della Scuola e quelle del mondo della Cultura. Un incontro che, col sostegno delle OO.SS., potrebbe trasformarsi nel primo sciopero del precariato intellettuale contro l’anti-intellettualismo di Stato del Governo Meloni e delle destre globali, da Trump a Orban. Possibile che questa convergenza, così necessaria, finalmente si affermi? Le Camere del Lavoro Autonomo e Precario, dal primo istante nel mezzo delle lotte, lavoreranno perché questo accada.
Immagine di copertina di Jacopo Clemenzi
SOSTIENI, DIFENDI, DIFFONDI DINAMOPRESS
Per sostenere Dinamopress abbiamo attivato una nuova raccolta fondi diretta. Vi chiediamo di donare tramite paypal direttamente sul nostro conto bancario, Dinamo Aps Banca Etica IT60Y0501803200000016790388 tutti i fondi verranno utilizzati per sostenere direttamente il progetto: pagare il sito, supportare i e le redattrici, comprare il materiale di cui abbiamo bisogno