EUROPA

Ungheria al voto, l’est Europa sempre più a destra

I risultati dell’ultima tornata elettorale in Ungheria erano largamente prevedibili, eppure vale la pena fermarsi ad analizzarli e a riflettere, soprattutto con l’elezioni europee alle porte.

Primo dato ineludibile: Viktor Orbàn e il suo partito Fidesz trionfano con il 44,36% dei consensi, che gli regaleranno grazie ad un ampio premio di maggioranza previsto dal sistema elettorale ungherese, quasi due terzi dell’unica camera magiara. Orbàn aveva già guidato il paese dal ’98 al 2002, per poi tornare al timone nel 2010 come uomo della provvidenza, in grado di tutelare gli interessi degli ungheresi nel mare magnum della globalizzazione e nella tempesta della crisi economica. Dal 2010 Orbàn, soprattutto a parole, è stato uno strenuo oppositore in questi anni dei “tecnocrati di Bruxelles” e delle ricette del Fondo monetario internazionale, accusato di essere populista e nazionalista, ma è di casa nel Ppe. Negli ultimi tempi il governo ungherese ha rassicurato l’Ue sul futuro dentro l’unione del paese, presentandosi come responsabile e ammorbidendo i toni usati dopo il trionfo del 2010. Nonostante i richiami delle istituzioni continentali Orbàn e il suo governo hanno però dato il via ad una serie di riforme palesemente autoritarie, in materia di libertà d’informazione e nella stessa architettura istituzionale, concentrando il potere nelle mani dell’esecutivo e indebolendo i poteri di controllo come la magistratura e la corte dei conti. Forti i richiami anche all’identità magiara e alla religione nella propaganda del Fidesz, che in questo senso ha rimesso mano anche alla costituzione ungherese. Come a dire: posizioni reazionarie e pulsioni antidemocratiche vanno perfettamente a braccetto nell’Europa dell’austerity con il liberismo economico e gli ordini di Bruxelles.

Complice del successo di Orbàn la timida crescita economica che sta caratterizzando l’Ungheria, come altri paesi dell’est anche se non al livello della “tigre polacca”. L’altra faccia della medaglia della crescita e dei conti in ordine è l’aumento del divario tra ricchi e poveri, e l’attacco al welfare mentre si spendono soldi per stadi e palazzi. Altro elemento del successo della destra di governo la debolezza delle opposizioni divise e con figure ben poco carismatiche. L’alleanza di centrosinistra ha raggiunto qualcosa oltre il 26%, recuperando rispetto alla batosta del 2010 dove era scesa al 20%.

Chi aveva come obiettivo la soglia del 20% era invece il partito di estrema destra Jobbik, che sta per “Movimento per un’Ungheria migliore, risultato raggiunto crescendo di quasi 5 punti percentuali dalle ultime elezioni, grazie ad una serrata campagna xenofoba contro la minoranza rom, sfociata anche in episodi di violenza, bandiere dell’Ue bruciate in piazza, slogan antisemiti.

Dal voto ungherese ci arriva un segnale importante di quello che soffierà da est nelle urne della prossima consultazione europea: da una parte forze reazionarie e neoliberiste, che applicano le ricette dell’austerity senza rinunciare ad una retorica, se non a una prassi di governo, fortemente nazionalista e autoritarie; dall’altra l’estrema destra che cresce e si presenta come piano b per il governo della crisi.

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