OPINIONI

Ddl Zan e Vaticano, una sortita infelice ma efficace

La nota della Segreteria di Stato vaticana ha dispiegato tutti i suoi effetti contro il ddl Zan, facendo esultare la destra e ammutolire la sinistra ed impantanando ancor più un progetto già prima condotto e difeso malissimo. Cosa fare adesso? La battaglia è persa sul piano parlamentare andrà ripresa, probabilmente con un testo modificato e una strategia più adeguata

Che sia ingerenza, non ci piove. E neppure che sia un siluro letale per il ddl Zan – agnosco stylum Romanae curiae. La nota della Segreteria di Stato vaticana ha ormai dispiegato tutti i suoi effetti, facendo esultare la destra e ammutolire la sinistra e ovviamente impantanando ancor più un progetto già prima condotto e difeso malissimo – l’AstroZeneca della battaglia sui diritti.

Ne esce trionfatrice la Chiesa? Non direi. In passato le autorità ecclesiastiche non avevano mai invocato il Concordato in modo formale, anche se vi avevano alluso (per esempio Paolo VI per il divorzio) ma si erano limitati a lamentele, senza ricorrere a note diplomatiche.

Non perché fosse più tollerante, ma perché nell’Italia di allora c’era un partito cattolico, la Dc, che portava avanti istanze e veti della Chiesa mettendoci la faccia e accollandosi sconfitte che venivano riassorbite da un partito con varie anime, senza compromettere l’istituzione. Così fu per il divorzio e per l’aborto, che la Dc incassò scaricandoli su alcune correnti interne, senza che il papato o la Cei fossero direttamente umiliate. A Dc dissolta, la Chiesa mondiale tacque su fine vita e unioni civili, o meglio si limitò a prese di posizione della conferenza episcopale e della stampa di tendenza, senza passi formali di richiamo al Concordato, anche nel timore di esiti controproducenti della mossa.

Oggi la disintermediazione, praticata a tutti i livelli, in primis dal “governo dei migliori”, notoriamente «senza formula politica», affligge pure la Chiesa e la obbliga a fare il lavoro sporco in prima persona – con conseguente perdita di dignità e autorevolezza.

Non è disdicevole che il Vicario di Cristo debba occuparsi della differenza fra gender e sesso biologico o piatisca se le scuole cattoliche rischiano di essere coinvolte (cosa peraltro improbabile) in una giornata contro l’omobitransfobia? Come se non avesse abbastanza problemi con le pratiche seduttive di parte del suo clero…

Il passaggio da una normale guerriglia ideologica e parlamentare all’artiglieria dei vincoli concordatari, oltre a mettere a nudo la sfiducia nelle formazioni politiche locali evidentemente ritenute incapaci, malgrado rosari e cuori di madonna, di svolgere una campagna decente, cioè non omofobica e patriarcale in maniera imbarazzante, ha portato a un passo informale ma estremo, che rischia di riportare pericolosamente il discorso sullo stesso strumento concordatario messo in campo.

Tanto più che l’intervento avviene nel corso del procedimento legislativo e di una battaglia ostruzionistica, non riguarda neppure una legge entrata in vigore e magari sottoposta a referendum: ricordiamo ancora divorzio e aborto, due bagni di sangue per una Chiesa che pure, ripetiamolo, non aveva fatto ricorso al Concordato o a scomuniche ma solo a campagne di opinione.

In Usa le organizzazioni cattoliche si sono opposte a una decisione del comune di Philadelphia che sanzionava le scuole cattoliche per discriminazione di genere, ma lo hanno fatto per ricorso giudiziario a delibera fatta fino ad arrivare alla Corte Suprema. L’equivalente sarebbe stato in Italia un ricorso giudiziario, a legge approvata, fino alla Corte Costituzionale da parte della Cei, non della SCV – cioè di uno Stato estero per violazione di un trattato internazionale costituzionalizzato con il discusso art. 7.

Foto di Lisa Capasso

Se poi teniamo presente che il principale ostruzionismo al Senato consiste nell’audizione dei più improbabili soggetti ecclesiali e istituzionali, dai Mormoni a Platinette, dalla Chiesa Cristiana Universale della Nuova Gerusalemme ai Nonni 2.0 ed Esserci per Esserci, non possiamo non constatare che in questa fase consultiva al posto di onore auditivo si aggiunge il Vicario di Cristo, che un tempo, nella grande fantasia schmittiana di Römischer Katholizismus, era la sintesi fra Repräsentation dell’assenza estatica e statuizione razionale della comunità mediante il diritto canonico erede di quello romano. Che downgrade, ragazzi…

Indubbiamente la mossa della Segreteria di Stato, di cui il finto ministro degli Esteri Di Maio neppure si era accorto, destabilizza tutto il fronte pro-Zan, mostrando il carattere pasticciato e compromissorio sia del testo di legge che dei suoi sostenitori e offrendo occasioni d’oro ai conciliatori a oltranza (Letta in primo luogo) e ai sabotatori da voto segreto (i renziani fuori e dentro il Pd).

Ma il prezzo da pagare è alto. Infatti Draghi, a questo punto, è stato costretto a un tiepido fin de non recevoir – cioè ha borbottato che l’Italia è uno Stato laico e non confessionale e ha rinviato al sistema delle verifiche di costituzionalità previe e successive, senza entrare nel merito scaricato sul Parlamento – e lo stesso domani potrebbe succedere se fosse coinvolto Mattarella.

Cosa fare adesso? La battaglia è persa sul piano parlamentare – e lo sarà non in base a uno scontro frontale, ma a una lenta deriva e insabbiamento in rimpalli fra le Camere sino alla fine della legislatura. Essa andrà ripresa, probabilmente con un testo modificato e una strategia più adeguata.

Forse sarà prioritaria una battaglia dal basso, che formi una maggioranza nel Paese tale da ridicolizzare gli opportunismi parlamentari. Parliamo di anni, ma è meglio prendere la ricorsa che agonizzare con ulteriori cedimenti e trattative che svuoterebbero punti decisivi della legge e la appiattirebbero sul puro inasprimento delle pene per aggravante di reati già previsti, accantonando la novità dei generi e accettando di fatto le polemiche sul political correct che sono state il cavallo di Troia della destra nella cultura dei diritti e nello sfascio di una sinistra frustrata e rissosa. Non è una prospettiva che ci entusiasmi, ma spiegatemi che altro potremmo fare con questi schieramenti politici ostaggi dai sondaggi di breve periodo e dai ricatti reciproci.

Stiamo vedendo che Biden, pur essendo in possesso di un’esigua maggioranza nelle assemblee elettive, non è in grado di superare l’ostruzionismo del Senato sui suoi maggiori programmi di riforma, ma la scelta che ha fatto è quella di appoggiarsi a un movimento dal basso, che porterà i suoi frutti non prima delle elezioni di mid-term, sempre nella logica di uno scavare la terra sotto le torri della reazione prima di contare i voti.

Tratta – e come tratta! – ma insieme fa cose e costruisce un’egemonia culturale come premessa a una maggioranza politica. Anzi, magari non lo fa neppure lui, ma la sinistra del suo partito e i movimenti come Blm.

Così noi non dobbiamo aspettarci troppo dalle forze disperse del centro-sinistra, così come non pretendiamo che la teologia della Chiesa cambi in tutti i settori (Francesco ha già fatto abbastanza altrove), dobbiamo ricostruire egemonia cominciando a far pulizia al nostro interno e definendo una strategia inclusiva e intersezionale: salario minimo e lotta antipatriarcale, logistica e sconfitta dell’omotransfobia.

Ci vorranno anni, a voler essere ottimisti, ma ogni lunga marcia comincia con un piccolo passo e per di più non è detto neppure che le cose vadano come aveva auspicato il Grande Marciatore…

Immagine di copertina e nell’articolo: Lisa Capasso dal presidio in sostegno al ddl Zan a Piazza Santi Apostoli a Roma, 18 luglio 2020