Un movimento che fa scuola

La mobilitazione dei docenti romani contro il Ddl ex-Aprea


Il 24 novembre scorso ha avuto luogo un ulteriore tappa di una mobilitazione che in maniera diffusa e profonda sta interessando i docenti di scuola media e superiore, una classe lavoratrice per troppo tempo considerata inerte, al punto da auto convincersene.

In effetti per anni i lavoratori della scuola pubblica hanno letteralmente contemplato la sua strumentale smantellazione fatta di tagli ai fondi per l’istruzione mentre si stabilivano i finanziamenti alle private, di creazione di classi sovraffollate mentre si parlava di informatizzazione e meritocrazia, di perdita di posti di lavoro mentre le porte venivano aperte ai privati. Un po’ attoniti hanno assistito ai sollevamenti studenteschi dell’onda contro la riforma Gelmini. Si sono asuefatti a odiosi luoghi comuni e sopportato l’esponenziale peggioramento delle condizioni di lavoro, quando c’era.

Ma adesso qualcosa è cambiato. Sotto la spinta propulsiva di un esercito dalle armi spuntate ma sempre più numeroso ed agguerrito, quello dei docenti precari, e dell’indignazione crescente rispetto le disastrose mosse del governo “ dei professori” in ambito scolastico, il fermento si è fatto strada ed ha coinvolto tutte le componenti scolastiche. Si è cominciato con i presidi a Viale Trastevere contro il Concorso truffa che invalida abilitazioni pregresse e anni di esperienza, con le prime assemblee nelle palestre o nelle aule delle scuole disponibili a discutere del DDL ex Aprea, i flash mob che hanno riempito di docenti e penne rosse le scale del Ministero dell’istruzione,i documenti di alcune scuole che esprimevano dissenso e bloccavano attività , la presenza al No –Monti Day. Questi i primi passi di quello che ora è il Coordinamento cittadino delle scuole di Roma. Un aggregato di docenti , studenti e loro famiglie, lavoratori ATA, che il 10 novembre, a poco più di una settimana dall’annuncio della proposta di aumento delle ora di lavoro frontale, ha portato 30 mila persone dall’Esquilino fino al Ministero dell’Istruzione, dando il via a un processo che ha visto moltiplicarsi il numero delle scuole in movimento , fioccare di mozioni di assemblee sindacali e collegi docenti, diffondersi dell’agitazione fra gli studenti medi, necessità di collegamento con gli universitari. Un processo che ha sicuramente giocato un ruolo nella composizione di giornate come quella dello sciopero generale europeo del 14 novembre e del 24.

Un ambito, quello del coordinamento scuole, che tiene insieme tutto quello che una classe lavoratrice come quella degli insegnanti può esprimere: sigle sindacali diverse, cani sciolti, rivoluzionari ai disillusi. Ma di sicuro tutti molto arrabbiati e ancora disposti a mettere da parte le differenze per seguire un percorso unitario, che parla di scuola e non di singole categorie.

Per questo le parole di Monti durante l’intervista di domenica sera a “ Che tempo che fa” suonano ancora più stonate. Tutta questa ricchezza ridotta a “indisponibilità” dei prof a “fare anche 2 ore in più a settimana” e a volontà di “ usare i giovani per perpetuare il loro corporativismo”. Affermazioni inaccettabili e ancora una volta offensive nella loro inesattezza e tendenziosità, volte a smontare un fronte in crescendo ed a nascondere le intenzioni di un governo che come quelli che lo hanno preceduto, non sa come fare fronte ala complessità delle problematiche del mondo dell’istruzione e insegue facili soluzioni. Applicando orribilmente anche alla scuola l’assioma aziendale della produttività. Scuola azienda, come vuole il il DDL Ex Aprea, ancora in ballo al Senato, per chi se lo fosse dimenticato. Come sono ancora in ballo i TFA e i loro test sbagliati, il concorso ri-abilitante, i milioni dati alle scuole private e per le “pillole del sapere”, il blocco degli scatti di anzianità e l’odissea dei precari.

Quanto basta per ritenere necessario mantenere forme di mobilitazione nelle scuole, e lavorare per saldarle con territori e altre componenti sociali, garanzia di sopravvivenza ed efficacia . Per questo esortiamo i nostri studenti a fare delle scuole occupate e non dei laboratori di partecipazione e relazione, con i quali proseguire uniti una battaglia che riguarda tutti.

Il 14 novembre Pomigliano ha fornito un ‘altro “modello”. Non quello di Marchionne, ma quello che ha visto operai e tanti , tanti studenti , medi ed universitari , insieme. Un evento all’avanguardia, che le mobilitazioni convocate dalla FIOM per il 5 dicembre offrono l’occasione di replicare.