ITALIA

Un nuovo modello di gestione dell’acqua per guardare al futuro: il DDL in discussione alla Camera

Da ottobre, è in discussione nella Commissione Ambiente della Camera una proposta di legge presentata dal Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, frutto delle mobilitazioni che portarono al referendum del 2011. Tutti i dettagli di un’iniziativa che intende sfidare il governo gialloverde

La proposta di legge “Disposizioni in materia di gestione pubblica e partecipativa del ciclo integrale delle acque”, alla sua la terza legislatura di “gestazione”, è all’esame della Commissione Ambiente della Camera a partire da fine ottobre. Il testo nasce dalla legge di iniziativa popolare presentata nel 2007 dal Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua col sostegno record di oltre 400mila cittadini, poi nuovamente depositato nel 2013 dall’intergruppo per l’acqua bene comune. Successivamente ulteriormente aggiornato e depositato in questa legislatura a firma di diversi parlamentari del M5S. Sarà la volta buona per attuare l’esito referendario del 2011?

La posta in gioco è alta, e ha infatti scatenato le reazioni scomposte del fronte delle multinazionali dell’acqua. Questa legge rappresenta una radicale inversione di tendenza: una gestione del servizio interamente pubblica, partecipativa, ambientalmente sostenibile, con tariffe eque per tutti i cittadini, che garantisca gli investimenti fuori da qualsiasi logica di profitto. E sancirà l’“incondizionabilità finanziaria” dell’accesso all’acqua, rendendolo finalmente un diritto.

Una vera riforma, tanto politica quanto tecnica, che ribalta la finalità della gestione del servizio: non più a scopo di lucro, cui sono finalizzate economicamente e giuridicamente le società di capitali che hanno attualmente in mano le più grosse fette del mercato, ma finalizzata esclusivamente alla fornitura (di qualità) di un servizio essenziale.

La legge stabilisce che la gestione e l’erogazione del servizio idrico integrato non possono essere separate e debbano essere affidate esclusivamente ad enti di diritto pubblico (azienda speciale e azienda speciale consortile). Stabilisce quindi la decadenza degli affidamenti in essere, definendo la graduale trasformazione degli stessi verso un modello pubblico, mantenendo la completa salvaguardia del personale attualmente impiegato.

Ecco probabilmente spiegato l’accanimento con cui il fronte dei gestori ha costruito una narrazione allarmistica e distorta intorno a questa legge, rilanciata da alcune forze politiche.

Il tentativo in atto è quello di far passare un’ideologia per cui il mercato è l’unico regolatore della società. Ideologia già sconfitta nel 2011 dalla volontà popolare espressa con i referendum, e non sostenuta da alcuna tesi o dato economici, anzi …

 

Costi e tariffe

Va ribadita l’assoluta inattendibilità e falsità della tesi per cui la ripubblicizzazione del servizio idrico, nucleo centrale della proposta di legge, comporterebbe un esborso una tantum di circa 15 mld di €, oltre a svariati miliardi, non meglio quantificati, sempre una tantum, per gli indennizzi ai gestori uscenti e per la rinegoziazione dei finanziamenti già contratti per sostenere gli investimenti in essere.

In realtà il costo una tantum per la ripubblicizzazione del servizio idrico è unicamente quello relativo alla riacquisizione delle quote societarie detenute da soggetti privati che vale attorno a 2,4 mld di € calcolati considerando la capitalizzazione di Borsa attuale delle 4 grandi multiutility e di altri soggetti privati. Un investimento per un patrimonio che tornerebbe quindi ad essere pubblico.

D’altra parte come negare che gli investimenti aggiuntivi rispetto alla cifra attuale, calcolati nella proposta di legge in circa 2,5 mld annui siano assolutamente necessari per riammodernare le reti e diminuire le perdite. Indicarli come un costo legato all’approvazione della legge è non solo una mistificazione, ma anche un’evidente ammissione del fatto che i gestori non abbiano intenzione di farli. Motivo che dimostra l’esigenza di un cambio di gestione.

Va anche decostruita la narrazione secondo cui l’intervento di ARERA, l’attuale autorità di regolazione del settore idrico, abbia favorito l’aumento degli investimenti. I dati parlano chiaro: il margine operativo lordo, la cosiddetta “ricchezza” prodotta, è in forte crescita, soprattutto dal 2014 ad oggi, anno in cui è stato introdotto il metodo tariffario ideato da ARERA, che garantisce certezza e incremento dei profitti, in spregio ai risultati referendari.

 

In termini percentuali, il margine operativo lordo, cumulando i dati delle 4 grandi multiutility (ACEA, HERA, IREN e A2A), passa dal 17,4% rispetto al totale dei ricavi nel 2010 al 24,6% nel 2016.

Mentre l’incidenza degli investimenti realizzati rispetto al margine operativo lordo cala progressivamente sempre più, passando dal 58,6% nel 2010 al 40,2% nel 2016.

 

Per aumentare il margine operativo lordo si è fatto maggior ricorso all’indebitamento sul mercato finanziario, realizzando quel processo di “finanziarizzazione” che mette gli andamenti azionari al centro delle scelte strategiche delle aziende. D’altra parte, gli ultimi dati ISTAT disponibili sulle perdite delle reti idriche sono impietosi: nel 2015 si attestano al 41,4% a livello nazionale.

E’ evidente che più che allo stato delle reti, si è guardato all’andamento delle azioni.

Siamo in presenza di una situazione eclatante, che la dice lunga sullo stato del nostro servizio idrico, e anche sul fallimento delle scelte tutte orientate alla privatizzazione da almeno 20 anni a questa parte. Non c’è bisogno di molto ingegno per capire che c’è una correlazione tra il modello di gestione, lo stato della rete idrica e gli investimenti del tutto insufficienti che si fanno in proposito.

Assume poi contorni da terrorismo mediatico l’affermazione secondo cui l’approvazione di questa legge porterà ad un aumento delle tariffe tra il 10 e il 15%. Avverrà, piuttosto, il contrario essendo finalmente eliminata la possibilità di continuare a inserire in tariffa qualsiasi voce riconducibile al profitto.

A conferma di ciò un’analisi commissionata dal Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua sulla base dei Piani Economici Finanziari predisposti dagli Enti di Governo dimostra che, eliminando gli utili e i “costi non quantificati correttamente”, la tariffa idrica potrebbe coprire tutti i costi della gestione e degli investimenti con una riduzione delle tariffe del 25/30%.

ARERA ha poi avallato l’esproprio di milioni di euro, attuato con l’addebito sulla bolletta di un illegittimo “conguaglio ante 2012” e del “costo della morosità” che incrementa l’attuale tariffa in misura notevole.

Alla base di ARERA c’è poi un chiaro conflitto di interessi, essendo finanziata proprio dalle aziende che dovrebbe controllare, caso unico per un Authority in Europa.

Sulla base di questi motivi nella legge si prevede lo scioglimento di ARERA e il ritorno delle competenze sul servizio idrico integrato al Ministero dell’Ambiente.

 

Tutela della risorsa idrica

In ultimo, va segnalato che la proposta di legge non si occupa solo di servizio idrico integrato, ma allarga l’orizzonte di intervento abbracciando il ciclo dell’acqua nel suo complesso, basandosi sul concetto di bilancio idrico, ovvero il confronto tra l’acqua di cui si dispone e l’acqua di cui si ha bisogno, non solo per l’uso potabile, al netto di quella necessaria alla sopravvivenza degli ecosistemi naturali.

Da evidenziare anche altri due punti fondamentali:

  • l’acqua è una risorsa rinnovabile, indispensabile per la vita dell’ecosistema e di tutti gli esseri viventi;
  • qualsiasi uso delle acque deve essere effettuato salvaguardando le aspettative e i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale.

Al fine di concretizzare tali principi la proposta di legge mette in campo una serie di strumenti per la tutela quali-quantitativa della risorsa idrica: dalla misurazione dei prelievi, a maggiori obblighi di trasparenza sulle analisi delle acque, alla definizione di limiti per l’utilizzo dell’acqua imbottigliata.

 

Non solo in Italia

L’approvazione di tale legge collocherebbe il nostro Paese in linea con l’attuale tendenza globale: sempre più città, regioni e Paesi stanno chiudendo il capitolo delle privatizzazioni. Negli ultimi 15 anni i casi di ripubblicizzazione sono stati oltre 235 in 37 Paesi, di cui circa 130 in Europa. Una silenziosa rivoluzione civile che ha coinvolto più di 100 milioni di persone dimostrando come la ripubblicizzazione offra opportunità di sviluppo sociale e ambientalmente sostenibili.

Affinché ciò avvenga anche in Italia questa legge deve essere approvata senza stravolgimenti quanto prima.

 

Oggi più di ieri è necessaria una radicale inversione di tendenza ed è sempre più importante riaffermare il valore paradigmatico dell’acqua come bene comune, ribadendo che: l’acqua è un diritto umano universale e fondamentale ed è la risorsa fondamentale per l’equilibrio degli ecosistemi; l’acqua deve essere gestita esclusivamente tramite enti di diritto pubblico (aziende speciali e aziende speciali consortili), ossia l’unico modello in grado di fuoriuscire dalla logica di mercato e garantire la gestione partecipativa delle comunità locali; è necessario giungere ad un sistema di finanziamento basato non solo sulla tariffa, ma anche su finanza pubblica e fiscalità generale, e su un meccanismo tariffario equo, non volto al profitto e che garantisca gli investimenti.

 

Nelle prossime settimane la battaglia per l’acqua bene comune entrerà in un periodo decisivo. Infatti, la discussione della legge, terminato il ciclo di audizioni, entrerà nel vivo e necessariamente i vari gruppi parlamentari, di maggioranza e opposizione, dovranno scoprire le carte ed esplicitare le loro reali intenzioni.

Sarà in primis il M5S a dover dimostrare che la sua prima stella non sia una meteora, mantenendo gli impegni presi sull’approvazione del provvedimento, senza modifiche sostanziali.

E’ esattamente in questo contesto che il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua ha deciso di mettere in campo una mobilitazione che attraverserà diversi territori e passerà per un’iniziativa nazionale prevista a Roma per sabato 23 febbraio.

Una giornata di discussione e confronto con tutte quelle realtà che da anni condividono il percorso a difesa dell’acqua, oltre che con giuristi, amministratori locali e rappresentanti istituzionali, al fine di condividere strategie e proposte per giungere finalmente ad una reale tutela di questo bene e ad una sua gestione pubblica e partecipativa.

 

 

Paolo Carsetti e Simona Savini sono attivisti del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua