EUROPA

Un anno di Shelter Project Frankfurt. Alla conquista di un rifugio dentro Schengen

A Francoforte, da mesi si lotta per un centro autogestito per i migranti senza tetto. Ma le istituzioni non ascoltano e la polizia continua a sgomberare.

Incontriamo gli attivisti in un centro di Gallus, periferia operaia di Francoforte non molto lontano dai grattacieli delle principali banche tedesche. Nel posto l’aria è di festa, G. ha chiamato tutti per dire addio all’Europa. Dopo molti anni torna in Ghana: ha deciso di ricominciare nella sua città natale. Lui è un ex operaio di Varese, tre anni fa la sua fabbrica lo ha licenziato e così ha deciso di spostarsi a Francoforte, ma le difficoltà dovute alle regole di Schengen sul movimento interno dei migranti hanno reso la sua sua vita un inferno. Così ha deciso che non ne vale più la pena. G. parla un ottimo italiano. Come lui, tanti altri del gruppo di Shelter Project provengono dall’Italia, alcuni vi hanno solo transitato ma tanti hanno vissuto per diversi anni nel nostro stesso paese. K. P: sono due donne di origine nigeriana, al pari di molti altri rimpiangono la loro vita in Italia e sperano di ritornarci al più presto. K ha vissuto per 15 a Trento, mentre P. si è trasferita da poco a Francoforte da Livorno, dove lavorava da 10 anni in un hotel. Esperienze spezzate di famiglie perfettamente integrate in Italia, che adesso si trovano impigliate nelle strette maglie dei regolamenti di Schengen che limitano il loro trasferimento alla ricerca di un lavoro.

Qual è il vostro principale obiettivo?

A Francoforte c’è quello che noi chiamiamo il circolo vizioso tra casa e lavoro. Trovare la casa è difficile per tutti, ma per i migranti, o per chi non può presentare delle garanzie, è praticamente impossibile. Se non hai un affitto o un contratto con il padrone di casa non puoi ottenere l’Anmeldung, la registrazione presso gli uffici anagrafici del comune. Senza questo certificato ufficiale di domicilio non si può fare niente, non si può lavorare regolarmente, non si può avere un’assicurazione sanitaria. E allo stesso tempo senza lavoro non è possibile affittare una casa. Perciò si crea questo circolo vizioso: se non hai una casa non puoi lavorare e viceversa, se non hai un lavoro non puoi affittare la casa o una stanza. Così i migranti sono esclusi.

Quando siete nati?

Siamo nati un anno fa, per strada.

Quali sono le vostre attività?

Facciamo diverse attività, organizziamo dibattiti, proiettiamo film e ogni settimana organizziamo dei gruppi misti dove discutiamo della situazione e riflettiamo insieme sulle prossime mosse pubbliche da fare.

Intorno al vostro progetto quante persone siete riusciti a mobilitare?

I migranti senza casa che seguiamo sono circa ottanta, li abbiamo incontrati per strada, facendo volantinaggio, o per passa parola sono venuti a conoscenza della nostra esperienza e si sono uniti perché avevano questo problema.

Quale è stato il vostro primo passo nella lotta?

Abbiamo fatto una petizione per avere un centro autogestito per migranti senza tetto a Francoforte, abbiamo raccolto oltre 7 mila firme e le abbiamo presentate al Comune. Ma loro non hanno mai risposto alle nostre richieste. Abbiamo anche incontrato i responsabili cittadini dei maggiori partiti, questa richiesta ci veniva fatta gli stessi migranti. I Verdi ci hanno detto che anche loro sentono il problema ma che sfortunatamente non possono fare niente, mentre la CDU ci ha detto che l’housing per i migranti non è possibile (la coalizione che governa la città di Francoforte è la cosiddetta nero-verde, un’alleanza tra CDU e “die Grünen” )

Poi cosa avete fatto?

A luglio abbiamo fatto una manifestazione con oltre 1.700 persone, un grande successo, per fare pressioni sul Comune. Ma le risposte che volevamo non ci sono state. Abbiamo capito che bisognava essere creativi per cercare una soluzione alternativa, così abbiamo deciso di occupare un edificio per destinarlo al centro autogestito. Siamo già alla seconda occupazione: entrambe sono durate solo poche ore. A Francoforte è molto difficile occupare, la polizia sgombera subito. Finché non troviamo una soluzione continuiamo a lottare, adesso alcuni migranti sono ospitati nelle nostre case.

Qual è stata la reazione della cittadinanza alle vostre manifestazioni?

La gente è molto solidale con noi, capisce che c’è questo problema. Non solo in molti hanno firmato la petizione ma anche altri gruppi esterni al progetto ci hanno aiuto. Come i maestri di strada, ad esempio. Noi siamo un progetto molto eterogeneo, un mix di differenti gruppi politici e cerchiamo anche di allargarci alla società civile.

Come finanziate le vostre attività?

Riceviamo molta solidarietà dalla gente, donazioni di semplici cittadini, inoltre da poco abbiamo iniziato anche a vendere il merchandising. Questo ci permette, ad esempio, di pagare i viaggi di chi deve tornare in Italia per rinnovare il permesso di soggiorno.

Avete avuto degli attacchi per la vostra azione politica da parte di gruppi neonazisti?

Noi non abbiamo subito attacchi, però in alcune cittadini dell’Assia ci sono state aggressioni contro i rifugiati. Il populismo anti-immigrati della destra di governo è responsabile di quello che sta avvenendo, spesso sono delle dichiarazioni totalmente irrazionali che creano solo paura nella popolazione e aiutano a diffondersi della propaganda nazista.

Fate parte di una rete diffusa nel resto della Germania?

Sì, siamo in connessione con altri gruppi come il Social center for all di Berlino, Lipsia e l’OM10 di Göttingen, abbiamo spesso fatto delle iniziaitive in comune e collaboriamo spesso.

Cosa pensate di questa Europa?

Pensiamo che la situazione non è buona e tutti insieme dobbiamo creare un’alternativa, ma questa deve partire dal cambiare la nostra città e insieme cambiare le regole di Shengen.