EUROPA

«Un accordo dannoso per tutti». Nasce la coalizione globale “Stop Eu-Mercosur”

Il trattato commerciale fra Unione Europea e paesi latinoamericani pare avviarsi verso le sue fasi finali, dopo vent’anni di discussione. Oltre 450 associazioni a livello globale si uniscono per impedire la ratifica

Per qualcuno, come l’ex-presidente della Commissione Europea Jean-Claude Junker, l’accordo Ue-Mercosur rappresenta un «momento storico». Per altri, come le popolazioni indigene dell’Amazzonia, il patto commerciale non è che il presagio di ulteriori violazioni dei diritti umani. Diventa dunque sempre più urgente costruire una rete ampia di alleanze e collaborazioni, che unisca gli sforzi di attiviste e attiviste che provano da tempo a opporsi al trattato: è quanto si propone di fare la coalizione globale “Stop Eu-Mercosur”, annunciata il 15 marzo scorso attraverso una conferenza stampa on-line e forte di oltre 450 adesioni, fra associazioni e soggetti provenienti da tutto il mondo.

«L’accordo Ue-Mercosur fa parte di un modello commerciale obsoleto, che ha rovinato il pianeta», si legge nella dichiarazione congiunta delle realtà che fanno parte della coalizioni, fra cui figurano nel nostro paese la Campagna Stop Ttip Italia e varie sezioni locali del movimento Fridays For Future. «È al servizio degli interessi privati a scapito dei limiti ecologici e del benessere degli animali e genera disuguaglianze sociali insostenibili». L’obiettivo del patto è, di fatto, ridurre tutta una serie di dazi e restrizioni commerciali per intensificare gli scambi di merci fra paesi europei e quella fetta di mercato sudamericano che comprende Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay (i membri del Mercosur, appunto).

 

Ma, come viene puntualizzato sempre nella dichiarazione congiunta, le conseguenze rischiano di andare ben oltre una maggiore libertà di scambio.

 

Si legge infatti poco sotto l’inizio: «L’accordo incentiverà ulteriormente la distruzione e il collasso della biodiversità in Amazzonia, nel Cerrado e nel Gran Chaco, attraverso l’aumento delle quote di importazione per carne bovina ed etanolo, perpetuando un modello estrattivo di agricoltura incarnato dal pascolo intensivo, dall’espansione delle aree recintate per l’allevamento e dalle monocolture dipendenti dalla chimica». Il patto Eu-Mercosur, cioè, non farebbe altro che acuire in un senso negativo dinamiche già esistenti: nella fattispecie, la forte dipendenza europea in termini di importazioni di carne bovina, soia e biocarburanti, che sarà compensata con una maggiore esportazione di automobili verso i paesi sudamericani.

Per dare un po’ di numeri: l’Europa importa attualmente dai paesi del Mercosur circa 200mila tonnellate di tagli di carne di manzo, 400mila tonnellate di pollame (circa la metà del totale); cifre che potrebbero essere destinate a raddoppiare, mentre un altro grande incremento è atteso per quanto riguarda l’etanolo: una quota di 450.000 tonnellate arriverà a dazio zero dal Mercosur indirizzata verso l’industria chimica e una quota ulteriore da 200mila tonnellate con un dazio ridotto a un terzo degli attuali 19 euro a ettolitro imposti. Insomma, il trattato non farà che aumentare il volume delle merci scambiate, andando a rinsaldare legami di scambio già esistenti fra i due mercati.
Il problema è che si vanno a rinsaldare anche le dinamiche di sfruttamento sottese a tali legami.

 

È risaputo come in Amazzonia, in particolare da quando Jair Bolsonaro è divenuto presidente del Brasile, è in corso un processo di ecocidio nei confronti del territorio e di etnocidio nei confronti delle popolazioni indigene che abitano l’area.

 

Secondo i media del paese sudamericano, nel periodo tra l’agosto 2018 e il luglio 2019 sono stati deforestati più di 6,800 Km quadrati, con un aumento del 278% rispetto allo stesso mese dei due anni precedenti e con oltre 76mila incendi solo alla fine dell’agosto 2019.

 

(foto di Nacho Yuchark, da archivio)

 

Di pari passo vanno le violazioni dei diritti umani: sempre nel 2019, il rapporto del Consiglio Missionario Indigeno ha rilevato 276 casi di violenza contro le comunità amazzoniche, con oltre cento omicidi e numerosi espropri delle terre portati a termine con la forza e attraverso vere e proprie invasioni. È lo stesso Parlamento Europeo, in un documento pubblicato a ottobre dell’anno scorso, a certificare come (lo sintetizza Alberto Zoratti nel diciottesimo rapporto sui diritti umani) «le questioni della deforestazione, degli incendi boschivi e della proprietà della terra abbiano una stretta correlazione fra loro» e come l’accordo di libero scambio Ue-Mercosur rappresenti uno degli «elementi trainanti» di questi processi.

 

D’altronde, il trattato commerciale è ormai da anni al centro delle critiche di movimenti indigeni e gruppi ambientalisti.

 

«Esiste una consapevolezza molto diffusa della dannosità dell’accordo Ue-Mercosur», ci dicono dal collettivo romano di Fridays For Future che, oltre a essere fra gli aderenti della coalizione globale, ha anche organizzato azioni di protesta specifiche come la consegna simbolica di una lettera di contestazione alla Presidenza Europea.

«È qualcosa che, tra l’altro, mostra in maniera chiara quanto crisi pandemica e crisi climatica siano strettamente connesse: l’aumento del ritmo di deforestazione a livello globale è direttamente proporzionale a un aumento del rischio di fenomeni di zoonosi, come quello che stiamo vivendo. Con la pandemia, diventa allora ancora più urgente fermare l’accordo. Le istituzioni europee non sembrano intenzionate a farlo, ma noi continueremo a mobilitarci e protestare».

A seguito di forti pressioni da parte della società civile, alcuni stati membri (fra cui Austria, Francia, Belgio e Lussemburgo) hanno espresso preoccupazioni verso il trattato, facendo sì che il processo di ratifica venisse sospeso.

 

Tuttavia l’indirizzo generale sembra netto, visto che la Commissione Europea sta comunque proseguendo le discussioni con i paesi latinoamericani per valutare delle condizioni di “pre-ratifica” e andare così verso una chiusura dell’accordo.

 

Se si pensa che nel 2019 per alcuni prodotti come la farina di soia (la cui produzione è tra l’altro fortemente collegata alla deforestazione amazzonica) il 93% di tutte le importazioni europee è arrivato da nazioni appartenenti al Mercosur, non è difficile capire – annota sempre Zoratti nel rapporto sui diritti umani – «la riluttanza per certi paesi membri dell’Unione Europea a far saltare il banco della trattativa (prima) e della ratifica (poi)».

Un reale cambio di direzione può dunque realizzarsi soltanto attraverso una mobilitazione dal basso che sia trasversale e intercontinentale, che unisca cioè forze e associazioni europee con i movimenti latinoamericani e indigeni. «Un altro commercio è possibile» – è l’augurio delle oltre 450 realtà e sigle che hanno dato vita alla coalizione globale “Stop Eu-Mercosur”. La petizione per il blocco del trattato, portata avanti paese per paese, ha raccolto al momento oltre due milioni di sottoscrizioni.

 

Immagine di copertina di Nicolò Arpinati