ITALIA

«Tutti a terra». E al porto di Catania esplode la gioia

«My life is back». La seconda ispezione medica ha dichiarato che tutti i naufraghi sono vulnerabili. I 200 sono stati accolti da una manifestazione cittadina

«Sbarcano tutti». La notizia la dà Medici senza frontiere alle 19.09 ai giornalisti assiepati dietro la grata che li divide dalla Geo Barents, sul molto centrale del porto di Catania. Immediatamente dal presidio anti-razzista parte un boato. Una gioia simile, ma più grande, l’hanno vissuta pochi minuti prima gli oltre 200 naufraghi ancora sul ponte. «My life is back», grida un ragazzo. «Alcuni ridevano e ringraziavano, altri erano in lacrime», fa sapere il capomissione Juan Matías Gil.

La giornata era iniziata al porto con un annuncio del senatore Pd Antonio Nicita, salito più volte sulle Geo Barents e Humanity 1, che lasciava sperare il meglio.

«Medici, e questa volta anche psicologi, saliranno a bordo per una seconda e più approfondita visita ai sopravvissuti», ha detto. Sulla nave di Msf sono rimasti otto ore. Due minori sono stati sbarcati quasi subito: nella precedente ispezione avevano avuto paura, anche per l’assenza di un mediatore culturale, di comunicare la loro vera età.

Nel primo pomeriggio un’ambulanza ha portato in ospedale uno dei due profughi siriani che dopo essersi tuffati in acqua si erano rifiutati di tornare a bordo. Lunedì la polizia non aveva voluto trasferirli in città per evitare il rischio di emulazione dei gesti di disperazione. Dopo la notte fuori dalla nave avvolto in una coperta rossa, Ahmad è diventato caldo: aveva la febbre a 39. Così ne è stato disposto il ricovero. Brutta scena.

Una dottoressa salita a bordo, racconta Nicita, ha ringraziato per aver avuto la possibilità di incontrare i migranti. Era stupita dalla grande umanità e gentilezza che le hanno dimostrato nonostante tutto quello che hanno sofferto in Libia, in mare e poi qui in porto. «Hanno raccontato storie terribili», ha affermato un volontario della protezione civile scendendo dalla Geo Barents.

Il team composto dai medici dell’Usmaf (Ufficio di sanità marittima, aerea e di frontiera) e dagli specialisti dell’Asp (Azienda sanitaria provinciale) di Catania si è poi spostato al molo di levante, dove da sabato sera staziona la Humanity 1.

Ieri a bordo aveva ancora 35 persone, in condizioni psicologiche sempre più difficili. «Per scendere vogliono che siamo malati, perciò non mangeremo più», hanno detto all’equipaggio per annunciare l’inizio dello sciopero della fame. A cui hanno aderito in una trentina. Intorno alle 20, però, è stato annunciato lo sbarco anche di questi naufraghi.

È da segnalare una circostanza particolare: già nel primo pomeriggio la Humanity 1 aveva ricevuto un’ispezione da parte di medici, ma senza psicologi. È singolare perché il personale non ha esaminato lo stato di salute dei naufraghi, ma le condizioni igieniche della nave. Sulla Geo Barents questo non è avvenuto.

Intanto il team legale che sostiene l’Ong sta valutando cosa fare del ricorso contro il decreto interministeriale Interno-Infrastrutture-Difesa sul «divieto di sosta» in acque territoriali, a eccezione del periodo necessario alla valutazione dei «fragili». Probabilmente sarà presentato comunque al Tar di Roma.

Confermata la manifestazione cittadina che la rete antirazzista catanese, insieme a numerose associazioni e sindacati, ha lanciato per sabato pomeriggio alle 16.

Le vicende del porto hanno avuto eco tra le realtà più sensibili del capoluogo siciliano. Ieri mattina il molo centrale è stato raggiunto da alcune decine di studenti del liceo classico Spedalieri. Ragazze e ragazzi hanno cantato senza sosta: «Solidarietà / accoglienza / è questa / la nuova / resistenza». Poi hanno occupato la loro scuola. Oggi dovrebbero ospitare alcuni volontari di Sos Humanity per ascoltarne i racconti.

Dopo che tutte le persone avranno toccato terra resterà da vedere cosa accadrà alle navi umanitarie. Da alcuni mesi sono ripresi i Port state control (Psc) con cui tra maggio 2020 e luglio 2021 sono state trattenute in porto praticamente tutte le Ong. Non si possono escludere neanche tentativi di azione in sede penale. Anche perché il governo ha ottenuto «risultati» da una sola Ong, Sos Mediterranée che ha diretto in Francia la Ocean Viking, ma contro tutte le altre che non hanno accettato deroghe al diritto internazionale dovrà ripensare la propria strategia.

Articolo pubblicato originariamente su Il Manifesto

Tutte le immagini da Twitter @GiansandroMerli