ROMA

Tra gentrification e rigenerazione urbana: alla città che cosa rimane? Intervista a SCuP

SCuP – Sport e Cultura Popolare resiste al bando “Reiventing Cities” attraverso pratiche dal basso e partecipate di rigenerazione urbana. Il 31 ottobre era previsto lo sfratto, ma tra festival e attività presidiano ancora lo spazio. Intanto, si attende la votazione della delibera 140

In via della Stazione Tuscolana 84 ormai da dieci anni esiste un epicentro di relazioni, energie, rapporti e alternative. SCuP – Sport e Cultura Popolare, infatti, è uno spazio che è in assoluto contrasto con il quadrante prettamente residenziale dell’Appio-Latino. Il collettivo ha arricchito una zona di Roma estremamente depauperata dalla messa a profitto e ha creato uno squarcio di mondo dove fosse possibile praticare attività sportive e artistiche dal basso, autorganizzandosi e collettivizzando il patrimonio.

A partire dalla giunta Raggi, il Comune ha messo questo esperimento spalle contro il muro. Attraverso il bando C40 Reiventing Cities, la zona adiacente alla Stazione Tuscolana è diventata proprietà di diversi privati protagonisti della gentrificazione nelle principali città italiane come Firenze, Milano e Bologna. Un progetto che, con lo stampo green e un pro-forma che lo fa apparire un bando pubblico, sta trasformando radicalmente il concetto stesso del diritto all’abitare in tantissime realtà europee e mondiali.

Una storia già sentita svariate volte nelle realtà della capitale e che ha avvicinato tantissimi spazi in questo triste destino. Eppure, una cittadinanza attiva ha creato, prima, un progetto partecipato di rigenerazione urbana in alternativa a quello dei vincitori – e, poi, un’opposizione dal basso che ha dato luce al festival Corpi e Desideri, un lungo momento in grado di animare il capannone vicino alla stazione tuscolana per tre settimane.

Dunque, tra immobilismo politico, svendita degli spazi pubblici e gentrification cosa rimane alla cittadinanza? Lo chiediamo qui al collettivo di SCuP.

Qual è la situazione della trattativa allo stato dell’arte?

La trattativa col Comune e Rete Ferroviaria Italiana (Rfi), al momento, ha portato a una proroga da parte dei proprietari. È una notizia di questi giorni, arrivata all’ultimo, in un clima di incertezza assoluta, seppur mitigata dal dialogo. Il tavolo di trattativa è, però, solo una parte di un percorso più ampio che in questi anni abbiamo portato avanti nel territorio per informare e denunciare il processo di rigenerazione dell’area.

Questo lavoro ha incluso il percorso di indagine e dei laboratori di progettazione partecipata della zona, la costituzione di un Forum e Osservatorio sulle trasformazioni urbanistiche, due convegni sulla città, un lavoro di rete con associazioni e realtà di base, la rassegna “Le mani sulla città” e molto altro ancora. Un lavoro, che prima ancora del tavolo, ha portato alla costruzione di un dossier e di un progetto sull’area che sintetizzasse le richieste raccolte sull’intero quadrante, al momento del tutto ignorate dall’Amministrazione.

Sin dai primi incontri con l’assessorato abbiamo portato otto spazi sul territorio che potessero fungere da alternativa per il collettivo, fra cui il Circolo degli Artisti e Init. Per motivi diversi, è stato escluso da parte dell’assessorato che qualcuno di questi spazi potesse essere una soluzione praticabile.

Nel frattempo, i lavori sono iniziati e, al posto di SCuP, dovrebbe sorgere una rampa, ovvero una strada di servizio alla nuova stazione Tuscolana la quale, secondo il Piano di Rigenerazione Urbana, dovrebbe essere ampliata. Come successo a Tiburtina o al Macao di Milano, anche qui la rigenerazione urbana cancellerà l’immobile dove oggi sorge SCuP, senza nessuna possibilità finora offerta perché la comunità non sia espulsa da questo quadrante.

In che modo avete affrontato le settimane di avvicinamento verso lo sfratto del 31 ottobre?

Fatta salva la bellissima energia ricevuta durante il festival, la situazione di costante precarietà è stata pesante da vivere nella quotidianità. Non avere certezza di uno spazio da cui ripartire e di una soluzione stabile, ci ha costretti a interrompere i corsi di sport e molte altre attività.
È stato difficile dover dire no alle oltre 30 realtà artistiche che ci hanno chiesto l’uso delle sale per le prove: sappiamo di quante persone si sono trovate all’improvviso senza uno spazio per costruire i propri percorsi artistici.

Tuttavia, questo è anche il periodo in cui è cresciuta in numeri e protagonismo una componente giovanile e studentesca, che all’indomani dell’uscita dal periodo pandemico, ha manifestato sempre più interesse nella partecipazione alla vita dello spazio, un po’ per recuperare la socialità negata nei due anni di pandemia.

Nel frattempo abbiamo attivato un percorso sul Circolo degli Artisti, uno spazio sul territorio che rende evidente la contraddizione fra spazi che chiudono e spazi abbandonati per anni e che domani rischiano di riaprire come luoghi commerciali, mentre associazioni come l’ANPI, Libera, Black Lives Matter, il collettivo di Berta Cáceres non hanno spazi fisici dove riunirsi. Il quadrante, da San Giovanni ad Arco di Travertino, non presenta nulla per persone, esperienze di associazioni comunitarie e autogestite, collettivi di artist³ che hanno desiderio, sogni e pratiche da condividere e fare crescere insieme.

Com’è andato il festival “Corpi e Desiderio”? Quali esigenze del territorio sono emerse?

Il 15 ottobre si sono chiuse le quattro settimane di programmazione di Corpi e Desiderio, un evento che ha portato tra le mura di SCuP oltre 80 artistə.

Dopo anni di corpi chiusi in casa e desideri relegati sempre più a sogni privati, con il festival Corpi e Desiderio abbiamo voluto riprendere a tessere le fila di sogni collettivi che ispirino e animino i nostri corpi verso la trama di un desiderio Comune, verso alleanze e condivisioni di pratiche ed esperienze.

La nostra dimensione non è mai stata quella dell’evento, il rapporto con il mondo artistico e dello spettacolo si è costruito piuttosto a partire dallo spazio. Negli anni non sono mancati concerti, spettacoli, dj set, ma non avevano mai avuto una dimensione strutturata come per questa occasione. Crediamo ci possa e ci debba essere più complicità, e comprensione reciproca, tra mondo artistico, e mondo degli spazi; nel nostro piccolo pensiamo di aver creato una dimensione equilibrata, che è piaciuta a noi, all3 artist3 coinvolt3 e alle persone che hanno partecipato. In queste settimane, centinaia di persone hanno attraversato lo spazio, hanno animato le diverse attività e hanno partecipato alla vita pubblica, mischiandosi, incontrandosi, conoscendosi.

Black Lives Matter Roma, Lucha y Siesta, LEA Berta Cacéres, Extinction Rebellion, La Compagnia Rampa Prenestina (nonostante lo sgombero subito, ancora attivissima), il Collettivo di Fabbrica GKN, La Non Company e tantissimə Artistə, bambinə di tutte le età, studentə, lavoratorə, precariə, a tutte le ore, hanno vissuto SCuP come una casa comune, in cui cospirare per un ambiente sano. Si è voluta costruire una città accogliente: un modello di relazioni, di scambio, di condivisione, che voleva trasformare la quotidianità di questi ultimi sette anni, in un evento che la raccontasse “tutta”, anche fosse in maniera caotica e rumorosa, a costo dell’impegno, della fatica, della stanchezza.

Abbiamo però fatto il pieno di un immaginario, di una realtà possibile, preso in tantə coscienza del bisogno di avere spazi che vivono così, che funzionano nell’autogestione, che sono animati dalla partecipazione e dal lavoro, che vivono in una dimensione non commerciale, e che quell’immaginario lo vedono anche nel modo di vivere insieme questa città.

Il fenomeno della gentrification sta trasformando profondamente il volto di Roma. Che ruolo giocano in questo caso i bandi pubblici di rigenerazione urbana come quello di Reinventing Cities? 

Reinventing Cities è il modo in cui la città pubblica viene venduta al privato, in aree prossime alle stazioni e al centro, come quella della stazione Tuscolana, dove i valori immobiliari sono in crescita. La situazione di Scup, come quella di Macao e di molti altri spazi in tantissime città è esemplificativa della modalità in cui le comunità vengono espulse da questi processi di rigenerazione urbana. Abbiamo assistito negli ultimi anni allo sgombero di moltissime esperienze, tutte (o quasi) situate al centro di Roma: Viale Castrense, Sans Papiers, Volturno, SCuP a via Nola, l’esperienza dell’ex Lavanderia al Santa Maria della Pietà, il Nuovo Cinema Palazzo a San Lorenzo.

Queste sono ferite profonde per una città; sono spazi di vita sostituiti da nuove forme di abbandono, progetti distrutti, comunità spesso disgregate. Uno schiaffo in faccia a chi mette vita, energia e passione per rendere il diritto alla città patrimonio collettivo e comune. Sappiamo che questa tendenza è globale, infatti, lo striscione che avevamo in occasione della manifestazione contro il G20 recitava “La rigenerazione siamo noi”.

Alla stazione Tuscolana, il bando promosso dal Comune di Roma, nel contesto del progetto “Reinventing Cities” è portato avanti dal network internazionale di città denominato C40. L’obiettivo del bando è intervenire su zone dismesse per trasformarle, in un’ottica di resilienza climatica e orientato al conseguimento della carbon neutrality. Tra i principi del bando, vi è quello di dare importanza alla partecipazione e all’ascolto della cittadinanza.

Benché le sfide del bando facciano appello a concetti come sostenibilità, mobilità dolce, inclusione, comunità, il concorso Reinventing Cities per la stazione Tuscolana non ha preso in considerazione quasi nulla di queste realtà, né per come si è svolto, né per quello che il progetto vincitore esprime.

Il bando è stato concepito secondo la logica dell’appalto-concorso, delegando di fatto ai privati la costruzione della città pubblica e autorizzando una variante al PRG vigente, in cui il principio di partecipazione della cittadinanza a grandi trasformazioni urbanistiche sancito dalla delibera 57/2006, è stato evidentemente ignorato. La variante, inoltre, ha previsto un aumento di 10.000 mq di Superficie Utile Lorda, unicamente per compensare mancate edificazioni nella zona della stazione Trastevere. L’area, prima di demanio pubblico e oggi di proprietà del gruppo FS, sarà venduta a 15 milioni di euro al Gruppo Fresia, cui fa capo l’imprenditore Federici. 

Si vorrà costruire:

  • AL POSTO DEL PIAZZALE DELLA STAZIONE verrà costruito un edificio residenziale di 8 piani, su un terreno di 2.000mq di proprietà di Roma Capitale. Con questa operazione saranno realizzati circa 70 alloggi su sette livelli escluso il piano terra commerciale. Prezzo di vendita attorno agli 8000€/mq. Un’operazione edilizia che da sola potrà fruttare 40 mln di euro di utile netto.
  • Un edificio di 5 piani con strutture portanti in legno sarà il workplace dove dovrebbero essere realizzate le attività dello IED. Circa 6.200mq di SUL.
  • Un altro edificio di circa 2.050 mq, per spazi di coworking da affittare.
  • Uno Student’s Hostel della CX: 2 edifici da 7 piani ciascuno – una costruzione da 13400 mq di SUL, interamente privata, da adibire ad hotel e appartamenti per studenti a prezzi di mercato.
  • Uno spazio (privato) per workshop 1350mq nell’edificio esistente a un piano che attualmente dà sulla Stazione.

È ormai un anno che Gualtieri è sindaco. Come giudicate il suo operato? Cosa ne pensate del regolamento che deve ancora essere votato?

Per valutare l’operato del sindaco sarebbero forse troppe le considerazioni da fare, in un discorso che chiaramente sarebbe più ampio. Possiamo fare delle valutazioni restringendo il campo a quei processi di cui abbiamo una conoscenza diretta e più approfondita. Con l’attuale amministrazione abbiamo costruito questo tavolo, cosa che con la precedente non era stato possibile. Tuttavia sui processi urbanistici in corso, la differenza ancora non è tangibile. Durante la giunta Raggi, il deposito di piazza Ragusa, dopo anni di abbandono, è stato dato in concessione alla società Urban

Value – by Ninetynine, che si occupa di rigenerazione urbana e che vi svolge attività commerciali. Oggi del deposito di piazza Ragusa si prospetta l’uso pubblico per la mobilità, come deposito di mezzi pubblici elettrici. È un passo in avanti delle istituzioni, che si rifanno a quanto i comitati territoriali e le associazioni sostenevano già dieci anni fa. Inoltre l’area della Stazione Tuscolana è stata venduta nell’ambito del progetto Reinventing Cities, progetto che deve essere ancora discusso e approvato dall’attuale giunta.

Andando oltre l’immediato, in tre o quattro anni, questo quadrante potrebbe confermare il primato di una visione di città che premia i privati e lascia indietro le esperienze cittadine di riconnessione del tessuto sociale. Una visione di città senza un posto per SCuP e con due spazi, come l’Init e il Circolo degli Artisti, sfruttati commercialmente; con un deposito dei mezzi attivo, ma senza verde pubblico, senza spazi per lo sport, per la cultura e per la socialità. Come lo vorrebbe la giunta Gualtieri? Questo non lo abbiamo capito. Sappiamo come lo vorremmo noi.

La nuova delibera stabilisce le condizioni di affidamento per un uso sociale degli spazi abbandonati.

Condizioni che inquadrano principalmente nell’ambito associativo e del terzo settore i soggetti a cui è rivolta, in un adeguamento formale e burocratico che rimane un ostacolo e un mancato riconoscimento per espressioni più spontanee, informali e autogestite di cura degli spazi e dello spazio pubblico.

La freddezza dei numeri della precedente delibera 140 e lo stallo della giunta Raggi, hanno già portato provvedimenti di sfratto e richieste di risarcimenti di centinaia di migliaia di euro a realtà che al contrario hanno dato funzione sociale alla proprietà e restituito alla città gli spazi da loro ristrutturati e resi vivi. Parliamo nella maggior parte di ruderi rimessi in sesto senza attività a scopo di lucro, ma autofinanziandosi e attraverso processi di attivazione dal basso.

Si apre con la nuova delibera la necessità che il patrimonio non sia trattato come numeri di un bilancio e che sia opportunità per le amministrazioni locali di valorizzare al massimo gli immobili per un loro uso sociale, avendo un impatto positivo sui territori, costruendo sinergie con il tessuto associativo presente.

Ci sono punti della delibera sui quali sarebbe necessario soffermarsi. In primis, l’articolo 23 che prevede l’assegnazione dei beni demaniali e del patrimonio indisponibile (patrimonio pubblico) a soggetti commerciali, ma anche il passaggio dei beni dal patrimonio indisponibile al patrimonio disponibile nel caso in cui l’attività svolta dal soggetto commerciale sia talmente lontana dal perseguimento del pubblico interesse da rendere illegittima l’assegnazione di un bene in regime di patrimonio indisponibile; l’assegnazione temporanea in regime transitorio solo a condizione che siano saldati i canoni arretrati, senza prevedere esplicitamente l’annullamento in autotutela degli atti amministrativi illegittimi.

In questo scenario sono i territori a dover esprimere una opposizione a eventuali processi di speculazione su un territorio? Sarà l’amministrazione e la politica? O sarà il mercato? Nel caso di Reinventing Cities, nel caso dell’Ex Dogana, di via dei Lucani a San Lorenzo e di tante altre vertenze sparse nella città, saranno le realtà autogestite dal basso e l3 cittadin3.

Immagine di copertina da pagina fb di Scup