ITALIA

Torino: cosa succede a Bodycam spente?

Esordisce il dispositivo video in dotazione alle forze dell’ordine durante la pedalata antifascista. L’ordine di accensione delle bodycam si è sentito distintamente, ma non è chiaro se fossero ancora in modalità on quando sono partite minacce, insulti sessisti e manganellate a freddo

“Accendete le Bodycam ” . Si è sentito forte e chiaro l’ordine del dirigente di piazza agli agenti antisommossa schierati davanti agli e alle antifascistə torinesi , ordine che è coinciso con il debutto nella città subalpina del nuovo dispositivo in dotazione alla forze dell’ordine .

Venerdì 11 Febbraio, Torino, quartiere Crocetta , un ricco borgo composto da ville e palazzine in stile liberty risalenti a fine ‘800 inizio ‘900, oggi abitate dalla classe alta e medio alta della città.

Qui gli “identitari” di Aliud hanno inscenato un’iniziativa sul ricordo dei “Martiri delle foibe”, mistificazione e riscrizione della storia legittimata dalle istituzioni a livello nazionale. Aliud è una formazione giovanile di stampo neofascista legata a Fratelli d’Italia, che li finanzia e li protegge.

Il partito di Giorgia Meloni ha persino tentato di candidare alle ultime amministrative del capoluogo piemontese il leader dell’organizzazione, Enrico Forzese, poi silurato dai vertici della coalizione di centro destra a pochi giorni dalle elezioni, perché giudicato impresentabile dagli stessi.

Per impedire il sereno svolgersi dell’iniziativa gli antifascisti e le antifasciste del limitrofo quartiere San Paolo, borgata storicamente operaia e partigiana, oggi multiculturale e studentesca, hanno lanciato una biciclettata antifascista.

Da subito la pedalata si è dovuta confrontare con un massiccio dispiegamento di agenti antisommossa schierato a difesa della piazza in cui si teneva la commemorazione neofascista e con decine di agenti in moto che marcavano “a uomo” il serpente formato da una cinquantina di bici.

Proprio da dietro uno dei cordoni della celere posto a bloccare uno degli accessi alla piazza, è partito ben udibile il comando ad accendere le bodycam ,ordine eseguito con non poche difficoltà dagli agenti dotati dell’apparato video.

Data l’impossibilità di avvicinarsi al nucleo neofascista, la contromanifestazione a pedali ha deciso di interrompere il rumoroso e pacifico assedio e di cambiare obbiettivo dirigendosi a sorpresa alla poco distante sede di Aliud per sanzionarla con uova ripiene di vernice.

Quando entrambe le iniziative sembravano  volgere al termine, la serata è tornata a movimentarsi grazie all’inspiegabile scelta della questura di Torino di scortare i neofascisti in un improvvisato corteo accompagnato da interventi dal megafono e cori. Parata finita allo spazio Identitario Aliud, con l’indifferente complicità della questura. 

Proprio qui gli antifascisti e le antifasciste si sono datə un nuovo appuntamento ed al loro arrivo hanno trovato ancora una volta camionette a sbarrare le strade e antisommossa a difesa della sede neofascista. Questa volta però, lontano da giornalisti e reporter e con le bodycam rigorosamente spente, gli agenti hanno esibito da subito un’atteggimento conflittuale.

Dapprima con minacce e epiteti sessisti verso alcune antifasciste e a seguire con manganellate a freddo scientificamente dirette ai volti dei malcapitati e persino un pugno in piena faccia ad un’attivista. Un modus operandi violento molto simile a quello tenuto qualche settimana fa contro il comitato Essenon e verso gli studenti che manifestavano contro l’alternanza scuola lavoro. 

Quanto successo venerdì scorso sbugiarda per l’ennesima volta le dichiarazioni del questore di Torino Vincenzo Ciarambino, autodefinitosi sin dal giorno suo recente insediamento «sempre disposto al dialogo fino alle estreme conseguenze» e mette sotto una luce di ipocrisia il pallido tentativo del sindaco Lorusso di calmare le acque chiedendo alle forze dell’ordine  «una città in cui non volino continuamente i manganelli ».

Non si può certo dire positivo anche l’esordio della Bodycam, il dispositivo di nuova dotazione, entrato a far parte dell’armamentario delle forze di polizia insieme al famigerato quanto pericoloso taser, ha già dimostrato le sue criticità. 

Da innumerevoli anni buona parte della società civile chiede il numero identificativo sulle divise, misura di minima sempre osteggiata dai rappresentanti delle forze dell’ordine e mai concessa dalle istituzioni.

Al contrario vengono messe a disposizione nuove tecnologie e armi che vanno ad aumentare la pericolosità di corpi che negli anni hanno dimostrato l’attitudine alla violenza, all’abuso di potere. Un potenziamento delle dotazioni che non trova riscontro nei dati sulla criminalità, in permanente calo da un decennio.

Vien da chiedersi se le bodycam fossero accese quando la polizia ha scortato il corteo dei neofascisti in giro per le vie del quartiere San Paolo .
Vien da chiedersi perché non sia partito l’ordine di accendere le bodycam quando due o tre agenti antisommossa si sono sfilati dal cordone ed infilati all’interno del blocco antifascista colpendo con manganellate a freddo e pugni al volto alcunə antifascistə.

Pare ovvio che al contrario di quanto dichiarato dalle autorità, le bodycam potendo essere spente ed accese secondo l’arbitrio degli agenti, non sono messe lì per giudicare l’operato delle forze dell’ordine, oltre che alla condotta di possibili criminali e manifestanti,  ma hanno la sola funzione di reprimere e aggiungere elementi in fase processuale in particolare verso questi ultimi.

Un ennesimo strumento repressivo di cui non se ne sentiva il bisogno, un’ennesima spesa milionaria che va a sottrarre i già pochi fondi destinati al welfare ed alla sicurezza sociale.

Comunicato a caldo del Csoa Gabrio

Tutte le immagini di Stefano Marangi