ITALIA

Taranto, corteo “Sicuri di Restare Umani”. La cronaca di un’umanità in cammino.

«Una città e un’intera provincia in grado di fare sintesi su istanze comuni e di dare prova di una straordinaria umanità che andrebbe sbattuta in faccia a tutti coloro che soffiano sul vento dell’odio e della paura. Un coro di voci, nella manifestazione c’era tutto: amore, sorrisi, gioia, dolore, speranza, fiducia, gratitudine, frustrazione»

Il 19 gennaio scorso ha rappresentato per la città di Taranto e la sua provincia un momento importante, di riscrittura e risemantizzazione del presente. Il corteo provinciale “Sicuri di restare Umani” si è snodato magmatico nelle vie del centro cittadino, grazie alla partecipazione di una marea festante di società civile scesa in piazza per ribadire con immutata forza e convinzione che accoglienza, solidarietà e rispetto dei diritti umani, rappresentano valori irrinunciabili e un antidoto efficace contro l’imbarbarimento e le brutture dei nostri tempi.

L’iniziativa è stata organizzata da Campagna Welcome Taranto, una rete informale di liberi cittadini, associazioni, volontari e operatori nel campo dell’accoglienza e del monitoraggio dei diritti umani, da diversi anni attivi sul territorio. L’appello alla mobilitazione è stato accolto da ben 72 realtà associative, partitiche e sindacali, insieme a una decina di amministrazioni comunali. Alcuni sindaci della provincia hanno partecipato con l’intento prioritario di testimoniare lo sviluppo virtuoso, nei propri territori di competenza, del sistema SPRAR soggetto alle gravi ripercussioni del dl Salvini, ormai convertito in Legge.

Ricordiamo che in Italia esistono due sistemi di accoglienza: il sistema ordinario SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) e i CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria). Il sistema ordinario è controllato dai Comuni e dal revisore dei conti e nessun ente gestore può fare profitto. Con la Legge Salvini tale sistema sussidiario viene interamente smantellato, a danno dei beneficiari e dell’intero sistema sociale. Differente è invece il discorso legato al sistema straordinario dei CAS che non ha controllo pubblico ed è gestito dai privati in una logica di perseguimento e ottimizzazione dei profitti, snaturando la ratio dell’inclusione e dell’accoglienza di qualità. La legge Salvini e l’operato del Governo destinano un’ingente quantità di risorse al sistema privato decurtandole alla rete degli SPRAR, con la conseguenza inesorabile di provocare destabilizzazione lavorativa e il licenziamento di tanti giovani laureati e di assegnare ai privati il comparto dell’accoglienza in un’ottica assistenzialistica senza prevedere l’erogazione di servizi legati all’alfabetizzazione linguistica, al supporto legale, all’assistenza psicologica e a percorsi di inserimento professionale.

La moltitudine eterogenea che ha caratterizzato la manifestazione dello scorso 19 gennaio ha risposto in prima persona con propri corpi all’asfissia dell’attuale clima politico. Come ribadito più volte dagli interventi emersi durante il corteo, il tema dell’accoglienza e la questione dei flussi migratori vanno ben oltre la mera opposizione al Governo gialloverde e all’operato di Salvini, ma abbracciano estensivamente il tema della democrazia e delle libertà costituzionali, la riflessione critica e la memoria storica. La ratio che ha sotteso la pluralità degli interventi, anche nei contesti preparatori al corteo è stata l’importanza di invocare il valore della differenza, perché fondarsi su essa significa non essere soli, ma in relazione ed è proprio per questo motivo che il rispetto e la tutela della differenza sono fondamentali per la democrazia.

Foto di Pierfrancesco Lafratta

Gli interventi espressi durante il corteo e nelle assemblee preparatorie hanno posto l’accento su un altro effetto sclerotizzante della Legge Salvini, ossia la questione legata all’abrogazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Abrogare la protezione umanitaria significa mettere le persone arrivate in Italia in una situazione di irregolarità, costruendo a tavolino le condizioni di disagio e di emergenza sociale, soprattutto nelle periferie dei grandi centri urbani. Tutti coloro che non avranno un documento valido per stipulare regolare contratto di lavoro finiranno nelle maglie della mafia e dello sfruttamento. È in questo quadro vessatorio e di violenza che s’inserisce il management delle migrazioni, che ha molti volti e diverse forme più o meno visibili. In Italia le traiettorie di questo disegno vanno avanti dalla Legge Bossi Fini, passando dall’operato di Minniti e dalla creazione degli hotspot, fino alle politiche di Matteo Salvini. Nella cronaca della giornata di sabato scorso, caratterizzata dal desiderio collettivo di partecipazione e dal vento di dissenso nei confronti del Governo gialloverde, emerge un’interessante lettura e interpretazione condivisa del fenomeno migratorio: trattarlo in chiave emergenziale e di ordine pubblico snatura quella endogena caratteristica umana che ha a che fare non solo con il diritto a migrare, ma con il movimento del corpo che si oppone a tutto ciò che è fisso e immutabile.

Taranto non è nuova a essere luogo di mobilitazioni collettive importanti sui temi dell’accoglienza e dei diritti umani. Lo testimonia il corteo “Diritti senza Confini” del 31 agosto scorso, in risposta alla chiusura dei porti per impedire l’attracco della nave Diciotti con il trattenimento illegale di 180 persone, congiuntamente alla contestazione sulle linee tracciate dall’allora Dl Salvini. La città ionica costituisce un punto di osservazione privilegiato delle responsabilità locali, nazionali ed europee in tema di immigrazione: è proprio a Taranto che nel 2016 fu istituito l’hotspot. Si tratta di un luogo grigio, di sospensione dei diritti, nel quale avvengono prassi informali non codificate dalla legge, detenzioni arbitrarie e trattenimenti inumani e degradanti, anche di minori. Va ricordato che l’hotspot di Taranto è stato il luogo in cui ogni notte da Ventimiglia, giungevano bus carichi di migranti irregolarmente sequestrati, trattenuti e identificati anche dieci volte di seguito, rimessi in strada senza alcuna tutela e consegnati nelle mani dei trafficanti e dei caporali. Sulla questione l’Amministrazione Comunale non è mai intervenuta pubblicamente rifiutando ogni tipo di interlocuzione e presa di posizione con le associazioni che monitorano i diritti umani.

La giornata di sabato ha visto una città e un’intera provincia in grado di fare sintesi su istanze comuni e di dare prova di una straordinaria umanità che andrebbe sbattuta in faccia a tutti coloro che soffiano sul vento dell’odio e della paura. Un coro di voci, nella manifestazione c’era tutto: amore, sorrisi, gioia, dolore, speranza, fiducia, gratitudine, frustrazione. Chiunque si fosse avvicinato al corteo, anche solo per genuina curiosità, avrebbe intuito che i sorrisi e i colori della moltitudine festante, erano e rimarranno strumento imprescindibile per non rimanere stranieri del nostro tempo.

Foto di copertina di Pierfrancesco Lafratta, pubblicate su Campagna Welcome Taranto