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#SullaSaluteNonSiScherza: mobilitazione al Policlino Umberto I

Oggi una mobilitazione di specializzandi e studenti: contro il taglio delle borse di specializzazione, per la salute come diritto universale contro l’attacco al welfare e al sistema sanitario. Domani manifestazione a Montecitorio.

Oggi studenti e studentesse di medicina hanno riempito il policlinico Umberto I di manifesti, tazebao e striscioni che chiedono che l’accesso alla salute sia garantito a tutt*. Partendo dal taglio delle borse di specializzazione (1200 in meno quest’anno) si è allargato il discorso: in quanto questo taglio, sommato all’alto tasso di pensionamenti medici, determinerà un calo del numero dei medici di circa 15000 in 10 anni. E’ dunque chiaro come il taglio delle borse di specializzazione sia perfettamente conforme al disegno di smantellamento del sistema sanitario italiano in atto: ricordiamo che nel 2012 9 milioni di cittadini hanno rinunciato alle cure per motivi economici.

La lotta per le borse di specializzazione deve essere intesa, dunque, per un’inversione di tendenza sulle politiche sanitarie, deve quindi avere obiettivi strutturali come lo sblocco del turn-over e l’aumento di fondi destinati a garantire l’accesso alla salute universale, ma anche saper rilanciare caldeggiando non solo la difesa del diritto alla salute ma una sanità come bene comune, quindi con una gestione orizzontale che includa soprattutto l’utenza. Perciò gli student* di medicina saranno domani a montecitorio, l’8 agiteranno queste questioni in concomitanza con il test d’ingresso e nel prossimo futuro proveranno a costruire un percorso di mobilitazione sulla salute con medici, operatori sanitari, ma sopratutto la cittadinanza.

O LA SALUTE E’ PER TUTT* O NON HA SENSO

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Il volantino distribuito oggi:

Borse di specializzazione: un solo problema per raccontarne tanti. Ecco perché serve una mobilitazione ampia e radicale che non si fermi al primo obiettivo!

#SullaSaluteNonSiScherza il 1 Aprile cominciamo a muoverci!

Ciò cui abbiamo assistito nell’ultimo quinquennio è un programma serrato di tagli, che non hanno la prerogativa di andare nello specifico di sprechi e inefficienze; che non sono inseriti in un progetto di revisione capillare di cosa è da valorizzare e di cosa invece è malgestito o sprecato, come dovrebbe essere una spending review, ma si configurano come semplici tagli lineari. Si taglia a monte! E i dati sono questi:

– 8 miliardi (dal Ministro Tremonti nel 2011) per il biennio 2013-2014 (4 miliardi per ogni anno)

-1 miliardo (da Monti nel 2012) per il 2012 e 600 milioni per il 2013, che si vanno a sommare ai precedenti.

– la % di PIL investito in Sanità passerà nel 2015 dal 7,1% al 6,7% (governo Letta nel 2013), al di sotto della media UE Tutto ciò configura una sorta di “non piano”, un disinvestimento nel settore sanità. Un “non piano” proprio perché fatto esclusivamente di tagli e non di una programmazione sanitaria mirata, dettagliata e di lungo respiro.

Su cosa si è deciso di tagliare maggiormente? Sulla spesa per il personale e, in seconda battuta, sui servizi.

Ma il taglio alla spesa sul personale non va a revisionare le spese realmente eccessive (doppi o tripli stipendi per incarichi plurimi, grosso divario tra stipendi dei primari e stipendi di strutturati o precari, spese eccessive di consulenti o personale amministrativo), ma agisce direttamente su:riduzione del numero di unità del personale à dobbiamo tagliare i medici! Fazio nel 2011 diceva di aver raggiunto la quota di 4,2 medici per 1000 abitanti e che saremmo dovuti scendere ancora, verso i 3,2 per adeguarci alla media europea.

Una seconda soluzione, oltre al taglio di personale è quella del task shifting, di cui oggi si comincia a parlare anche in Italia . Per task shifting si intende lo spostamento di alcune competenze dalla figura del medico a quella dell’infermiere, ovviamente appositamente specializzato e formato. Per cui, ci dicono, “ si andrà sempre più verso uno spostamento di competenze e non serviranno tutti questi medici, possiamo farne a meno”.

Ma tutto questo, che in altri Paesi Europei già esiste da molto tempo, con infermieri ben formati che di fatto svolgono molte attività clinico-assistenziali, motivo per cui ci sono anche meno medici con cui si riesce a gestire un’assistenza, da noi non si è ancora mai dato e non si darà mai se la si continua a pensare come una riforma a costo 0!

Infatti formare costa, a maggior ragione se si tratta di una formazione di qualità, altamente professionalizzante! Immaginare un percorso di trasformazione e riorganizzazione della formazione infermieristica e medica, (nei 6 anni come durante la specialistica), è un primo grande terreno su cui, tutti e tutte insieme, dovremmo batterci; mirando a raggiungere un maggior equilibrio tra attività pratiche e apprendimento teorico con meno burocrazia da svolgere in reparto.

Ma tutti questi camici bianchi, come sono effettivamente distribuiti? se andiamo a guardare più da vicino infatti, dei 4,2 medici ogni 1000 abitanti che sono nel nostro Paese, sono 1,83 ogni mille abitanti che lavorano effettivamente nel SSN e quindi per una sanità pubblica,.

Infatti, ad oggi, il blocco del turn over inasprito ulteriormente dalla legge 133/2008 blocca le assunzioni di nuovi medici, giovani neo specializzati nel sistema sanitario nazionale; il ddl Fornero con l’aumento dell’età pensionabile ostacola ulteriormente questo già lento e infinitesimale ricambio generazionale e i tagli lineari di cui sopra creano un ulteriore pesantissimo ostacolo. Di qui le poche possibilità per il post – specializzazione: aprirsi una partita IVA o essere assunti, con contratti precari e poco tutelati e con monte ore spesso molto alti, divisi su più strutture sanitarie, all’interno di cliniche accreditate o private.

Ma è questa la sanità, universale e di qualità, che immaginavamo? E’ questo il modello di salute per cui combattiamo e vogliamo essere medici?

Ecco perché il tema, estremamente complesso, richiede una risposta all’altezza. Ecco perché l’aumento delle borse, capitolo imprescindibile , non può darsi isolatamente, slegato da una programmazione seria che voglia davvero:

-investire su una sanità pubblica, universale e di qualità e non camminare verso un sistema sanitario a doppio binario, dove prestazioni sempre più essenziali sono garantite da un SSN retto da specializzandi e medici sempre più precari e, per tutto il resto, si incentiva il ricorso al privato, per chi ne ha le possibilità.

– investire sulla formazione e sulla qualità della stessa;

– investire nella lotta al precariato perché i contratti a prestazione o a progetto fanno sì che un medico, per mantenere il proprio contratto e il proprio reddito sia costretto a svolgere più prestazioni, spesso a scapito della qualità del servizio. Svolgere più prestazioni significa conseguentemente che, se prima potevano essere due medici a coprire 30 pazienti ambulatoriali al giorno, ora lo farà uno solo, facendo calare così il fabbisogno di medici stesso.

– investire nell’assunzione di giovani neo medici attraverso lo sblocco del turn over ( i fondi europei à Fondo sociale europeo di 2 miliardi nella sola regione Lazio e fondo di garanzia per i giovani, pari a 1,5 miliardi circa stanziati a livello nazionale per i giovani tra i 15 e i 24 anni, con possibilità di ampliare fino ai 29 anni per quei soggetti che hanno realizzato un percorso di laurea e devono perfezionare la loro formazione o essere inseriti nel mondo del lavoro, hanno una vocazione specifica per formazione, crescita e occupazione giovanile e non possono essere usati solo per ripianare buchi di bilancio!) à richiediamone lo sblocco!

altro esempio di una lotta concreta può essere quello di sfruttare le risorse derivanti dall’attività intra-moenia, molto ingenti soprattutto nei grandi policlinici e aziende ospedaliere per la realizzazione di contratti lavorativi a giovani medici, contratti che, seppur per un tempo determinato, garantiscano dignità in termini di ore lavorative, qualità del lavoro e retribuzione. Questo è già stato fatto al Policlinico di Milano per un totale di 7 contratti, attingendo a una minima percentuale di queste risorse. In molti ospedali non si sa nemmeno dove vadano a finire questi fondi, né esiste una commissione che ne coordini la gestione, li indirizzi verso un progetto, piuttosto che un altro.

Un audit su questo tema, che calcoli effettivamente il valore economico di queste risorse e una mobilitazione forte che ne richieda una gestione trasparente, con particolare attenzione proprio al tema delle assunzioni e della stabilizzazione dei precari, può e deve essere un altro obiettivo da praticare. La sfida è grande ma la Salute non può più aspettare! E neanche noi!

Segui: #SullaSaluteNonSiScherza – Costruiamo insieme un percorso di mobilitazione su obiettivi concreti!