ITALIA

Sul caso Cucchi, Salvini resta muto. O quasi

Il 4 gennaio 2016, nella trasmissione “La Zanzara” e post fb connessi, un Salvini ancora non di governo dichiarava, a proposito della querela di uno dei carabinieri indagati per l’omicidio Cucchi contro la sorella Ilaria: «Capisco il dolore di una sorella che ha perso il fratello, ma quel post mi fa schifo. Mi sembra difficile pensare che in questo, come in altri casi, ci siano stati poliziotti e carabinieri che abbiano pestato Cucchi per il gusto di pestare. Se così fosse, chi l’ha fatto, dovrebbe pagare. Ma bisogna aspettare la sentenza, anche se nella giustizia italiana onestamente non ho molta fiducia. Comunque, onore ai carabinieri e alla polizia. La sorella di Cucchi si dovrebbe vergognare, per quanto mi riguarda».
E, tanto per essere coerente, candidò e fece eleggere al Senato l’ex-poliziotto e sindacalista del Sap, Gianni Tonelli, famoso per aver sentenziato su Cucchi nel 2014 che «se uno ha disprezzo per la propria condizione di salute abusando di alcol e droghe, se uno conduce una vita dissoluta, ne paga le conseguenze».
Adesso, dopo che è emersa in sede giudiziaria la verità sul massacro di Cucchi e sui depistaggi da parte dei superiori, Salvini resta muto, limitandosi a dichiarare di essere «sempre dalla parte delle Forze dell’Ordine». E mentre il comandante dell’Arma si costituisce parte civile, seguito per ovvi motivi elettorali pentastellari della ministra della difesa Trenta e dal Presidente Conte, il ministro degli Interni (cui compete l’impiego dei CC per l’ordine pubblico) se ne guarda bene. La casacca di questo o quel corpo di polizia si indossa solo quando fa comodo.
Del resto è il suo stile. Si assume la piena responsabilità per la chiusura dei porti nel caso Diciotti, Sea Watch, Mare Jonio e Sea Eye, ma quando lo indagano per sequestro di persona si rifugia dietro la decisione collettiva (mai certificata) dell’intero governo per sottrarsi al processo. Del resto, presago, che non si fidava della magistratura l’aveva già detto…
Proclama quelli libici “porti sicuri” sfidando Onu e Commissione europea e, quando scoppia la guerra civile che certifica il fallimento di tutta la strategia africana (sua e di Minniti), fa finta di niente e si volta dall’altra parte. Stesso silenzio dopo che il sindaco Lucano è stato scagionato dalla Cassazione dalle accuse su cui la Bestia si era ignobilmente accanita con post e provvedimenti amministrativi.
Teppista con la casacca, ministeriale con la camicia, incravattato alle prime. Magari è solo un camaleonte che abbaia. Insomma, l’avete capito: il Capitano non è proprio il tipo che “getta il cuore oltre l’ostacolo”, piuttosto uno che getta il sasso e nasconde la mano. Accasato Verdini, no surprise.
Però stiamo in guardia. Gli aspiranti dittatori non sono più quelli di una volta, ma guai ne possono combinare lo stesso.