ROMA

Succede a San Lorenzo: il Tar boccia Marino

Bloccati i lavori alle ex Fonderie Bastianelli. Il TAR dice ancora no a Marino su una questione edilizia e riconosce le ragioni di un territorio in lotta per conservare il suo patrimonio urbanistico

Roma. San Lorenzo. Via dei Sabelli. Oggi è una ferita. Non è la solita buca. Quella che si fa per terra per far venir su una casa. E’il segno dell’offesa. Del dispotismo edilizio. Dell’arroganza immobiliare. Verso i molti che in quel lotto ad angolo su via dei Reti, per tutto il secolo scorso ci hanno lavorato per fondere il ferro, con cui servire ed abbellire la città. Verso i tanti che abitano e frequentano il quartiere che, contro il progetto di trasformare quel luogo del lavoro e della memoria in miniappartamenti, si sono battuti a lungo.

I tanti che andando a vedere le carte colorate del Piano regolatore, che Veltroni ha disegnato e Marino non ha voluto neppure leggere, avevano detto più volte, anche con l’occupazione di Communia, che la “rigenerazione urbana” non può essere intesa come il via libera all’energumeno del cemento di turno, per buttare giù quello che esiste e tirare su quello che economicamente è, solo per lui, conveniente.

Oggi questi signori affettuosamente si sono scelti un nuovo nome chiamandosi “sviluppatori”. Loro dicono: il Comune non ha i soldi per intervenire nella riprogettazione della città, lasciate fare a noi. A San Lorenzo ci hanno provato blandendo l’Amministrazione giurando che oltre le loro case avrebbero lasciato uno spazio (piccolo) per le attività del quartiere. Solo che hanno sbagliato i loro calcoli. Roma è un territorio of-shore per i progetti di finanza, ma qualche volta gli esiti progettuali possono essere diversi. A San Lorenzo succede. Là dove la Libera Repubblica, lo spazio pubblico che intorno al Cinema Palazzo Occupato, è riuscita a fare territorio.

Come? Intrecciando e fondendo tra loro sogni e lotte del protagonismo sociale, dei comitati, delle associazioni, dei cittadini e commercianti che resistono all’ invasione dei progetti di finanza, grandi e piccoli, che stanno planando sul quartiere. Dando vita a pratiche di resistenza agli sfratti, al taglio delle utenze. Innervando il quartiere di una capillare attività di mutualismo che è riuscita nel tempo a costruirsi come una vera e propria pratica di autogoverno. Quando gli interessi pubblici sono risultati coincidere con quelli privati, è il caso del “recupero”(sic) della ex fonderia Bastianelli, è scattata una sorta d’intelligenza collettiva capace di definire l’interesse comune.

Così molte delle “signore” del quartiere si sono trasformate in implacabili segugi urbani andando a tirar fuori le carte da dimenticati archivi: molte sono state le persone che hanno messo a disposizione prove testimoniali della vera consistenza di quell’edificio, molti hanno studiato le carte del Piano regolatore non convinti, a differenza di quanto Comune e Municipio dichiaravano, che quell’edificio non si potesse demolire accartocciandolo come un pezzo di carta.

Oggi, da una strada all’altra del quartiere ci si saluta dicendoci “c’è un giudice a via Flaminia”. Si perché il TAR (Tribunale amministrativo del Lazio) ha rifilato un altro sganassone alla giunta Marino, dicendo che quel permesso di costruire non è valido e che quindi si deve fermare il tutto. San Lorenzo ha un territorio fragilissimo, attraversato da più falde acquifere e con i lavori in corso con la demolizione della Bastianelli alcuni palazzi intorno hanno iniziato ad avere problemi statici fino ad allora sconosciuti.

Con il fermo del cantiere siamo solo all’inizio; perché, quel giudice che c’è a via Flaminia, ha detto molto di più: “L’amministrazione Comunale, avrebbe dovuto procedere ad una compiuta ed accurata disamina delle ricadute sul tessuto urbano esistente, riconnesse alla realizzazione dell’intervento, nel rispetto, tra l’altro, dell’interesse pubblico inerente il mantenimento e la conservazione dei caratteri di rilevanza storico – culturale della Città di Roma.” Una lezione d’urbanistica e non solo, per chi pensa che il costruire debba precedere l’abitare

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Ma una sentenza per quanto esemplare non basta. Quella buca anche senza essere inzeppata di case, oltre a segnare un delitto urbanistico sta li a dimostrare la necessità di non lasciare via libera all’immobiliarismo finanziario nella trasformazione urbana.