editoriale

Strange Days

Il precoce divorzio dall’effimera unione tra 5 Stelle e Lega apre scenari politici inediti. Sicuramente dentro al parlamento. Noi speriamo anche fuori

Una buona tattica senza un progetto strategico serve a poco. Ma sbagliare subito tattica può avere contraccolpi devastanti già nel breve periodo. Per esempio, partecipare al voto sulla mozione leghista contro Conte e quindi favorire elezioni autunnali anticipate, il cui esito è facilmente prevedibile, significa rovinarsi ogni prospettiva per anni e danneggiare gravemente l’Italia, perfino quella che ora sostiene Salvini e che si meriterebbe ogni sciagura, a partire dall’uscita dall’euro.

Sulla gestione tattica della crisi i pentastellati, scossi tardivamente ma nel profondo dalla spregiudicata e solo per loro inattesa mossa salviniana, hanno reagito in due modi: proponendo un accrocco vendicativo di tutti contro Salvini e scendendo in piazza e partecipando alle contestazioni dei comizi del Capitano al Sud. La seconda è una cosa buona e promettente, la prima è loffia e sospetta, ma sulla vendetta ci stiamo, anche se noi vogliamo vendicare gli occupanti sgomberati e i migranti affogati o perseguitati, non la violazione del contratto di governo.

All’invito grillino (di Grillo in primo luogo, nello sbandamento dei suoi seguaci) ha aderito con entusiasmo… Renzi, l’infame Renzi, con una svolta a 180 gradi, per salvare l’Italia dai barbari (cioè i suoi gruppi parlamentari dalla paventata decimazione zingarettiana al momento della formazione delle liste). Tuttavia questa mossa da teatro dell’arte denota discreta astuzia politica e contribuisce a stoppare la marcia di Salvini verso i “pieni poteri”. Il primo a capirlo è stato Enrico Letta, che di Renzi certo non si fida. Quindi è provvidenziale, come la peste che toglie di mezzo don Rodrigo. La vittima dell’operazione è Zingaretti e naturalmente Salvini, non migranti e occupanti di case e centri sociali. Quindi, nel breve periodo potrebbe pure starci.

 

Del resto, volere o volare, pure Zingaretti continua a invocare, in modo suicida, le elezioni subito (come un qualsiasi Di Maio) ma si copre dietro Mattarella: se Sergio decidesse… Ci siamo capiti.

 

Quante possibilità di successo ci sono? Al momento è difficile dirlo, pesano più i timori delle forze parlamentari che rischiano la scomparsa è banalmente la paura dei peones di non essere rieletti che non una forte spinta di base.

Forza Italia, che dovrebbe essere parte determinante della congiura, è in realtà più spaccata del Pd. Vi si intrecciano le manovre dei poteri forti (deep state e Commissione Ue vecchia e nuova), i sospetti geopolitici di Usa e Germania per i loschi intrighi putiniani di Salvini, le rappresaglie della magistratura, insomma elementi “popolari” quanto le pretese del defunto contratto e dell’«avvocato del popolo» Conte. La grande coalizione contro la barbarie ha i pessimi toni della famosa abolizione della povertà e della democrazia diretta della piattaforma Rousseau.

 

Ma Salvini è veramente la barbarie e sta avvelenando i pozzi, corrompendo vasti settori popolari abbandonati al nulla dalla logica neoliberista della sinistra.

 

E allora sarebbe assurdo accodarsi alle richieste di Salvini, non vedere quanto sia spaventato dagli effetti collaterali imprevisti della sua mossa azzardata, su come volatili siano i consensi di chi lo considerava già un vincitore.

E gli obiettivi strategici? Quelli cercateli in Veltroni o nei manifesti di tante volenterose formazioni alternative. Qui stiamo parlando di governi di scopo, sotterfugi per evitare l’innalzamento dell’Iva, negoziazione con le autorità europee, eliminazione di provvedimenti amministrativi soffocanti, riduzione del numero dei parlamentari: insomma, quello che Rancière chiama la police.

La politique, la vera politica sta altrove: sono le occupazioni, le battaglie ecologiche e sui beni comuni, l’operazione Mediterranea di salvataggio dei migranti. Vogliamo semplicemente che per queste cose vi siano meno ostacoli possibile. Evitiamo il peggio è poi si vedrà. Prendiamo esempio dai Gilets Jaunes, dall’Argentina e pure da Hong Kong!