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Una storia di CasaPound: per non cadere nella trappola dell'autonarrazione neofascista

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Una storia di CasaPound

Il libro di Elia Rosati “CasaPound. Fascisti del terzo millennio” è un viaggio nella storia della formazione neofascista che parte dagli anni ’70 e arriva sino a oggi. Giovedì 31 maggio 2018 al Nuovo Cinema Palazzo la presentazione del volume organizzata da DINAMOpress, con l’autore e i giornalisti Guido Caldiron e Valerio Renzi

Una storia di CasaPound: per non cadere nella trappola dell'autonarrazione neofascistaPasseggiando su via Napoleone III verso piazza dell’Esquilino, ci s’imbatte in un palazzo diverso dagli altri. Spicca per una scritta in bassorilievo e una bandiera. La scritta dice “CasaPound” e sulla bandiera c’è una tartaruga rossa con una freccia nera al centro, il simbolo dell’organizzazione neofascista. L’edificio è stato occupato nel 2003 e da allora è la sede centrale di CPI.

Accanto alla porta d’ingresso, ci sono due vetrine di negozi cinesi. Potrebbe sembrare uno scherzo per chi professa la difesa dell’industria nazionale e di una presunta “italianità”, invece è semplicemente uno dei volti del quartiere multietnico di piazza Vittorio. Tutto intorno alla sede fascista, infatti, si incrociano le vite di persone con passaporti variegati, pullulano le attività commerciali di diverse provenienze e si trova il mercato diventato simbolo dell’intreccio tra culture differenti.

A febbraio, i “fascisti del terzo millennio” si erano affacciati nel quartiere, convocando un sit-in in seguito allo stupro di una donna tedesca che viveva per strada. “Stupri, furti e violenze. Basta degrado all’Esquilino”: questo lo striscione esibito dai (pochi) militanti di CasaPound presenti. Proprio loro, mentre si presentavano come paladini dei diritti delle donne (“le nostre donne” cit.), si sono trovati di fronte tre ragazze che ne hanno rifiutato i volantini. Un affronto inconcepibile per i fascisti, che hanno provato a rimettere al loro posto quelle “ingrate”, punite con calci, pugni e sputi. Facendosi sfuggire la non troppo velata minaccia che avrebbero tirato fuori una “lama”.

Quello citato è solo solo uno degli ultimi episodi di violenza che hanno visto protagonisti i “bravi ragazzi” di CasaPound. Il fatto, comunque, aiuta a mettere in chiaro l’ipocrisia dell’organizzazione neofascista. Dichiarano di aver accettato le regole democratiche e – anche grazie a tale retorica – guadagnano visibilità e diritto di parola sui giornali e in televisione, ma poi rimangono sempre e comunque un’organizzazione violenta. Non basta mettersi la cravatta, fare i banchetti, regalare i pacchi di pasta, diventare un partito e presentarsi alle elezioni per modificare la propria natura fascista.

Ma non si può banalizzare il fenomeno fermandosi solo a questo assunto. E il lavoro di Elia Rosati, autore del libro “CasaPound Italia. Fascisti del terzo millennio” va proprio in questa direzione. La prima cosa che viene da chiedersi, tenendo tra le mani il testo è: ma a cosa serve un libro sulla storia di CasaPound? Prima di tutto a ricostruire la vicenda della formazione neofascista tramite i documenti e le fonti dirette, non tramite la narrazione (spesso abile) che gli inquilini di via Napoleone III fanno di se stessi. In secondo luogo perché s’inserisce all’interno della storia del neofascismo italiano, sottolineando continuità e rotture organizzative, culturali e ideologiche.

Il testo conduce uno studio approfondito delle origini e delle caratteristiche dell’organizzazione. Il libro inserisce la storia di CasaPound in un lungo respiro che ha inizio con la destra degli anni ’70, con la nascita della rivista “La Voce della Fogna” di Marco Tarchi, dei Campi Hobbit e della Nuova Destra. Questi tre elementi – il progetto editoriale del membro del Fronte della Gioventù, i campeggi estivi e la corrente di pensiero ispirata alla Nuovelle Droite di Alain de Benoist – sono determinanti per interpretare il progetto di CasaPound. Attratto dalle modalità di fare controcultura della sinistra e orientato a dare un’immagine del fascismo accattivante, giovane e attraente. Tutto ciò, comunque, in una forte continuità con gli schemi e gli attori della sua tradizione politica.

Il libro è diviso in quattro capitoli, ognuno dei quali affronta in modo dettagliato e puntiglioso i principali aspetti e le più importanti vicende che hanno visto protagonista CasaPound dalla sua fondazione a oggi. Ne ricostruisce parole d’ordine e genesi dell’ideologia, permettendo di comprendere e capire più a fondo che cos’è quest’organizzazione che trae ispirazione da personaggi come Corneliu Zelea Codreanu, Giovanni Gentile e Ian Stuart Donaldson, ma che allo stesso tempo organizza conferenze su Che Guevara e Karl Marx.

Si parte dal Fronte della Gioventù di missina memoria per ripercorrere le esperienze controculturali di destra nate negli anni ’70, l’arrivo in Italia della galassia naziskin (o bonehead, come sarebbe più corretto dire secondo Guido Caldiron), la musica come fonte di aggregazione giovanile. E poi ancora, l’esperienza con Fiamma Tricolore e la capacità di fagocitarne le giovanili del partito, la nascita dei centri sociali di destra, la partecipazione elettorale, il tentativo di accreditarsi in alcune proteste di piazza (come quella dei Forconi), l’alleanza con gruppi di estrema destra in tutta Europa e la fratellanza con Alba Dorata, il matrimonio con Salvini e il successivo divorzio. Fino al flop delle elezioni politiche del 2018.

Non solo: “Casapound Italia. Fascisti del terzo millennio” è anche un viaggio nell’immaginario creato dagli inquilini di via Napoleone III fatto di musica rock (gruppo espressione della tartaruga frecciata sono gli ZetaZeroAlfa di Gianluca Iannone), arte, investimento sui mezzi di comunicazione (dai social al cartaceo) e dall’entrismo nelle scuole, per fare nuovi proseliti. Ogni cosa è spiegata e documentata con dovizia di fonti, configurandosi come un lavoro di pregio e studio del fenomeno che punta a essere altro rispetto alla pura e semplice denigrazione.

Il libro ripercorre anche alcuni tra gli episodi più violenti e controversi che hanno visto protagonista CasaPound e la sua formazione giovanile, il Blocco Studentesco. Tra questi sono citati gli scontri di piazza Navona del 2008 (all’epoca BS cercava di accreditarsi nelle proteste contro la riforma Gelmini), l’aggressione a Emilio, attivista del CSA Dordoni di Cremona finito in coma a causa dei colpi in testa ricevuti e quella ad alcuni militanti del Pd a Roma, nel quartiere del Tufello.

Ciò che balza all’occhio, leggendo il libro di Elia Rosati, è l’estrema complessità del fenomeno CasaPound. Un fenomeno che non può trovare spiegazioni semplici o essere sottovalutato relegandolo a questione marginale. Sin dall’inizio della sua esistenza, CasaPound è stata in grado di attirare la base giovanile dei partiti (esempio più lampante, quello della Fiamma Tricolore), portando sempre più persone a militare tra le sue fila. È sopravvissuta, defilandosi in tempo, alla morte di alcune formazioni partitiche con le quali ha fatto politica per anni.

In un’Europa che vira sempre di più a destra, facendo del suo nemico numero uno il povero e il migrante, CasaPound continua a soffiare sul fuoco della violenza non solo con le dichiarazioni dei suoi esponenti politici, ma anche attraverso la testata giornalistica espressione dell’organizzazione, “Il Primato Nazionale”, dove frequenti sono gli attacchi alle Ong – accusate di collusione con i trafficanti libici – che salvano i migranti in mare. Un argomento, questo, che negli scorsi mesi ha tenuto banco sui giornali mainstream di tutta Italia: rivelatosi poi una fake news, continua a essere usato da CasaPound per gettare discredito e rendere oggetto d’odio chi vuole semplicemente garantire il diritto alla vita delle persone che cercano di scappare dai propri paesi d’origine.

Nel momento in cui scriviamo i dirigenti CasaPound, dopo il flop elettorale del 4 marzo, tentano di ributtarsi nella mischia nella speranza di riconquistare uno spazio mediatico e -perché no – un posto al sole nel centrodestra ormai saldamente in mano a Matteo Salvini e al suo progetto nazionalista e xenofobo. Segno che, come dice il libro, sono pronti a ricominciare.