OPINIONI

Siamo GECO

Lo spazio, la città, la ripetizione, i significati oltre ogni autore singolare

Siamo GECO, 

ed ora ci indichiamo le funzioni di quello che facciamo. 

Perbacco, taluni considerano lo spazio urbano come dato, in mano ad architetti e pianificatori, pubblicitari e videosorveglianze. Come subìto, come neutro, come intoccabile. Noi (voi) no. 

Lo spazio e lì, nostro, vostro. 

Pan en panti

Noi & Voi GECO cerchiamo l’impossibile e lo raggiungiamo. Andiamo là, facendoci chiedere: «Come cazzo ci sono arrivati?». Ecco, già questo potrebbe bastarci. Pensiamo e posiamo lo sguardo dove non arriva. Porzioni dimenticate di cielo-terra divengono spazio operativo. Appunto: 

GECO TI METTE LE ALI. 

Inoltre, abbiamo la forza e il ritmo del ritornello. Esaltiamo la ripetizione come differenza senza concetto. Non importa cosa – è lo stesso, semmai come e dove. Siamo l’aperto fuori discussione. 

GECO è riconoscersi riconoscere. 

Cosa aspetti?

Dove sei?

Estendiamo i limiti del periferico. Abbiamo un unico stile come corrente meta-stilistica. Non mischiamo le carte, sempre jolly, sempre asso. Siamo Malevich, Judd, LeWitt, Situazionisti. Siamo oltre, siamo altrove, immanenti e trascendenti al nostro e vostro sguardo.

GECO non rappresenta, ma si riversa nello spazio, lo magnetizza, crea campi antigravitazionali. GECO non sa, non si esprime, deterriorializza territorializzando. 

Oculos nostrum

Aspettandolo non te lo aspetti.  

Minuscoli e monumentali. 

Giustamente criminali per il “decoro urbano”. 

Indecorosi. 

Non dobbiamo essere creduti, non vogliamo essere creativi. Grazie a noi e a voi, mentre siamo costretti nel traffico della tangenziale, sogniamo. Grazie a vnoi, qualche briciola di stupore cvi abita. 

Possiamo fare lo stesso, sapete? 

Possiamo avere la stessa gloria senza idee. 

Azione! 

No-ciak. 

Azione! 

Ecco, siamo l’immutabile virus. 

Geometria non euclidea. 

Piramide. 

Piromani. 

L’Italia in Miniatura. 

Per troppo, troppo amore, sfidiamo il pericolo. 

Fare spazio, fare immagine non con l’immagine ma con il paesaggio-tutto. 

Non abbiamo talenti, come Ysknab, ma ritmo, visione, un desiderio talmente grande che ci rende irraggiungibili. 

La città è nostra, signore e signori. 

Non potete arrestarci. 

E sì, siamo «acrobati dell’idiozia vandalica», non vogliamo esprimere nessuna «arte», non vogliamo «riqualificare» o «rivalorizzare», non ci interessano i «messaggi» e i «significati», e non c’è «Raggi» che tenga. 

E non c’è «identità». 

GECO è la città che pulsa, 

che ci appartiene, 

che appare e scompare, 

moltiplichiamoci, 

esponenzialmente,

tappezziamo, 

letteralmente, 

la città di noi.