Sea Watch 3, grave la decisione del Tar del Lazio. Ma non è un rigetto nel merito

Sea Watch e Mediterranea Saving Humans sul provvedimento del tribunale amministrativo che non ha permesso di sbarcare con urgenza le 43 persone bloccate a largo di Lampedusa dal governo italiano

Il TAR Lazio non ha rigettato nel merito il ricorso presentato dagli avvocati del team legale di Mediterranea Saving Humans in favore di Sea Watch 3. Ciò significa che non si è pronunciato sulla legittimità del provvedimento, il primo a discendere direttamente dal Decreto sicurezza bis, che ad oggi impedisce alla nave di fare ingresso in acque territoriali italiane.

Il tribunale amministrativo si è infatti limitato a respingere la richiesta di sospendere temporaneamente gli effetti del provvedimento in questione.

Ciò appare comunque gravissimo. Il TAR ha infatti paradossalmente sostenuto che lasciare in mare 43 persone inclusi dei minorenni, più l’equipaggio della nave, per giorni e giorni, non rappresenti quelle condizioni di eccezionale gravità e urgenza che consentono di approntare misure cautelari come quella richiesta.

Lo stesso tribunale amministrativo, affermando che tutte le persone vulnerabili siano state già fatte sbarcare, non considera evidentemente come vulnerabili né i minori né i naufraghi che fuggono dalla guerra libica e dalle torture già subite in quel paese.

Rispetto ai minori, fin dai primi momenti successivi al soccorso la SW3 ha segnalato a tutti i centri di coordinamento e soccorso la presenza di minori non accompagnati a bordo; questa circostanza è stata dettagliatamente segnalata anche alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Palermo. Appare gravissimo dunque che il tar ritenga che nulla possa imputarsi alle autorità italiane in merito alla loro protezione.

Affermare, legittimamente, che il tribunale amministrativo non può entrare nel merito di questioni riguardanti i diritti soggettivi, non significa però che lo stesso tribunale, nel valutare la posizione della nave, non sia tenuto anche a considerare che essa è determinata anche dalle condizioni individuali dei singoli naufraghi e il loro effettivo status giuridico, ad esempio di potenziali richiedenti asilo.

Il TAR non accenna mai, inoltre, al diritto internazionale del mare, che impone l’obbligo di sbarcare i naufraghi soccorso nel porto sicuro più vicino e più rapidamente possibile, e al quale ogni provvedimento come quello emanato contro Sea Watch è e deve essere subordinato.

Ribadiamo quindi che non si tratta di una decisione sul merito dei provvedimenti impugnati, la cui legittimità continuiamo a contestare, così come abbiamo intenzione di usare tutti gli strumenti che il diritto ci mette a disposizione per tutelare i diritti di chi coraggiosamente fugge dalla Libia e di chi attraversa il mediterraneo e le soccorre.

È invece crudele e irresponsabile continuare oggi ad affermare che le persone soccorse vadano riportate in una zona di guerra, mentre l’ONU e il Consiglio d’Europa continuano a ricordare al governo italiano che si tratterebbe di un reato terribile.

La paradossale e assurda guerra contro l’umanità e il diritto internazionale nasconde accordi e finanziamenti a quelle che di fatto sono milizie armate e continua a testare, in mezzo al Mediterraneo, quanto l’opinione pubblica italiana ed europea sia disposta a sopportare il disprezzo della dignità delle persone, oltre che offrire ai governi un’arma di distrazione di massa che permette loro di non occuparsi dei veri problemi delle popolazioni di cui sono responsabili: il lavoro, il reddito, il welfare, l’impoverimento di paesi alla deriva.

Distruggere i diritti umani e lo stato di diritto nel Mediterraneo significa renderli fragilissimi anche in terra. Dal futuro delle nostre navi dipende il futuro delle nostre società.

Sea-Watch

Mediterranea Saving Humans