EUROPA

Scuola estiva di Euronomade – 10/13 settembre a Roma

La scuola estiva di Euronomade quest’anno si trasferisce a Roma, dal 10 al 13 settembre. La presentazione dell’incontro che si terrà presso Officine Zero, fabbrica recuperata in zona Casalbertone Tiburtina, a Roma.

Ringraziamo con particolare affetto tutte le compagne e i compagni umbri che hanno assicurato la perfetta ospitalità delle ultime edizioni: sono state occasioni determinanti nella’attività del nostro collettivo. Abbiamo però registrato che la composizione sovranazionale del nostro appuntamento è oramai predominante, e ha reso necessario semplificare il più possibile trasporti e spostamenti. Quest’anno tenteremo di allargare al massimo le possibilità di partecipazione: ci guardiamo bene dal cadere nella retorica dei momenti “cruciali” e delle scadenze “decisive”, ma è evidente che la temporalità della crisi ha conosciuto forti discontinuità e accelerazioni, e che il dibattito nei movimenti – anche al livello di analisi e di produzione di discorso sul quale si muove Euronomade – si carica di responsabilità politiche e di urgenze molto precise.

Nell’ultimo anno, Euronomade ha indicato due campi principali di intervento, strettamente connesse: lo spazio europeo come spazio di una politica delle lotte; il sindacalismo sociale come sperimentazione delle nuove modalità di lotta tra vita e lavoro, tra questione salariale e welfare, tra impresa e metropoli. Si sono confermati come assi principali dell’azione politica dei movimenti: allo stesso tempo, si sono maledettamente, ma forse produttivamente, complicati. Li riproponiamo al centro della riflessione di quest’anno: scegliendo ancora più decisamente come centrale la domanda sul come costruire potere nella crisi. Davanti al diktat del comando finanziario europeo, come si è manifestato contro il tentativo del governo di Syriza di mettere in discussione la logica dell’austerity, ci interessa molto poco fare i cantori dell’impossibilità di agire, rifugiarci nella mistica della “fine dell’Europa”, della politica, della democrazia, e di non si sa quali altre lunghe, stucchevoli meditazioni sulla fine.

L’impossibilità per un governo nazionale di rovesciare il comando finanziario non ci impressiona di certo: era nel conto, semmai non era nel conto la determinazione di una parte della governance europea a rompere definitivamente persino con il progetto di integrazione funzionalista che essa stessa aveva creato e sostenuto, pur di disciplinare una volta per tutte i tentativi di trasformazione. Tantomeno ci riguardano le eterne tentazioni sovraniste e nazionaliste, i “fronti di liberazione nazionale” che appassionano ciclicamente sedicenti “sinistre”, mai di classe e sempre di Stato. Ci interessa invece provare a misurare le discontinuità, le frizioni, le contraddizioni che si aprono ora che, per dirla con l’espressione usata da J. Habermas, l’Europa appare come “un postdemocratico federalismo degli esecutivi”; sondare le occasioni di proseguire la lotta in questo quadro, a partire dalla ripresa e dalla generalizzazione a livello europeo di quella straordinaria connessione tra questione democratica e lotta al debito che ha fatto irruzione con l’OXI greco.

Cosa significa per una politica delle lotte lo sganciamento tra potere e governo, tra governo e comando, che la vicenda greca ha portato alla luce con tanta evidenza, e, insieme, il ripresentarsi con forza della mobilitazione sociale contro il debito e il ricatto ? Come si configura ora una strategia di lotta nei paesi mediterranei, che già in autunno potrebbero incontrare nuovamente un turno elettorale fondamentale e simultaneo in Spagna e Grecia, e come può connettersi con la costruzione di lotte costituenti in tutto lo spazio europeo? Come tradurre politicamente la trasformazione radicale di questo stesso spazio europeo, sfidato in modo sempre più tragico ma intrattenibile dalla forza dei migranti? All’organizzazione della rottura costituente in Europa, alle possibilità e ai punti di difficoltà delle sfide politiche delle nuove formazioni, alla costruzione di campagne, coalizioni e mobilitazioni sociali per proseguire la lotta, dedicheremo l’apertura del nostro incontro, iniziando con un dialogo con Juan Carlos Monedero, figura di primissimo piano nelle lotte spagnole e nella costruzione di Podemos.

Pensare la rottura significa anche aggiornare l’analisi sulla crisi, sul suo distendersi sul lungo periodo, sulla trasformazione delle strategie dei vari attori in campo: a cominciare dalle ambivalenze dell’azione della BCE, sempre più pilastro della costituzione materiale europea, e, insieme, motore di una possibile fase espansiva dell’austerità attraverso il quantitative easing e al tempo stesso feroce esecutrice del ricatto contro i ribelli. Significa ricominciare a pensare radicalmente la moneta, non per perdersi dentro la disfida tra difesa dell’euro e nostalgia per le svalutabili monete nazionali, ma per cominciare a lottare per conquistare un nuovo rapporto tra misura monetaria e produzione sociale.

Intanto, proseguono gli esperimenti di nuova sindacalizzazione dei non sindacalizzabili, di nuovi dispostivi di sindacato sociale che intersecano le eterogenee forme dello sfruttamento, e smentiscono l’idea, propagandata a tutta forza dai custodi del neoliberalismo ma non senza seguaci all’”estrema sinistra”, di una società oramai completamente sussunta da un capitale immaginato come una sorta di un Moloch onnipotente. Noi lavoriamo da tempo sull’ipotesi, invece, della possibilità di diffondere e moltiplicare le nuove forme di organizzazione del comune: proviamo a chiederci cosa significa sfidare la nuova fase dell’austerity con una nuova politica della produzione sociale, con la politicizzazione delle vite attraverso il sindacalismo sociale, con la moltiplicazione delle coalizioni e la connessione delle lotte sul salario, sul reddito, sui servizi, sull’ambiente. Proviamo a proseguire l’interrogazione sul senso oggi del fare vertenza e contrattazione, sul rapporto tra coalizioni sociali e reinvenzione dell’azione politica, sulla socializzazione di dispostivi efficaci di sabotaggio dell’accumulazione finanziaria: a partire dalla reinvenzione e dall’allargamento sociale dello sciopero.

Dedicheremo infine un ampio spazio al tema della comunicazione. La comunicazione incrocia infatti in modo non separabile la valorizzazione delle capacità produttive della cooperazione sociale con il problema delle nuove forme di organizzazione politica e della costruzione di potere nella crisi. Ripensare la rete come luogo di estrazione di valore, ma ancora: ripensare strategicamente modalità e linguaggi della comunicazione politica, riattraversare strategie della decodificazione e della produzione di immagini. E reinventare una politica contemporanea dell’immagine televisiva, agibile dai movimenti: l’esperienza di Podemos ne ha evidenziato tutta l’importanza. La scommessa qui è uscire dall’incontro di Roma con passi avanti sia nell’analisi teorica, sia nella costruzione organizzativa e nella produzione di nuovi strumenti.

Come vedete, è un programma ambizioso. Noi speriamo che l’intelligenza di compagne e compagni ne faccia un programma di lavoro non solo per i quattro giorni di incontro, ma di ricerca per tutto il nostro collettivo: per proseguire ad organizzare rottura, produrre potere e costruire comune.