OPINIONI

Sanzioni ad Albanese: un attacco al diritto internazionale
Le sanzioni a Francesca Albanese da parte degli USA, dopo quelle alla Corte penale internazionale, sono un vero e proprio attacco dispiegato al sistema del diritto internazionale che denuncia i crimini di Israele
Nel mondo al contrario nel quale viviamo, gli Stati Uniti, mentre accolgono in pompa magna il premier israeliano Netanyahu, destinatario di un mandato di arresto emesso dalla Corte penale internazionale, accusano Francesca Albanese, Relatrice speciale per i territori palestinesi delle Nazioni Unite, di portare avanti «una campagna politica ed economica contro gli Stati Uniti e Israele». Il Segretario di Stato Marco Rubio ha infatti annunciato il 10 luglio sanzioni contro gli «illegittimi e vergognosi sforzi di Albanese per fare pressione sulla Corte penale internazionale affinché agisca contro funzionari, aziende e leader statunitensi e israeliani».
Al centro dell’attacco è chiaramente l’ultimo rapporto della Relatrice Onu, pubblicato il 30 giugno, che denuncia il legame del settore privato con il genocidio.
Come leggiamo nel sommario: «Mentre i leader politici e i governi si sottraggono ai loro obblighi, molte aziende hanno tratto profitto dall’economia israeliana di occupazione illegale, apartheid e ora genocidio. La complicità esposta dal rapporto è solo la punta dell’iceberg; non sarà possibile porvi fine senza ritenere il settore privato responsabile, compresi i suoi dirigenti (…). Questo è un passo necessario per porre fine al genocidio e smantellare il sistema globale che lo ha permesso». Ma è tutto il suo lavoro ad essere denigrato. Il suo mandato è iniziato nel 2022, e da allora, convenzioni internazionali alla mano, denuncia le violazioni dei diritti umani del popolo palestinese a opera di Israele e dei suoi complici.
La Relatrice speciale è un’esperta indipendente con il compito di monitorare i diritti umani nei territori palestinesi, i suoi rapporti non hanno potere sanzionatorio ma possono aumentare la pressione internazionale e informano il lavoro della Corte penale internazionale. Israele aveva già cominciato una campagna per screditare Albanese. Oggi, infatti, se si cerca il suo nome su Google si troverà una pagina sponsorizzata dell’Israel National Digital Agency dove si legge che «Le sue dichiarazioni pubbliche sono state caratterizzate dalla distorsione dell’Olocausto, dalla negazione del diritto all’esistenza di Israele e da una retorica che minimizza o giustifica la violenza terroristica – un linguaggio fondamentalmente in contrasto con i principi della legge internazionale sui diritti umani».
Come scrive Elisabetta Rosso su FanPage: «La pagina sponsorizzata fa parte di una campagna controversa del governo israeliano. Da mesi la Israeli Government Advertising Agency – agenzia che opera come gruppo di comunicazione per il governo di Benjamin Netanyahu – sta cercando di manipolare la narrazione con strumenti propri della comunicazione commerciale». Come il video costruito con l’intelligenza artificiale sugli aiuti umanitari distribuiti a Gaza e la campagna contro l’UNRWA.
Craig Mokhiber su Mondoweiss spiega che «L’ordine di sanzioni e le dichiarazioni che le accompagnano costituiscono una violazione diretta della Carta delle Nazioni Unite, della Convenzione sui privilegi e le immunità delle Nazioni Unite e dell’Accordo sulla sede delle Nazioni Unite (Accordo sul Paese ospitante)». E, continua Mokhiber, può essere considerata una violazione degli USA della Convenzione sul genocidio delle Nazioni Unite, in base alla quale Israele è attualmente sotto processo presso la Corte penale internazionale.
Le sanzioni sono un vero e proprio attacco al sistema del diritto internazionale e delle Nazioni Unite, di cui la Relatrice è parte insieme alla Corte penale internazionale, già sanzionata dagli USA lo scorso febbraio, e alla Corte internazionale di giustizia, tacciata di antisemitismo all’indomani del pronunciamento in cui giudica «plausibile» il genocidio perpetrato da Israele. Si screditano gli organi che si sono fatti portavoce delle più forti denunce contro il genocidio, crimini di guerra e contro l’umanità commessi da Israele. L’obiettivo finale del governo Trump, e del suo alleato Netanyahu, è far crollare l’intera impalcatura del diritto internazionale liberale e lasciare mano libera alla legge del più forte nello scacchiere internazionale.
Sono i governi reazionari occidentali, quindi, a essere i primi nemici del sistema dei diritti umani e della pace.
Il portavoce delle Nazioni Unite Stéphane Dujarric ha dichiarato che «l’uso di sanzioni unilaterali contro i relatori speciali o qualsiasi altro esperto o funzionario delle Nazioni Unite è inaccettabile», così come l’Unione Europea tramite la portavoce della Commissione per gli Affari esteri El Anouni.
Ancora nessuna voce, invece, da parte del governo italiano, che da una parte aderisce alla delegittimazione della Corte penale internazionale, aiutando la fuga del torturatore Al-Masri, dall’altra rimane in silenzio di fronte all’annuncio delle sanzioni statunitensi a Francesca Albanese. Un silenzio imbarazzante che coinvolge anche il capo dello Stato Sergio Mattarella, ma che non stupisce dato il suo legame storico con Israele. Nel 2005 fu proprio Mattarella il relatore in commissione del Memorandum di intesa con Israele in materia di cooperazione nel settore militare e della difesa. Evidentemente, le istituzioni di questo Paese non considerano Francesca Albanese “un’eccellenza italiana” da sostenere così come non riconoscono il diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione.
Al contrario sono centinai le dichiarazioni di solidarietà da parte della società civile in tutto il mondo alle quali ci uniamo: sostenere il lavoro della Relatrice speciale Francesca Albanese è imprescindibile. Non solo per difendere il coraggio di una giurista di spessore internazionale che già da prima del 7 ottobre 2023 denuncia le violazioni dei diritti umani ai danni del popolo palestinese ad opera di Israele, ma anche per difendere una prospettiva di sistema internazionale multilaterale che sia spazio per le voci dei popoli oppressi e colonizzati.
Immagine di copertina da Wikicommons
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