ROMA

Sabato 31 maggio in piazza contro il Dl Sicurezza e per la democrazia
L’appuntamento lanciato dalla rete “A pieno regime” chiama a raccolta tutte e tutti sabato 31 maggio a piazza Vittorio, a Roma alle 14.00. Una manifestazione fondamentale per lanciare un messaggio a Giorgia Meloni e al suo governo: in Italia non si abbassa la testa di fronte al fascismo
Partirà alle 14.00 da piazza Vittorio, a Roma, la manifestazione indetta per sabato 31 maggio dalla rete “A pieno regime – No Ddl Sicurezza”. La mobilitazione è stata chiamata per protestare contro le politiche autoritarie e liberticide del governo Meloni e in particolare per tentare di bloccare l’iter parlamentare che sta portando all’approvazione del decreto legge 48/2025, anche detto Dl Sicurezza, che introduce 14 reati e 9 aggravanti nuovi al codice penale, soprattutto in materie relative alla protesta e al disagio sociali.
L’obiettivo del comitato organizzatore è di raggiungere le 100mila partecipazioni al corteo, moltiplicando per due i numeri della manifestazione del 14 dicembre, che ha dato vita al percorso. Un traguardo ambizioso ma concreto, considerando che sono in arrivo centinaia di pullman da tutta Italia e sono già previsti tre treni che porteranno le e i manifestanti a Roma. Cruciale la mobilitazione di romane e romani.
Il percorso che ha portato alla costruzione di questo corteo ha toccato alcuni momenti topici nelle scorse settimane, in particolare lunedì 26 maggio. Per l’occasione, la rete “A pieno regime” aveva convocato un presidio a piazza Barberini, non lontano da palazzo Chigi, nel centro di Roma. La manifestazione, che contava alcune centinaia di persone, ha tentato di raggiungere la Camera dei deputati, dove in quei momenti era in discussione l’approvazione del decreto.
In risposta, i reparti della celere hanno caricato con violenza la testa del corteo, malmenando tra gli altri Luca Blasi, promotore della campagna e assessore alla cultura del Municipio III di Roma.
La manifestazione di sabato sarà il punto di ricaduta del percorso della “Rete a pieno regime”, che ha subìto un’accelerazione dopo che il Disegno di legge 1660/2025, il cosiddetto “Ddl Sicurezza”, è stato trasformato dal governo l’11 aprile nel Decreto legge 48/2025. Una modifica di procedura non solo formale, visto che il processo di approvazione si è così velocizzato, superando i ritardi dovuti ai lavori parlamentari e all’ostruzionismo delle opposizioni, ma anche politica, perché ha voluto evidenziare la necessità dell’esecutivo nel portare a casa provvedimenti liberticidi, amati dalla sua base elettorale in modo trasversale ai partiti di maggioranza.
Dopo aver incassato giovedì l’approvazione alla Camera, con 163 voti a favore e 91 contrari, la procedura di conversione del decreto legge passa ora al Senato, dove la sua adozione dovrebbe avvenire in fretta, ben prima della data limite del 12 giugno dopo la quale l’atto risulterebbe nullo.
La norma è a tutti gli effetti uno dei provvedimenti più controversi, tra tanti preoccupanti, che ha approvato il governo Meloni dalla sua salita al potere due anni fa. I nuovi reati introdotti sono volti infatti soprattutto a criminalizzare il dissenso e a lasciare ancor più mano libera alle forze dell’ordine nella possibilità di perpetuare abusi e violenze.
Se a fare più scalpore sono infatti gli articoli sulla criminalizzazione del blocco stradale, sul divieto di protestare contro opere pubbliche (pensati per punire le manifestazioni contro la Tav in Val di Susa e contro il ponte sullo Stretto di Messina) e sul reato di occupazione di immobili, non sono meno preoccupanti le parti che rafforzano la tutela delle forze dell’ordine. Viene infatti previsto l’aumento delle pene a chi viene condannato per reati contro pubblico ufficiale (lesioni, violenza e resistenza, anche passiva), e lo Stato si fa anche garante, fino a 10mila euro, delle spese che deve affrontare un agente coinvolto in un procedimento penale relativo al servizio.
Ovviamente nel mirino dell’esecutivo ci sono anche le persone private della libertà, sia in carcere che nei Centri di permanenza e rimpatrio (Cpr) che, se sorprese a ribellarsi per protestare contro le condizioni disumane in cui sono costrette a sopravvivere, rischiano da 1 a 5 anni di carcere.
La beffa è che se durante una rivolta avvengono dei decessi o delle lesioni gravi (quindi anche a persone recluse), la colpa è di chi si è ribellato, a prescindere se ci fosse la volontà o meno di far male a qualcuno. Lo Stato scarica sulla popolazione carceraria le conseguenze di una qualsiasi forma di protesta, anche passiva. In altre parole: “Se vi meniamo o vi ammazziamo, è colpa vostra, potevate stare zitti”.
Non da ultima la fito-guerra del governo, determinato a eradicare dall’Italia la cannabis light, senza il principio attivo del THC. Di questo tema, soprattutto per quanto riguarda l’effetto economico di questo provvedimento, abbiamo già parlato in questo articolo.
Dopo il concentramento a piazza Vittorio, il percorso del corteo prevede di percorrere via Merulana fino all’incrocio con via Labicana, per poi raggiungere il Colosseo. Da lì il tragitto della manifestazione gira verso via Claudia, per andare avanti verso Porta Metronia e poi a destra su via Druso, fino piazzale Numa Pompilio. L’itinerario continua su via Antoniniana, viale Guido Baccelli e infine su viale Giotto fino a piazzale Ostiense, dove termina la manifestazione.

Il percorso del corteo di sabato 31 maggio. La freccia indica il punto d’incontro organizzato dal Disability Pride network. Fonte: @rete_nodlsicurezza
Per informazioni visita l’account Instragram della campagna e se cerchi un passaggio scrivi ai contatti messi a disposizione dalla rete organizzatrice. Prima del corteo è previsto un appuntamento, organizzato da Disability pride network, per garantire l’accesso alla manifestazione alle persone con disabilità .
Immagine di copertina di Beatrice Scotacci
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