DIRITTI
Ruggero Freddi e la “verità” che non dicono i giornali

Lo scandalo sarebbe un dottorando-codocente con un passato da pornodivo? No, lo scandalo vero è la precarietà negli atenei.
L’attacco del “giornale” Verità, diretto dalla “punta di diamante” del giornalismo italiano Maurizio Belpietro, contro Ruggero Freddi, dottorando di Ingegneria all’Università La Sapienza di Roma, con un passato da porno attore, è indegno e vergognoso.
Purtroppo, però, non ci sorprende. Così come non ci stupisce (nonostante sia ignobile, sia chiaro!) neanche la palese omofobia del suddetto “giornale” nel rimarcare che non solo il dott. Freddi ha svolto il mestiere di attore in film pornografici, ma che in questi ultimi fossero presenti scene omosessuali che vedevano Freddi protagonista.
La notizia è poi rimbalzata sulle testate più importanti, mobilitando diversi giornalisti (in diversi sono andati anche a filmare una sua lezione). Viene quasi il sospetto che da parte di alcuni, implicitamente, si voglia suggerire l’inadeguatezza di Freddi nel svolgere il suo ruolo di docente universitario, mettendo in cattiva luce, in questo caso, La Sapienza. Purtroppo non ci sorprenderebbe più di tanto se questa vicenda avesse strascichi dal punto di vista della carriera accademica di Ruggero Freddi.
La vergogna dell’Università italiana non è infatti soltanto costituita dagli episodi di corruzione nei concorsi pubblici che, ogni tanto, irrompono nel dibattito pubblico quando gli addetti ai lavori la “fanno troppo sporca”. L’indecenza dell’Università è data soprattutto dalla prolungata condizione di precarietà dei ricercatori all’interno dei dipartimenti, dalla negazione del diritto allo studio e dalle procedure di valutazione basate su una concezione produttivistica della scienza.
Eh sì… perché in questa vicenda ciò che viene opportunamente omesso, sono le dinamiche e l’esercizio del potere all’interno dell’accademia che hanno come risultato molteplici forme di ricatto nei confronti dei precari e altrettante modalità di lavoro gratuito. Infatti, Freddi viene definito “docente” o “codocente”, ma in realtà è un dottorando che, come tanti altri, fa lezione senza essere retribuito dall’università. Una condizione molto diffusa fra i dottorandi e ricercatori precari, i quali, essendo le pedine più ricattabili del sistema, si trovano a dover svolgere tutti i compiti che vengono loro richiesti, magari dietro l’ennesima promessa di un ulteriore contratto (precario) al termine di quello attualmente in vigore (se va bene).
Si tratta di rapporti di potere totalmente sbilanciati all’interno degli atenei, che contribuiscono a produrre dinamiche di inferiorizzazione, dipendenza e umiliazione (oltre che di bieco sfruttamento). Ma questo non fa notizia. Del resto, è noto come ai giornalisti interessi meno la precarietà nel mondo dell’università, che le storie condite di sesso e porno.
Comunque, la nota migliore di tutta questa storia l’ha regalata il protagonista, che in un’intervista a Repubblica ha raccontato candidamente e con il sorriso sulle labbra tutta la sua storia, rivendicandosi a testa alta ogni scelta compiuta. Aver preferito lavorare nel porno invece che all’università, «per guadagnare di più e avere una vita più divertente». Aver deciso di cambiare vita, di fronte ai problemi psicologici causati a moltissimi amici e colleghi dalla crisi del settore. Aver usato i soldi messi da parte per tornare a studiare e provare a insegnare. Fino alla frase in cui afferma di voler organizzare un incontro con gli studenti e le studentesse dell’impatto dell’HIV sulla comunità LGBTQ, tematiche che molto spesso non trovano il giusto spazio all’interno del contesto universitario. Siamo sicuri che Freddi ha molte cose da insegnare ai suoi studenti, anche oltre le lezioni di ingegneria. Per questo, gli facciamo un grande in bocca al lupo per una carriera libera da pregiudizi e precarietà