OPINIONI

In ricordo di Cini Boeri. Scompare una figura importante nella cultura architettonica del ‘900

Il nove settembre è deceduta Maria Cristina Mariani Dameno, nota come Cini Boeri, una protagonista del design italiano del secolo scorso. Apparteneva a una generazione impegnata nella costante ricerca del bello e nel miglioramento della qualità della vita sociale

La cerimonia per la XVI edizione de “Il compasso d’oro”, l’equivalente di un premio Oscar per i designers, si è svolta il 9 settembre. Lo stesso giorno si è spenta a Milano Cini Boeri, designer e architetta che quel prestigioso premio aveva vinto nel 1979 per il divano Strips, disegnato nel 1968 per Arflex.

Cini Boeri si era laureata al Politecnico di Milano nel 1951, quando furono solo tre le donne che arrivarono a concludere gli studi. «Il lavoro dell’architetto è un lavoro duro, non femminile. Non mi pare che lei sia adatta. Ci ripensi». Avevano tentato di dissuaderla così quando nel 1943 aveva deciso di iscriversi al Politecnico, ma lei tenace era andata avanti. Poi la sospensione della guerra e della resistenza, alla quale aveva partecipato come staffetta partigiana. Due anni dopo, nel 1953, nello stesso ateneo si laureava Gae Aulenti. Entrambe hanno avuto un ruolo di primo piano nell’architettura e nel design del ‘900. In quegli anni erano solo nove le iscritte alla facoltà di architettura.

Dopo una lunga collaborazione con Marco Zanuso, nel 1963 Cini Boeri inizia la propria attività professionale, occupandosi di architettura civile e disegno industriale.

 

Ha progettato in Italia e all’estero case unifamiliari, appartamenti, allestimenti museali, uffici, negozi, con particolare attenzione allo studio della funzionalità dello spazio.

 

Nei primi anni ’80 ha insegnato nella facoltà di Architettura del Politecnico di Milano.

Cini Boeri (fonte: commons.wikimedia)

Fra i tanti progetti e realizzazioni restano iconici il divano Serpentone, una seduta infinita e flessibile da tagliarsi e vendersi a metri, il nuovo che scardina ogni tradizione. E poi la serie Strips del 1971 la cui ispirazione le arrivò dalle opere di Christo: «Aveva iniziato a impacchettare monumenti. Io un giorno provai a impacchettare un divano creando una specie di sacco a pelo trasformato in letto». O ancora la poltrona Ghost del 1987 realizzata interamente in vetro curvato, «una risposta ironica alla continua richiesta di nuove sedute. Più che come seduta ha avuto successo come oggetto d’arte».

Il design diventava poi complice del mondo dei prodotti di lusso, abbandonando il significato per cui era nato: migliorare la qualità della vita, attraverso oggetti progettati per soddisfare una funzione tenendo conto di fattori di ordine razionale e formale.

Scompare con Cini Boeri una figura importante nella cultura architettonica del ‘900.

 

Una generazione, la sua, impegnata nella costante ricerca del bello, attraverso lo studio della realtà urbana, i principi insediativi, la qualità della vita sociale.

 

Un insegnamento importante a cui tornare a guardare oggi, quando i confini disciplinari tra architettura e comunicazione, arte e moda si intrecciano, quando gli architetti si confondono tra gli artisti, le star e i manager, riducendo l’architettura a showbusiness e atto estetico lontano dal presente.

 

In copertina: Palazzo dei Diamanti, Ferrara, un progetto di Cini Boeri in collaborazione con Marco Zanuso (immagine proveniente dal Fondo Paolo Monti ottenuta da commons.wikimedia)