Reddito minimo nel Lazio: un’occasione contro la crisi

Nel Lazio esiste una legge avanzata sul reddito scritta dai movimenti: ora va finanziata.

La crisi economica picchia duro, tagli al welfare e licenziamenti, con una disoccupazione giovanile ormai al 40 per cento. L’Italia, insieme a Grecia e Ungheria, è l’unico paese dell’Unione europea che non prevede alcun sostegno al reddito per disoccupati e inoccupati. Da circa vent’anni i movimenti dei precari e degli studenti, a partire dall’esperienza delle MayDay, hanno posto la questione di una nuova forma di welfare universale, in grado di tutelare il lavoro dai processi di precarizzazione e svalorizzazione. La questione è tornata alla ribalta dopo il successo elettorale del M5S, che ha messo al primo punto la proposta di un “reddito di cittadinanza” come prima misura anticrisi. I dettagli della proposta non sono ancora chiari, dalle parole di Grillo emergono alcune ambiguità soprattutto sul carattere universale della misura e sulle fonti di finanziamento. Tra i tanti proclami, il comico genovese ha proposto anche uno scambio (truffaldino) tra introduzione del reddito sociale e cancellazione delle pensioni del pubblico impiego.

Se a livello nazionale il dibattito politico si intensifica, nelle pieghe delle esperienze amministrative locali troviamo un modello legislativo, sulla carta, tra i più avanzati d’Europa. Parliamo della legge per il reddito minimo garantito, approvata dalla Regione Lazio nel marzo del 2009, durante la giunta Marrazzo. Una legge nata da un lungo iter partecipativo, costruito attorno a un tavolo programmatico strappato da movimenti, reti precarie e sindacati di base nella primavera del 2006. Parallelamente, a livello di giunta, fu istituito un tavolo di lavoro aperto alle rappresentaze sociali e sindacali facenti parte dei tavoli di concertazione. Una legge formalmente in vigore, che però ha subito il totale definanziamento della giunta Polverini.

La legge, destinata a disoccupati, inoccupati e precari, prevede un intervento economico di 7000 euro annui, circa 580 euro mensili, più un pacchetto di servizi relativo al reddito “indiretto”: mobilità, formazione, affitto. Ne possono fare richiesta tutti coloro, residenti da due anni nella Regione, denunciano un reddito annuo al di sotto della soglia di 8000 euro. Il provvedimento prevede l’erogazione massima del beneficio per inoccupati e disoccupati, e un’integrazione al reddito per chi percepisce un reddito sotto la soglia indicata. Ovviamente, per evitare di ridurre l’intervento a una compensazione della povertà salariale, l’integrazione prevista, in forma diretta e indiretta, tende a oltrepassare la soglia degli 8 mila euro.

La legge ha preso come riferimento diversi modelli europei di sostegno al reddito, costruendo un mix tra politiche passive e politiche attive, cercando però di non condizionare, oltre una certa misura, i beneficiari alla prestazione lavorativa. A questo scopo, la legge prevede il criterio della congruità dell’offerta professionale: si può rifiutare un’offerta di lavoro, senza perdere il beneficio, se la prestazione non risulta congrua con la qualifica, le competenze precedentemente acquisite e con il salario ricevuto. Una forma di welfare, dunque, che si presenta come strumento di difesa e di autonomia contro la svalorizzazione del mercato del lavoro, contro il ricatto di lavori dequalificati con salari da fame. Altro elemento essenziale, il beneficio è destinato alla persona e non alla famiglia, tramite l’istituzione di un diritto singolare, individuale, a differenza di altre esperienze legislative regionali (come quella campana) che individuano nel reddito familiare il criterio di accesso al beneficio. Il vero problema, fin dall’inizio, è stato lo scarso finanziamento da parte della Regione, soltanto 30 milioni di euro per i primi due anni, con una fase sperimentale ristretta a una platea e a uno specifico target generazionale: circa 6000 persone, tra i 30 e 44 anni.

Dopo la tragica esperienza della giunta Polverini, fatta di tagli alla spesa sociale, lobby e corruzione, si riapre la possibilità di una nuova stagione di diritti in una regione segnata da una gravissima crisi economica e sociale. La nuova gunta di centrosinistra, guidata da Zingaretti e dal suo vice Smeriglio, ha messo al centro della campagna elettorale il rilancio di una misura universale di sostegno al reddito. Parole simili sono state espresse dal portavoce del M5S alla Pisana, Davide Barillari. Movimenti e comitati di precari non si fidano degli annunci elettorali e hanno deciso di riprendere l’iniziativa. Obiettivo, spingere l’amministrazione a finanziare in modo strategico la legge per il reddito minimo garantito.