EUROPA

¡Que vivan las corralas!

La lotta delle corralas andaluse, ormai divenute simboli della lotta per la casa già dal 2012, contro le banche, gli sgomberi e le contraddizioni della sinistra.

Vecchi edifici madrileni caratterizzati da un patio comune, in cui si realizzava molta della vita pubblica della comunità, le corralas sono diventate in Andalusia un simbolo di lotta per la casa da quando nel 2012 molte occupazioni hanno deciso di riprendere questo nome e il senso di condivisione che trasmette.

La prima fu la ormai nota Corrala Utopía di Siviglia nel quartiere popolare di Macarena, occupata nel maggio del 2012, a 4 anni dall’inizio della crisi che ha messo in ginocchio la Spagna, da 36 famiglie rimaste per strada dopo aver visto le proprie case divorate dalle ipoteche. L’occupazione dello stabile, di proprietà della banca IberCaja e vuoto da tre anni, ha dato il via a quello che ora è conosciuto come il movimento delle corralas, che si è diffuso a macchia d’olio in altre città come Malaga e Granada restituendo un tetto a centinaia di famiglie, in una regione in cui il peso della crisi si è sentito particolarmente provocando un numero di suicidi tale da far approvare nel settembre dello scorso anno la legge sulla funzione sociale delle abitazioni (Ley de Función Social de la Vivienda), che prevede l’espropriazione temporanea delle case alle banche che le reclamano ai clienti che non riescono a pagare il mutuo. Scopo della legge è di evitare la tragicamente celebre sangría social: solo in Andalusia si contano infatti 45 sfratti giornalieri, a fronte di 850.000 case vuote, di cui più della metà risultano essere di proprietà di persone giuridiche, in particolare istituti finanziari.

Nemmeno il peso di questi numeri è tuttavia riuscito a controbilanciare quello dell’arroganza liberista: all’alba del 6 aprile infatti una ventina di blindati della Guardia civil sgomberano l’edificio per ordine della delegazione del governo centrale (diretto dal Partito popolare), proprio in quei giorni in cui si era riuscito a costruire un tavolo con la giunta andalusa (socialista) e IberCaja, con la mediazione del defensor del pueblo (istituzione giuridica per la tutela dei diritti del cittadino), dopo le continue richieste da parte della corrala di un affitto sociale accessibile alle proprie possibilità.

Lo stesso giorno dello sgombero la Consejeria de Fomento y Vivienda (Izquierda unida) decide di risistemare temporaneamente, in vista di soluzione definitiva, le famiglie sfrattate in abitazioni di proprietà della giunta stessa, creando la più grande crisi di governo andaluso dai tempi della Transizione. L’esecutivo andalù infatti, l’unico a non essere mai in mano al PP insieme alle due autonomie storiche e alla regione delle Asturie, si basa sulla coalizione tra Izquierda unida e il Psoe che detiene la presidenza. È quest’ultima che dopo il realojo ha deciso di ritirare la competenza della Consejeria de Vivienda all’assegnazione di case, portando Iu a interrompere provvisoriamente il patto di governo fino a quando non avesse riottenuto i poteri iniziali (nemmeno 24 ore dopo). La giustificazione di questa decisione ci arriva direttamente tra una processione e l’altra della Semana Santa di Siviglia: «bisogna ascoltare chi più necessita, non chi più grida», utilizzando questa situazione opportunisticamente per far facile e falsa propaganda creando una sorta di guerra tra poveri.

Oltretutto, al contrario di quanto affermato, la risistemazione delle famiglie sfrattate ha semplicemente obbedito a un mandato giudiziario precedente, alle raccomandazioni del defensor del pueblo e alla dichiarazione del Tribunale Europeo dei Diritti Umani che raccomandava al governo spagnolo, alla giunta andalusa e al comune di Siviglia di trovare una soluzione valida e buona per tutti, smascherando quindi il legame delle politiche della troika tanto con il governo centrale e con il sindaco di Siviglia (PP), quanto con la presidente della Giunta (Psoe), accettando la configurazione di un Europa ultraliberista che condanna al pagamento di un debito che non ci appartiene e al taglio del Welfare. Due partiti che d’altronde non ci hanno messo molto a inserire il pareggio in bilancio in Costituzione (art. 135) dandoci poi il buon esempio.

La cosa che più colpisce è però l’idea che traspare dall’affermazione della Presidente della Giunta: che non si debba ascoltare chi si mobilita per i suoi diritti, quando è democraticamente legittimo che i cittadini non confidino esclusivamente in rimedi istituzionali per garantire il diritto costituzionale a una casa dignitosa, a maggior ragione quando questi rimedi non funzionano. È logico e giusto quindi che le persone si autorganizzino, come attraverso la plataforma de afectados por la hipoteca (Pah), per esercitare pressioni di vario tipo; e negare la legittimità di questi comportamenti equivale a negare la storia dei movimenti sociali.

Questi a volte vincono, in questo caso dopo una battaglia di due anni sin luz, sin agua y sin miedo. Quello della Corrala Utopía non solo è stato un esempio costante di lotta che ha attirato l’ammirazione di molti movimenti sociali spagnoli e non, ma ha anche contagiato molte persone che si sono autorganizzate per emulare questa esperienza.

Le richieste del movimento sono chiare:

• Ritiro dei processi giudiziali aperti contro gli abitanti della corrala e contro tutti quelli colpiti da processi di sgombero iniziati da IberCaja.

• Pagamento alla giunta andalusa dei costi della risistemazione delle famiglie sgomberate, con il quale costruire nuove case popolari.

• Blocco di tutti gli sfratti iniziati dal gruppo IberCaja e inizio di negoziati per affitti sociali.

Aquí estamos, y aquí seguimos. ¡Que vivan las corralas!