ROMA

A processo gli occupanti del Palazzo per contrasto al gioco d’azzardo

Un quartiere si è opposto alla speculazione del gioco d’azzardo, oggi in dodici sono sotto processo. Si parla tanto e retoricamente di degrado e poi si colpisce un’occupazione che lo contrasta effettivamente salvando un quartiere popolare

È iniziato il 24 gennaio scorso il processo penale contro dodici persone accusate di invasione ai fini di occupazione del Nuovo Cinema Palazzo a Roma, per impedire l’imminente apertura di un casinò. La società che progettava il casinò, Camene spa, chiede un risarcimento danni di tre milioni di euro. Quanto il numero di persone che in Italia, per frequenza di gioco e importo di denaro speso, possono essere considerate a rischio di dipendenza da gioco d’azzardo.

Quando la mattina del 15 aprile 2011 un gruppo di attivisti, abitanti e studenti di San Lorenzo entrò nell’ex Cinema Palazzo trovò due operai che rivestivano l’interno dello spazio con pannelli di cartongesso color crema. Il vecchio teatro di inizio Novecento, chiuso da anni, era quasi pronto per la riapertura. Sarebbe diventato un grande casinò.

Un teatro, poi un cinema, infine una sala biliardo, il Cinema Palazzo era chiuso da tempo quando nel 2011 la Camene spa stipulò un contratto di affitto con la proprietà per 18mila euro al mese. Un sito online illustrava il progetto con un rendering virtuale, dove erano ben visibili circa 50 slot-machine disseminate tra divanetti e tavoli da bar che avrebbero riempito i due piani dell’ex teatro.

Un progetto costoso, eppure, notarono gli attivisti, il bilancio della Camene chiudeva a soli 365mila euro. Le quote societarie erano detenute da altre cinque società tra cui la Stube, la società che gestiva i soldi di Diego Anemone, imprenditore, e Angelo Balducci, ex provveditore alle opere pubbliche. Entrambi sono stati condannati ieri dal tribunale di Roma a sei e sei anni e mezzo rispettivamente nell’ambito del processo sugli appalti pubblici per il G8 alla Maddalena. Alla Stube spa era intestato il Salaria Sport Village, posto sotto sequestro nel 2014. Gli attivisti scoprirono che l’articolazione delle quote azionarie non era del tutto tracciabile, un requisito fondamentale per divenire concessionari del gioco legale in Italia.

La Camene spa non aveva neanche i permessi per aprire lì il casinò: mancavano le autorizzazioni della Camera di Commercio e dell’AAMS. La destinazione d’uso del Palazzo poi, classificato come Tessuto Urbano T4, esclude le attività legate al gioco d’azzardo.

Questioni di legalità a parte, il progetto era illegittimo, decise il quartiere. Nel giro di pochi giorni furono raccolte più di 11.500 firme a sostegno della protesta. Oggi il Cinema Palazzo è ancora occupato e funziona come spazio di produzione culturale autogestito.

La Camene spa ha fatto causa a dodici persone individuate come occupanti dello spazio e chiede un risarcimento danni di tre milioni di euro. Ma se nel 2011 a San Lorenzo avesse aperto un casinò, si potrebbe stimare – incrociando i dati del consumo lordo pro capite in gioco e il numero di residenti di San Lorenzo – che nel 2012 gli abitanti del quartiere avrebbero potuto spendere in azzardo al Cinema Palazzo oltre 12 milioni di euro.

L’azzardo muove un giro d’affari di circa 90 miliardi di euro, ma non produce crescita economica. Il pay-out, il denaro vinto, non viene reimmesso nel mercato di beni e servizi, ma è rigiocato, alimentando un circolo vizioso.

Nell’ultimo decennio sono stati spesi in azzardo 181 miliardi di euro. Nel 2011, quando fu occupato il Cinema Palazzo, circa 80 miliari di euro sono stati sottratti all’economia sana del Paese mentre il settore illegale ha generato un giro d’affari di 130 miliardi, secondo la Consulta Nazionale Antiusura. L’azzardo contribuisce all’impoverimento di molti anche attraverso fenomeni di usura e indebitamento patologico, incide sulle spese sanitarie – nel 2017 la Regione Lazio ha stanziato 14,4 milioni di euro per combattere il gioco d’azzardo patologico – e quelle difficilmente quantificabili per il controllo della legalità.

In Italia nel 2016 si sono “giocati” 96 miliardi di euro. Tre milioni di persone sono a rischio dipendenza e 300mila sono giocatori classificati come patologici. A giocare sono soprattutto le fasce sociali economicamente più deboli: il 56% degli strati sociali medio-bassi, il 47% di quelli più poveri e il 66% dei disoccupati, secondo un’indagine Doxa. Gioca di più chi ha di meno: il prelievo erariale sull’azzardo (il 17,5% sul consumo lordo), è una tassa sulla povertà, in netta contraddizione con il sistema tributario fondato sulla progressività delle imposte.

Se la motivazione per legalizzare sempre nuovi giochi è fare cassa, in realtà il prelievo erariale è diminuito di anno in anno, dal 29,5% nel 2004 al 13% nel 2015, per risalire leggermente negli ultimi anni. Infatti l’obiettivo di creare valore aziendale confligge con quello dell’incremento erariale, secondo il sociologo Maurizio Fiasco, all’interno di un modello economico speculativo.

Le concessionarie del gioco che controllano la filiera dell’azzardo si indebitano con le banche per pagare le concessioni allo Stato, ricorrendo a nuovi prestiti, con nuovi interessi, per pagare le rate del debito, alimentando una bolla finanziaria che presuppone un aumento all’infinito di giocatori. Non è un caso se il mercato del gioco d’azzardo è raddoppiato ogni tre anni in tutto il primo decennio del nuovo secolo.

Il Lazio è la seconda regione per spesa in azzardo con oltre 500 sale da gioco e oltre sette miliardi spesi nel 2015. Nel 2016 i romani hanno speso di 3.980 euro l’anno pro capite in azzardo, per un giro di affari di 5,4 miliardi di euro, secondo quanto comunicato dal Comune di Roma. Il consumo annuo pro capite per gioco d’azzardo è aumentato del 65,2% dal 2007 al 2012 fino ad arrivare alla cifra attuale. La capitale vanta oltre il 12% del totale di macchinette distribuite nel Paese. Sono numeri da primato nazionale.

Uno studio della Camera di commercio di Roma del 2014 ha evidenziato la coincidenza territoriale tra sale da gioco e Compro Oro a livello municipale, collocati nel territorio urbano su direttrici omogenee. Il totale delle sale da gioco over 100 metri quadrati, 261 strutture, in totale raggiunge 78.551 metri quadrati, una quantità pari a oltre sette volte circa i più grandi casinò del mondo. Ci sono poi 142 sale superiori ai 100 metri quadri, che costituiscono il 75% del totale delle superfici impiegate in azzardo nell’intera provincia. Il VII municipio, Appio-Tuscolano, ha 38 sale, il V, Prenestino-Tuscolano 31, il IV la Tiburtina 21, il VI, Casilino 27, il III, Montesacro-Valli 23 e via dicendo. La capitale vanta oggi 17.317 apparecchi tra slot e VLT. Nei primi sei mesi del 2017 la spesa in azzardo (la differenza tra raccolta totale e vincite) è stata pari a 271,3 milioni di euro solo per gli apparecchi.

Sebbene il picco del consumo di azzardo – a cui ha corrisposto il boom dei Compro Oro – si sia registrato nel 2012, Roma ha dovuto attendere giugno 2017 per l’approvazione del Regolamento per le sale da gioco, che cita i dati allarmanti contenuti nel rapporto «Azzardopoli 2.0» di Libera, presentato cinque anni prima al Cinema Palazzo.

Il regolamento stabilisce distanze minime di almeno 350 metri, all’interno del perimetro dell’Anello Ferroviario, tra sale gioco e luoghi sensibili: istituti scolastici, luoghi di culto, centri giovanili, strutture sanitarie o socio-assistenziale, centri anziani. Se il Regolamento fosse stato in vigore sei anni prima attivisti e abitanti non avrebbero dovuto occupare il Cinema Palazzo. Il Grande Cocomero, associazione che opera con i ragazzi di Neuropsichiatria Infantile, si trova a 240 metri dal Cinema Palazzo, la Neuropsichiatria Infantile a 200, la scuola primaria Saffi a 160, il centro anziani a 120, il campo sportivo a 130. E se il primo approccio con l’azzardo avviene tra i 20 e i 24 anni, a circa un kilometro dal Cinema Palazzo sorge la più grande università europea con oltre centomila studenti iscritti.

Nonostante la loro presenza, nel quartiere le librerie chiudono. L’offerta commerciale si sta riducendo a una serie di locali e minimarket che vendono alcol a poco, in mezzo alle numerose serrande abbassate con cartelli «vendesi» e «affittasi». Il problema dello spaccio a San Lorenzo sembra essere fuori controllo. Le uniche soluzioni finora prospettate puntano a recintare, chiudere, pulire e sgomberare lo spazio pubblico desertificato dalla scomparsa di un tessuto economico e sociale di vicinato e dal mancato supporto a quelle realtà che hanno negli anni hanno provato a riempire le piazze del quartiere con proposte culturali alternative. Spaccio e povertà sono affrontati senza distinzione dall’Assessorato all’Ambiente con ripetuti sgomberi di tendopoli che puntualmente ricompaiono il giorno dopo in assenza di soluzioni concrete.

Si sa – lo ripete da anni la Direzione Antimafia – che l’ampliamento del gioco d’azzardo legale costituisce una risorsa per le mafie anziché un freno agli affari, e che i due mercati, legale e illegale, si alimentano reciprocamente. Si capisce bene allora che tipo di impatto avrebbe avuto l’apertura un casinò a San Lorenzo.

L’antidoto? Musei, biblioteche, cinema, teatri, strutture sportive, strutture per l’istruzione e per la formazione: sono queste le realtà che determinano il livello di sviluppo sociale di un territorio. «Ogni spazio di aggregazione, di socialità e di comunità è uno spazio sottratto alle organizzazioni criminali», secondo Francesco Forgione, ex Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, che presentò il suo libro proprio al Cinema Palazzo. 

La natura non patrimoniale o egoistica dell’azione dimostrativa al Cinema Palazzo è stata riconosciuta anche dal Tribunale Civile di Roma, che nel 2012 negò il reintegro in possesso dello stabile alla Camene Spa perché l’azione aveva rivendicato «la conservazione della tradizionale vocazione culturale dell’ex Cinema Palazzo».

Si potrebbe ragionevolmente concludere che l’occupazione del Cinema Palazzo a San Lorenzo ha impedito fallimenti familiari e personali, la sottrazione di beni e servizi all’economia locale, la diffusione di patologie, di fenomeni criminosi e di usura, svolgendo un ruolo di supplenza in assenza di tutela istituzionale e giuridica. Oggi l’offerta culturale del Cinema Palazzo continua a costituire il miglior antidoto a una povertà dilagante, strettamente connessa al gioco d’azzardo, che in tanti genericamente chiamano degrado.