DIRITTI

Prima le donne, i vecchi e i bambini: le narrazioni tossiche danno dipendenza.

Riflessioni a freddo sui fatti di Colonia e gli strilloni di regime, tratte dal sito MAZproject – Raccontiamo storie.

– A Ragusa, ti ricordi? A settembre scorso, venne fuori la storia delle donne schiave, sfruttate nei campi e violentate in cascina…

– Sì ma niente a che vedere con quello che succede a Monaco all’Oktoberfest. Se sei donna sei troia e se sei troia ti prendi una bella mano nel culo, un po’ di birra nel reggiseno e spintarelle. Una paio le violentano sempre, per cortesia!

– Anche qui da noi, ogni anno ne ammazzano 150. Una più, una meno.

– Che schifo, pensare che queste sono le donne nostre, che invece di picchiarle dovremmo difenderle…

– E da chi?

– Da questi che arrivano… Islamici, musulmani… E’ proprio una cosa culturale la loro, sono fatti così… Le facessero a casa loro certe porcherie, con le donne loro…

– Già…

La cronaca ci dice che gli apprezzamenti del maschio nei confronti delle donne sono continui e non conoscono il confine tra il lecito e l’illecito. Le esperienze personali ce lo confermano. Stefanie Lohaus e Anne Wizorek scrivono – su Vice – che in Germania la cultura dello stupro non è stata importata: è sempre esistita. L’Italia non è da meno, e non ci servono le pezzo di appoggio della cronaca per dimostrarlo. Dunque quello che a Capodanno è successo a Colonia lo abbiamo capito tutti. E ce ne dobbiamo preoccupare. Ma a rendere più gravi gli eventi sono stati i racconti degli stessi, quelli fatti dai giornalisti.

Chi, cosa, come, quando e perché?

La notizia delle molestie di fine anno a Colonia è stata riportata così, da molte testate italiane: stupri di massa in piazza. È un errore di traduzione e non ce lo rivela Repubblica, ma bufale.net! Il capo della polizia cittadina intanto affermava che (forse) eravamo di fronte a un tipo di crimine nuovo (sic!), pur non avendo la percezione di quanto era veramente accaduto. Al punto che Beppe Servegnini poteva twittare: bande di immigrati assaltano le donne nella generosa Germania!

Dalla (generosa) Germania le notizie erano e sono tutt’ora confuse. Questi i numeri: 31 fermati, nove di origine algerina, otto del Marocco, cinque dell’Iran e quattro della Siria, due cittadini tedeschi, un iracheno, un serbo e un cittadino degli Stati Uniti. 18 sono richiedenti asilo. Sono tutti sospettati per lo più di furti e lesioni corporali [Corriere]. Esce fuori un biglietto mezzo arabo, mezzo tedesco: è la prova di un coordinamento delle aggressioni? Chi c’è dietro? Tra le righe degli articoli, perché tra le righe si dice molto, si poteva leggere: “[…] il terrorismo islamico ha un’altra arma a disposizione, lo stupro. La nostra civiltà e la parte più debole di essa sono dunque in pericolo”. Un discorso ideologico prima accennato e poi esploso in tutta la sua virulenza. In Italia, questo discorso è stato portato a compimento da Lucia Annunziata.

Faccetta nera, piccola abissina, ti porteremo nell’Europa Liberata!

È stata lei: la giornalista che nel programma “In mezzora” non è in grado di mettere in difficoltà nemmeno una volta i suoi interlocutori (potenti), adesso sa quali fili manovrare. E li tira tutti. Con il suo editoriale, il delirio collettivo “degli stupri di massa” e dell’uomo nero trova compimento. Quello dell’Annunziata è “l’ ultimo abominio logico-politico […]: nel nome della guerra alla civiltà e ai nostri valori sferrata dagli aggressori di Colonia”, come scrivono su abbattoimuri. E a ragione. Annunziata mette in fila tutti gli errori dei colleghi. E non solo riporta notizie virgolettate, mai confermate (un migliaio di giovani arabi e nordafricani) ma si lancia in proposte politiche che prevedono una selezione forte nell’accoglienza: sì alle donne, ai bambini, ai vecchi, più controllo sui giovani maschi. Gli argomenti sono quelli della propaganda di regime: “davvero tutti questi giovani uomini sono in bisogno immediato e irreversibile di rifugio? Sono tutti alla ricerca di una nuova vita? Sono tutti decisi a non ritornare nei loro paesi d’origine? Domande scomode, ma realistiche.” E perché, ci chiediamo, le donne e i bambini dovrebbero esserlo? Perché la loro accoglienza dovrebbe essere irreversibile? Perché dovrebbero non voler tornare? Trapela nel (s)ragionamento dell’Annunziata un principio imperialista e maschilista. E per fare questo la direttrice (sic!) non si fa scrupoli: fa riferimento ai fatti di Tor Sapienza (Roma), a delle violenze, meglio delle molestie, mai, mai provate. Violenze che avrebbero scatenato la rabbia del quartiere. Ma che mestiere fai, Annunziata!

Le nostre donne!

Mia è la madre, mia è la sorella, mia è la donna, mia è la gloria nei secoli dei secoli, amen! Nell’anno XIV della lotta al terrore, la convergenza dei pensieri su posizioni unanimi e banali non risparmia nessuno. Abbiamo bisogno di tanta politica per venirne fuori. Una politica di rispetto dei generi che faccia propria anche la battaglia contro il razzismo. E una battaglia contro il razzismo che non ignori quella contro lo sfruttamento lavorativo. A Colonia, effettivamente, qualcosa del genere si è mosso fin da subito ma ne è arrivata solo una piccola eco: internazionale.it. Tutto ciò non è incredibile, perché le (dis)connessioni logiche di Annunziata sono le stesse della Fallaci: il suo fantasma incombe sull’agitato giornalismo italiano. E tutto ciò fa parte di uno “spirito europeo” che conosciamo e non dobbiamo stancarci di smascherare. Gli aggressori di Colonia non erano arabi o musulmani, erano maschi. Si chiama violenza di genere, non scontro di civiltà. E ciò che è emerso poi, il razzismo, l’ossessione per l’uomo nero, la ricostruzione paranoica del complotto sostenuta da un pizzino, la rivendicazione di proprietà, la supposizione che il maschio islamico sia meno educato del maschio nostrano, il fardello che la nostra civiltà dovrebbe caricarsi sulle spalle – di nuovo! – sono espressione di questa malattia: un’insopprimibile volontà di potenza.

Keep calm and…

Fortunatamente, on line soprattutto, si sono moltiplicate le voci critiche e più analitiche, fino a definire un controcanto, un opposizione razionale alla smodata necessità di terrore, che molti, troppi, stanno nutrendo. Alcune di queste voci sono state qui citate, ma rimane un dubbio. Questa esigenza che abbiamo di narrare il reale con i termini che merita, quali teste raggiunge e per quanto tempo? Dobbiamo allargare il fronte dell’antifascismo, l’antirazzismo, l’antisessismo, cioè moltiplicare i focolari, i narratori, gli scambi di informazioni, perché gli Annunziata e i Servegnini mettono paura. Raccontano storie, come facciamo noi, ma manovrano i personaggi secondo schemi narrativi e sistemi di valori che hanno finali scontati. C’è tanto da scrivere. C’è tanto da fare. La nostra generosa civiltà è in pericolo, si ammala facilmente…