Ponte di Nona non si arrende

Reportage da un quartiere di Roma che lotta e si organizza, in cerca di riscatto.

Continua il nostro viaggio attraverso i luoghi e gli edifici che il 6 dicembre ha messo sulla scena. A Ponte di non quel giorno sono state fatte 2 occupazioni, due edifici parte di quell’enorme patrimonio di alloggi invenduti o sfitti che nessuno potrà mai acquistare ed in più costruiti nell’illegalità ormai diventata prassi a Roma e sancita dall’amministrazione comunale: terreni concessi irregolarmente rispetto al piano regolatore ,in attesa di fare approvare a colpi di delibera le varianti urbanistiche specifiche. Esattamente quello che sta cercando di fare in questi giorni la giunta Alemanno: una delle 64 delibere che si vuole far passare al foto finish, la variante castel verde B4, riguarda Ponte di Nona: se questa delibera non passasse, quelle palazzine già costruite e sulle quali il comune ha già incassato gli oneri concessori, risulterebbero abusive ed altri costruttori , come i Gherardi, colosso dell’edilizia romana, che si sono già acquistati il diritto a costruire in deroga, non lo potrebbero fare.

Ma ad essere considerati dei delinquenti sono le persone alla ricerca di una casa, che l’avevano trovata in quegli edifici dove l’interruzione dei lavori li ha lasciati all’abbandono per anni. Il 13 dicembre sono state sgomberate sia le palazzine occupate il 6 dicembre, che altre due occupate spontaneamente mesi prima.

A subire lo sgombero sono stati per la maggior parte persone originarie di Ponte di Nona e soprattutto giovanissime: ragazzi e ragazze attorno ai 20 anni, molti già con figli, il futuro ipotecato dalla crisi e dal confinamento in una periferia dimenticata da tutti. Giovani alla ricerca di tutto, di un lavoro, di servizi, di uno spazio di socialità, di una casa. E che nonostante il loro sogno di starne conquistando una sia improvvisamente diventato un cumulo di materassi , mobili ed effetti personali ammassati nel fango che circonda quelle case, nonostante il comune non abbia provveduto in alcun modo nemmeno alla sistemazione delle situazioni più fragili, nonostante l’umiliazione e il trauma di uno sgombero avvenuto nel peggiore dei modi, non si sono persi d’animo.

Dopo pochi giorni si è svolta un’assemblea pubblica affollatissima che ha espresso unanime la volontà di proseguire un percorso di lotta, per avere una casa ma anche un quartiere più vivibile; nei giorni successivi si sono moltiplicati gli sportelli sull’ emergenza abitativa ed è stato occupato un nuovo spazio da destinare alla sede del comitato di quartiere; protagonisti di tutto questo ancora una volta loro, i “giovanissimi” .

Quattro del pomeriggio di mercoledì 23 dicembre, Centro commerciale “Unico” di Ponte di Nona, davvero l’”unico” luogo di aggregazione di quel quartiere sterminato. Elena, 17 anni, assieme ad altri ragazzi , distribuisce volantini che informano dello sportello e del comitato di quartiere, e ci spiega le ragioni che l’hanno portata a entrare dentro questa lotta e volerla proseguire:

Il nuovo comitato di quartiere di cui parla Elena si trova in un locale di proprietà dell’ATER, come altri locali mai utilizzato ed abbandonato da 4 anni. I ragazzi lo hanno occupato pochi giorni fa e per prima cosa ci hanno messo una bella insegna: “Popolo di ponte di Nona” . Chiediamo a Michela, 32 anni e Valentina, 18 anni, come nasce l’idea di creare un comitato di quartiere e come si intreccia con la lotta per la casa che vogliono continuare a fare:

Lo sportello di Ponte di Nona si tiene il mercoledì dalle 17 alle 19, in una sede provvisoria, un locale sede di una cooperativa; una delle persone che si è iscritto allo sportello nei giorni scorsi è Marco, di 50 anni, termoidraulico, che passa a chiedere conferma dell’assemblea di venerdì, rivolta a tutti gli iscritti, che sono già tanti. Gli chiediamo cosa ne pensa di quello che sta avvenendo nella sua vita e in quel quartiere.

A Ponte di Nona non è proprio finito niente. Anzi, è appena cominciato.