EUROPA

Perché l’11 febbraio i movimenti devono sostenere la Grecia


Mercoledì 11 in tutta Europa ci saranno mobilitazioni a sostegno del popolo greco e contro la dittatura della Troika, per recuperare il senso della parola democrazia. A Roma appuntamento ore 18 in piazza Indipendenza, di fronte l’ambasciata tedesca.

Mercoledì 11 febbraio il Consiglio d’Europa si riunirà per affrontare due temi: la crisi militare ucraina e la crisi economica greca. Infatti, dopo la recente decisione del board della BCE di non accettare i bond greci come garanzia su nuovi debiti, il Paese ellenico rischia il collasso economico.

Già il 5 febbraio, in diverse città greche migliaia di persone sono scese in piazza. Qualcuno ha scritto che per la prima volta manifestazioni popolari hanno sostenuto un governo, almeno in Grecia. Da quelle piazze è stato lanciato un appello a una mobilitazione europea, inizialmente chiamata per il 16 febbraio, ma poi anticipata all’11. A Parigi, Berlino, Edimburgo, Bruxelles, Lisbona, Porto, Nicosia sono già state convocate delle piazze di solidarietà. Molte altre ne verranno in queste ore.

Anche in Italia sono stati convocati dei presidi, in particolare dai partiti che ruotano intorno al progetto “l’Altra Europa per Tsipras”. In questo articolo, il motivo per cui queste formazioni politiche abbiano deciso di mobilitarsi non ci interessa e non verrà discusso.

Quello che ci interessa è spiegare perché, secondo noi, debbano essere i movimenti a scendere in piazza in quella giornata (del resto, sia a Roma che a Napoli sono state chiamate due piazze auto-organizzate). Perché i collettivi, le strutture politiche di base, i percorsi conflittuali indipendenti dovrebbero manifestare in una data che, in pratica, sostiene le richieste di un governo? Secondo noi ci sono 3 motivi.

1 – Scendere in piazza l’11 febbraio significa manifestare principalmente a favore della democrazia e contro la dittatura della Troika. Il ricatto contro il governo di SYRIZA è soltanto l’ultimo atto degli attacchi che la BCE, la UE e il FMI hanno sferrato contro l’Europa dei popoli attraverso le politiche di austerity. La Grecia è stata la principale cavia da laboratorio di misure funzionali non a risolvere la crisi, ma a produrre precarietà, sfruttamento, povertà, fame e morte. Allo stesso tempo, tra il 2010 e il 2012, la Grecia è stata teatro di mobilitazioni straordinariamente radicali e di massa. Impedire al governo della sinistra di ottenere dei risultati non serve solo a puntare una pistola alla testa di Tsipras, ma a chiudere i conti con tutti coloro che in questi anni hanno lottato contro le politiche dei Memorandum. Significa dimostrare a tutti, in Grecia e in Europa, che lo slogan “non c’è alternativa” è ormai un dato di fatto che nemmeno un governo democraticamente eletto può mettere in discussione.

Significa far passare il messaggio che i mercati finanziari rispondono solo a se stessi e che il neoliberalismo ha già cancellato la democrazia, perfino quella rappresentativa, quella che come movimenti non smetteremo mai di criticare ferocemente e di mettere continuamente in discussione.

2 – Alcune cose su SYRIZA, comunque, vanno dette. Nel movimento ognuno può porsi come meglio crede rispetto al tema della rappresentanza e del governo, non è questa la sede in cui tifare per l’antagonismo tout court o per la ricerca disperata di quanto più potere possibile.

Il punto è un altro. SYRIZA è un’esperienza politica che, almeno per il momento, non ha nulla a che spartire con il panorama dei partiti italiani. Certo, è sempre un partito, e ora anche un partito di governo. Quindi è piena di contraddizioni, di tendenze differenti, dovrà scendere a compromessi e approverà leggi che non ci piaceranno. Nessuno sostiene il contrario. Nessuno crede che Tsipras sia il nuovo messia venuto a portare in terra il comunismo o l’anarchia. Gli unici che inconsciamente lo fanno, sono proprio coloro che aspettano con ansia una carica della polizia o una dichiarazione più moderata per dire: “Hai visto? Che ti avevo detto?!”. Basterebbe parlare con i tanti anarchici che SYRIZA l’hanno votata, solo tatticamente e strumentalmente, senza alcuna fiducia nella delega e nel voto.

Ancora una volta, il punto è un altro. SYRIZA è un’esperienza politica modellata, soprattutto tra il 2010 e il 2012, dalle lotte contro l’austerity. È un partito che ha una base militante molto ristretta, ma costituita principalmente da persone che in quei movimenti ci sono state davvero, anche nei momenti più duri, e che le conseguenze delle politiche dei Memorandum le hanno subite sui propri corpi, a scuola, all’università, in famiglia, sul posto di lavoro. SYRIZA è un partito che, volente o nolente, con queste cose deve fare i conti: per i movimenti, per gli anarchici, per la sinistra extraparlamentare è quindi un’occasione, non da celebrare, ma da sfidare continuamente. Hic et nunc.

Cosa ci interessa che fine farà il partito, se diventerà moderato o se si venderà? È adesso che i movimenti devono allargare le fratture che SYRIZA sta oggettivamente producendo nella governance europea. È oggi che i movimenti anti-austerity devono riprendersi l’Europa, strapparla dalle mani delle banche. Perché se no per i movimenti non ci sarà alcun domani. Perché se no, forse, il domani sarà di Alba Dorata, Salvini e Le Pen.

3 – Ci sono volte in cui i movimenti devono tenere il punto, dimostrare la coerenza dei propri discorsi e delle proprie pratiche, mettere in campo e rendere pubblica la propria incompatibilità con ogni forma di potere. Poi ci sono momenti in cui tutte queste cose rimangono altrettanto apprezzabili, ma la materialità della condizioni di un popolo in ginocchio modifica l’ordine delle priorità. Il popolo greco ha bisogno di respirare, dopo essere stato umiliato, affamato, gasato, arrestato. Di fronte a tutto ciò, il resto è solo narcisismo.

Per tutti questi motivi l’11 febbraio bisogna far vedere alla Troika che davanti ai loro ricatti non c’è solo piazza Syntagma, ma tutte le piazze europee. Bisogna far sentire alle persone che manifesteranno ad Atene, Salonicco e nelle altre città greche, che stiamo lottando tutti insieme per una causa comune e che la solidarietà è la nostra arma.

A Roma l’appuntamento è alle 18 sotto l’Ambasciata Tedesca, in via San Martino della Battaglia 4.

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tratto da AteneCalling.org

La mappa delle mobilitazioni in tutta Europa