OPINIONI

Passiamo ad altro

La vittoria del Si al referendum e i risultati delle competizioni elettorali segnano un definitivo tonfo di Matteo Salvini, ma di certo non indicano alcunché di sinistra. Potremo cantare liberamente “Imagine “e sfruttare i migranti senza sparargli sulla battigia

In una giornata dominata da notizie sempre più allarmanti sul contagio Covid-19 e sui relativi effetti economici (stavolta prontamente constatati dalla caduta delle Borse) si sono svolti un pasticciato referendum e sette consultazioni regionali, la cui influenza sulla tenuta del governo nazionale era a priori trascurabile per una serie di fattori tecnici e politici che ora non stiamo a ricordare. Infatti il risultato del voto è stato altamente stabilizzante per il governo e per il più deciso sostenitore dell’attuale maggioranza, il Pd che ha portato a casa il Sì e tre regioni su sei, mentre il suo partner, il M5S si intesta anche lui il Sì ma esce a pezzi dal voto popolare.

 

All’interno del Pd Zingaretti zittisce gli oligarchi che gufavano su un possibile insuccesso, ma deve contare su testimonial poco affidabili come Emiliano, De Luca e Giani, che tuttavia non ambiscono a scalzarlo (come invece faceva Bonaccini) dal ruolo di segretario, puntando piuttosto a farsi i fatti loro sul territorio.

 

Inoltre si libera della fallimentare Italia Viva di Renzi, i cui parlamentari (ormai più numerosi degli elettori) si affretteranno a rientrare nella casa madre, nella speranza di ottenere qualche posticino nelle ridotte liste post-taglio referendario.

Il dato più rilevante è però l’irresistibile declino di Salvini, che da adesso si riduce a raccogliere mattoncini per conto di altri (le Marche al candidato di FdI) invece di dare spallate sempre più dolorose al governo. Sette a zero ed elezioni subito, daje! Anche la conquista del voto meridionale è fallita rumorosamente e in Liguria e Veneto i consensi leghisti defluiscono sia verso FdI che verso le liste presidenziali di Zaia e Toti. Da questo momento tutto quanto tocca si squaglia e la sua principale preoccupazione sarà di difendere una leadership sempre più contendibile (altro che la Toscana contendibile!). Nonché di destreggiarsi fra disavventure giudiziarie.

 

Il tonfo dell’ex Capitano è una bella soddisfazione, anche se il radicamento sociale ed elettorale della destra non è stato intaccato e la tendenza più probabile è un’ascesa di Meloni e un ravvicinamento al governo di Berlusconi e, sotto sotto, anche di presidenti regionali interessati a spartirsi Recovery Fund e Mes.

 

Insomma, una destra ufficiale che si divide e resta lontana dal potere formale, mentre il governo si consolida spostandosi a destra – per quanto glielo consentirà una situazione di crisi epidemiologica ed economica sempre più cupa.

Potremo cantare liberamente Imagine e sfruttare i migranti senza sparargli sulla battigia, ma non facciamoci illusioni che questi risultati indichino alcunché di sinistra. I vincitori di queste elezioni e Zingaretti sono migliori dei battuti solo perché gli sfidanti erano decotti oppure osceni. Piuttosto ora si apre la vera battaglia sulla gestione della crisi e dei fondi europei e si vedrà se stiamo alla fine di un ciclo reazionario o nel pieno di una sua ristrutturazione.

 

Immagine di copertina: Samuel Mifflin di Charles Wilson Peale dall’archivio del Metropolitan Museum of Art