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Oltre il ring, parole e foto per narrare una borgata

“Oltre il ring” è la storia della palestra popolare del Quarticciolo. Un racconto di parole e immagini, di sudore e abbracci dentro e oltre le corde di un ring di una palestra occupata in una borgata romana

Oltre il ring. Come la boxe ha cambiato una borgata, libro edito dal Il Galeone editore, con le parole di Giovanni Cozzupoli e le fotografie di Daniele Napolitano racconta il progetto della Palestra Popolare del Quarticciolo, progetto nato più di quattro anno fa, e che i due autori hanno contributo ad animare. La narrativa che lega la boxe alle storie di riscatto sociale dei suoi atleti – storie di periferia, di emancipazione, di sacrifici, di allenamento e costanza – è ben consolidata.

Questo libro si incanala in questa tradizione, ma scivolando oltre il ring e le singole storie, di Fabrizio, Milos, Amr, Valeria e Manu, racconta un progetto collettivo che punta a migliorare le condizioni di vita in questa borgata romana.

Il Quarticciolo è una borgata costruita durante il fascismo nell’area est della periferia romana, all’angolo tra via Togliatti e via Prenestina, oltre Centocelle nell’area dell’Alessandrino.

Le borgate ufficiali sono progetti di edilizia popolare edificati durante il fascismo dall’Istituto Fascista Autonomo Case Popolari (Ifacp), con le strade squadrate e i lotti che si aprono in piazze che avrebbero dovuto contenere la casa del fascio e i servizi. Le “case popolarissime“ erano state pensate per tenere lontano dal centro i problemi politici ed economici dei loro abitanti.

Il Quarticciolo, come le altre borgate ufficiali, è stato inglobato nella città dallo sviluppo urbano degli anni Sessanta e Settanta, ma ancora oggi è riconoscibile per la sua differenza architettonica rispetto ai quartieri limitrofi, e per lo stato di abbandono dell’edilizia popolare. Uno di questi locali abbandonati è stato occupato quattro anni fa per farci una palestra popolare.

E così dove non c’era niente è nata una palestra che è anche spazio di aggregazione e di incontro, intorno alla quale fioriscono altri progetti, come il comitato di quartiere, il doposcuola popolare e una rete per la distribuzione alimentare durante il lockdown.

Le periferie vengono spesso raccontate esaltando o denunciando il degrado, lo spaccio, e la criminalità, racconti che spettacolarizzano e criminalizzano chi nei quartieri ci vive, nonostante tutto. Come spiega Zerocalcare in Romanzo Sanitario per le periferie si utilizza o la lente dell’indignazione o della commozione, ci sono i cittadini indignati e rabbiosi o i salvatori della patria e del mondo.

Al contrario, come spiega Napolitano nell’introduzione, questo libro è «un racconto che ho voluto fosse attento e rispettoso delle vite personali, delle problematiche che attraversano queste strade e delle persone che le vivono quotidianamente». Per questo Napolitano al Quarticciolo ci abita, nella palestra si allena, e ci ha messo tre anni per scattare queste immagini, alle quali si è aggiunta la penna di Cozzupoli, che per altrettanti anni è stato allenatore nella palestra.

Le foto e le parole escono quindi dalle sedici corde del ring per raccontare come si può cambiare una borgata attraverso la costruzione di nuove relazioni nate intorno a un progetto collettivo.

Nelle foto di Napolitano si vedono gli abbracci, i sorrisi, le attese, gli allenamenti condivisi, i cori, gli applausi, il sudore, spazi comuni che vengono puliti e fatti vivere con attività per il quartiere. Si racconta una comunità che non è sempre esista – come vorrebbero alcuni racconti romantici sulle periferie – ma che si è costruita e ricostruita intorno e oltre un ring di una palestra popolare occupata.

Così le linee dritte e bianche degli edifici di fascista memoria della borgata, si intersecano con le linee delle corde del ring e delle braccia tese per tirare colpi dritti. «Linee, angoli, che parlano di paura e speranza», come spiega Tano D’Amico nell’intervista che si trova nel numero tre di “DinamoPrint”, linee dritte e perpendicolari che raccontano le emozioni dell’incontro, la paura di un pugno in faccia, la fatica degli allenamenti, la gioia di stare insieme.

Si possono scegliere molti punti di vista per raccontare una borgata, questo libro sceglie di stare nel sudore, con i pugni stretti dentro i guantoni, le fascette a serrare le dita, i sorrisi a solcare il volto, e gli abbracci che stringono pezzi di felicità strappata all’abbandono.

In una borgata lontana dal centro, dalla gentrification, e dal turismo, dove ci si ritrova intorno al sacco con determinazione e costanza non per allontanarsi dalla strada «ma per renderla un posto migliore, con il pugilato come strumento per migliorare l’esistente».

Tutte le immagini di Daniele Napolitano