MONDO

Nuova vittoria di Maduro nella crisi venezuelana

Il chavismo vince ancora una volta le elezioni presidenziali, raccogliendo però meno voti di quattro anni fa, a fronte di una alta astensione. Nel pieno di una crisi che non accenna a finire, quali sfide urgenti per il chavismo in Venezuela?

Con una partecipazione al voto attorno al 48 per cento,  Maduro ha raccolto il 68% delle preferenze, ovvero 5.823.728 voti. Il principale candidato oppositore, l’ex chavista, passato all’opposizione nel 2010, Henri Falcón ha raggiunto il 21%, 1.820.552, il prete evangelico Javier Bertucci solamente con 925.042 voti mentre il  candidato della sinistra trotskista Reinaldo Quijada 34.614 voti. L’opposizione della MUD, dopo la strategia violenta e golpista dello scorso anno, in seguito alla vittoria delle elezioni legislative pochi anni fa, ha infine optato per il boicottaggio delle elezioni, dopo averle richieste a lungo, per nascondere la propria debolezza e probabilmente rilanciare, con l’appoggio degli Stati Uniti, una strategia violenta contro il governo Maduro e il popolo venezuelano.

Il fatto che il governo Trump, sostenuto da Unione Europea, Argentina, Messico, Cile e Canada abbiano annunciato il giorno dopo le elezioni nuove sanzioni contro il Venezuela , ed al tempo stesso non abbiano riconosciuto la vittoria elettorale di Maduro, è abbastanza emblematico della continuità e dell’inasprimento delle politiche di ostilità internazionale nei confronti del Venezuela. L’espulsione, con l’accusa di cospirazione politica, del responsabile del commercio degli Usa in Venezuela da parte del governo Maduro, avvenuta ieri, mostra chiaramente come si stia scaldando il clima nella regione e nel paese.

Se la vittoria del chavismo è sicuramente un dato importante, perché una vittoria delle destre sarebbe stata drammatica per la regione e il paese, non si tratta affatto di una soluzione, ma solamente di una battaglia vinta in un contesto di controrivoluzione e di significativa crisi del progetto bolivariano, a livello nazionale e regionale.

Le difficoltà del governo in questi ultimi mesi nel risolvere le problematiche della vita quotidiana dei settori popolari e risollevare la situazione economica così come di rilanciare prospettive strategiche e politiche, rappresentano aspetti particolarmente significativi per comprendere le sfide che oggi il chavismo deve affrontare, in un contesto di guerra economica, sabotaggi interni ed esterni, aumento di autoritarismo e burocratizzazione che attraversa il paese.

A livello regionale invece l’isolamento di Venezuela e Bolivia, particolarmente dopo l’abbandono di Unasur da parte dei paesi governati dalle destre in America Latina, e la crisi del Mercosur, è ormai fortissimo. Ad aprile, all’assemblea di Lima, l’Organizzazione degli Stati Americani ha affermato per bocca del segretario Luis Almagro che è finita l’egemonia del chavismo nella regione e si ritorna alleati ed amici degli Stati Uniti. Il ciclo reazionario in America Latina ha riallineato a destra i paesi della regione, sulla base di rinnovate relazioni con il Fondo Monetario Internazionale recentemente richiamato da Macri in Argentina  e un aumento smisurato della violenza per disciplinare corpi e territori, con tanto di repressione contro lavoratori e lotte sociali per approvare gli aggiustamenti strutturali, i piani estrattivi, le privatizzazioni e i tagli.

L’aumento delle violenze diffuse nei territori metropolitani e rurali legati al narcotraffico, all’estrattivismo, al controllo territoriale e alla difesa della proprietà privata, appaiono come questioni e problematiche politiche per nulla secondarie per comprendere gli scenari politici regionali in un contesto di crisi in cui si terranno elezioni in diversi paesi nei prossimi mesi. Innanzitutto in Colombia, dove la prossima domenica 27 maggio, si voterà per il presidente, ed appare in crescita la possibilità di arrivare ballottaggio per Gustavo Petro, candidato di sinistra,  contro le forze reazionarie agguerrite dopo la vittoria al referendum sulla pace, che ha profondamente minato gli accordi stessi e rilanciato la violenza nel paese. Si terranno elezioni nei prossimi mesi anche in Messico e in Brasile dove l’arresto di Lula, che ieri è stato comunque presentato come candidato alle prossime elezioni presidenziali, ha segnato un ulteriore passaggio nell’ambito dell’avanzata reazionaria nel continente.

La vittoria del chavismo può essere compresa in relazione alle capacità dello stesso di rilanciare lo scorso anno una opzione alternativa alla guerra civile attraverso la Costituente e la successiva vittoria alle elezioni municipali.

Al tempo stesso, un fattore importante è legato al fatto che gran parte della base sociale chavista, seppur critica con il governo, non ha mai fatto mancare l’appoggio nel momento delle elezioni, rilanciando poi la battaglia interna al processo e al governo, alle comunas e al partito. Nonostante questo, molti elettori dei settori popolari non si sono recati a votare, perché non credono più nel processo o non lo sostengono come prima. Al tempo stesso, come segnala nel suo commento alle elezioni Marco Teruggi,  hanno pesato anche la debolezza dei candidati oppositori, le cui proposte di dollarizzazione e di ritorno al FMI come vie di uscita dalla crisi non hanno convinto nessuno. Segnaliamo infine il fatto che l’opposizione riunita nella MUD abbia deciso di boicottare le elezioni, non partecipando al voto: se questa chiamata all’astensione ha avuto i suoi effetti, è pure vero che dopo la strategia violenta dello scorso anno, delle guarimbas e degli attacchi armati contro militanti chavisti, settori popolari e comunas, la MUD sia apparsa frammentata e soprattutto sfiduciata dalla popolazione.

Questo aspetto probabilmente renderà queste frange oppositrici ancora più violente, in un contesto di malcontento generalizzato per le condizioni di vita materiale e l’inflazione senza fine. La significativa astensione rappresenta però un segnale anche rispetto al chavismo, che ha visto, come dicevamo, un abbassamento significativo del voto in termini assoluti (quasi due milioni di voti in meno delle scorse presidenziali), segnale anche di una rinnovata assenza di fiducia nella politica e nelle istituzioni, nel governo Maduro e nella burocrazia di partito, a fronte di una crisi che, per motivazioni tanto interne quanto esterne, sta devastando il tessuto sociale, economico, produttivo e politico del paese.

Dopo questa vittoria elettorale, il chavismo ha davanti delle sfide enormi che vanno al di là del solo governo e coinvolgono soprattutto la possibilità di risoluzione della crisi e di trasformazione politica, pesantemente ipotecata dal rilancio delle negoziazioni con il capitale internazionale e dei progetti estrattivi in mano ai militari imposti dal governo Maduro nei mesi scorsi. La sfida che oggi affronta il processo chavista rimane complessa e decisiva: fermare l’inflazione, la crisi, garantire beni di prima necessità, lottare contro la corruzione e il clientelismo interni all’apparato del partito e dello Stato. Saprà il nuovo governo Maduro rispondere alle urgenze del paese e della popolazione, ed affrontare i problemi di una crisi economica senza fine? Ci sarà ancora spazio per un processo di trasformazione sociale, politica ed economica?

La crisi economica globale, la diseguaglianza che aumenta, il potere clientelare-militare e la burocrazia tanto del partito, come quella economica e militare, hanno bloccato o reso complessi e difficili i processi materiali e le prospettive di trasformazione che il chavismo ha reso possibile per tanti anni in Venezuela e in America Latina.

Molti dei movimenti di base, seppure critici con il governo, così come buona parte dei settori popolari hanno comunque votato Maduro perché ritengono che fuori dal chavismo non vi siano alcuna via d’uscita possibile alla crisi, nonostante lo scontro in atto tra burocrazia statale e di partito e movimenti di base, come nel caso della Comuna El Maizal, così come con gli sgomberi delle terre occupate dai contadini, sia stato già molto forte nei mesi scorsi.

A fronte di questo scenario, la capacità di fare fronte alla crisi, trovare soluzioni concrete ed immediate e ristabilire condizioni migliori nel paese diventa decisiva, responsabilità soprattutto del governo ma in generale di tutto il processo chavista, delle realtà di base e delle organizzazioni popolari, per mantenere aperti spazi di trasformazione sociale. La guerra economica continua mentre aumenta la miseria nel paese, ed occorrono risposte concrete altrimenti  sarà troppo tardi, per il Venezuela e per il chavismo.