ITALIA
Milano: un sistema di governo

La recente indagine sui cantieri di trasformazione urbana a Milano ha messo in luce un sistema di potere e un intreccio di interessi fra pubblico e privato che ha costruito una città a misura dei ricchi e ha espulso chi non è in grado di sostenere i costi del vivere in città. Non si può ridurre quello che è accaduto a un problema giudiziario, si tratta invece di un modello di sviluppo voluto dal capitalismo finanziario al quale dobbiamo opporci
Alle volte arrivano segnali da piccoli accadimenti. Il 30 giugno scorso l’insegna rossa con la scritta bianca delle assicurazioni Generali posta sulla sommità della torre Hadid a CityLife è collassata. Il grattacielo che chiamano “lo storto”, insieme alla Torre Isozaki e alla Torre Libeskind, è uno dei simboli di Milano. Il simbolo ha dunque ceduto, per fortuna senza provocare vittime. La piazza sottostante è stata isolata, la fermata della metro M5 chiusa, l’intero edificio dichiarato inagibile e i duemila dipendenti tenuti a casa. La “Milano che non si ferma mai” è stata costretta a sospendere la sua frenesia, per quell’insegna fuori misura posta a un’altezza di 192 metri.
Quel cedimento è stato il simbolo del crollo in atto di un sistema di governo del territorio basato su relazioni fra amministratori, società di investimento, professionisti, sviluppatori, legati da una visione della trasformazione urbana che costruisce una città a misura dei ricchi ed espelle chi non è in grado di sostenere i costi del vivere a Milano.
La procura in questi giorni ha messo sotto accusa l’intero modello Milano con ipotesi di reato che vanno dalla corruzione, al falso e induzione indebita a dare o promettere utilità. Sono indagati numerosi amministratori, compreso il sindaco Sala, e progettisti insieme all’amministratore delegato Manfredi Catella di Coima Sgr, il potente gruppo che si occupa di investimenti, sviluppo e gestione di patrimoni immobiliari. Fra i progetti più importanti il gruppo ha sviluppato e gestisce il quartiere Porta Nuova, sta realizzando il Villaggio Olimpico e Parco Romana.
Il modello Milano inizia con l’Expo 2015 e la campagna mediatica che l’ha accompagnata. Un’operazione fallimentare per le finanze pubbliche si è dimostrata una miniera per gli investitori privati. Da allora con disinvoltura Milano si è trasformata. Le architetture della città, con le loro facciate essenziali, che avevano dato identità e forma a una borghesia cosmopolita, emancipata e laboriosa, costruite da professionisti colti milanesi sono state sostituite dai grattacieli di vanitose archistar che popolano i grandi progetti di trasformazione urbana, l’immagine di Milano è diventata quella di tutte le altre del circuito delle città globali, uguali e irriconoscibili. La rigenerazione diventa il mantra, agita da società finanziarie, da fondazioni culturali, da università, da banche, lasciate libere di imporre i propri progetti sulle aree pubbliche e private.
Si forma l’idea che il pubblico e il privato si equivalgano, ma di fatto tutta l’operazione serve a privatizzare la città pubblica, allargando di fatto l’estrazione del profitto a ogni aspetto della vita.
Tutto avviene con una sostanziale complicità dell’amministrazione che consente di ignorare le normative urbanistiche vigenti. Di fronte al disastro che si prefigura si tenta di far approvare la legge nota come “Salva Milano”. Tentativo appoggiato in maniera trasversale in Parlamento, ma per ora fallito. In sostanza si tenta di affermare che la modalità di trasformazione urbana messa sotto accusa dalla magistratura era pienamente legittima e che quindi lo diventerà in tutto il Paese. La legalità era infranta tanto da richiedere una legge per salvare i 150 cantieri aperti al di fuori di ogni regola.
Non si può ridurre quello che è accaduto a un problema giudiziario, si tratta invece di un modello di sviluppo voluto dal capitalismo finanziario. Pensare che siano “alcuni corrotti” il problema delle città consentirà di continuare ad andare avanti come si è fatto finora.
Occorre invece mettere a fuoco ogni progetto di quelli che hanno portato a questa “incontrollata espansione edilizia”. E chiedere di bloccare i molti progetti che incombono minacciosi sul futuro di Milano. Bisogna sfruttare questo momento in cui tutti gli occhi sono puntati sullo “scandalo” per rivendicare la scrittura di nuove regole urbanistiche che garantiscano il diritto alla città per tutti e tutte e siano in grado di difendere il territorio dagli attacchi della finanza. Regole che nascano da un percorso orizzontale, aperto, dal basso in cui le persone possano rivendicare il diritto a una città più giusta.
Le città non devono più essere fonte di reddito e investimento finanziario che produce profitti sempre più alti, sottoposte alle esigenze della rendita e alle fluttuazioni del mercato, secondo logiche che rispondono al contesto globale e non hanno più riferimenti locali.
Solo così si può rompere il sistema che governa le nostre città.
l’immagine di copertina è tratta da WikiCommons
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