ROMA

Mercanti in Fiera

Breve storia della nuova Fiera di Roma, un gigantesco spazio espositivo poco utilizzato e con un bilancio in caduta libera. Dai tempi di Rutelli a oggi l’attività fieristica romana è precipitata

E’ stato Francesco Rutelli, al tempo del “pianificar facendo” e del suo assessore all’urbanistica Domenico Cecchini, a voler fare dell’area a ridosso dell’autostrada per Fiumicino, destinata dal Piano Regolatore a servizi privati, la “Nuova Fiera di Roma”. Una localizzazione e una doppia mossa: mutare l’architettura proprietaria e valorizzare i terreni centrali della Cristoforo Colombo, che fino allora ospitavano la Fiera. Renderli disponibili alla rendita facendo volare padiglioni ed attività fieristica verso il mare. Con Rutelli Sindaco, è il 1998, l’Ente Fiera di Roma si trasforma in s.p.a.. Tre i soci: Camera di Commercio, Comune di Roma e Regione Lazio.

Con Veltroni Sindaco e il suo assessore all’urbanistica Roberto Morassut, la Nuova Fiera – è il 2006 – plana nel nuovo spazio a ridosso del Tevere. Depositando 14 padiglioni, spalma 390 mila metri quadri su terreni poco adatti a sostenerli. A nove anni di distanza, alcuni di quei padiglioni presentano seri problemi statici, dovuti alla risalita delle acque dal suolo. Oggi la struttura edilizia, costata 355 milioni di euro, presenta crepe strutturali. Il bilancio della s.p.a. Ente Fiera è in caduta libera. Un vero tracollo. Dai 36 milioni di fatturato del 2010 si scende ai 21 milioni del 2014. Attività espositiva asfittica. Lavoratori costretti alla mobilità.

Con Alemanno Sindaco e il suo assessore all’urbanistica Marco Corsini, quel corpaccio edilizio che intanto marcisce nella zona centrale di Roma, “lievita”. Quel Sindaco ipotizza di realizzare una “densificazione” residenziale spinta. Questo grazie ai vantaggi (sic!) offerti dal Piano casa regionale della sua collega di partito Renata Polverini. I metri quadri possibili diventano 90.000! Un terrificante vomito di cemento.

L’attività fieristica romana langue. Il sogno di Veltroni di realizzare uno dei più grandi poli fieristici europei sui terreni della famiglia Toti si è trasformato in un incubo economico. La via d’uscita è la solita: trasformare l’area della vecchia sede in un incubo edilizio da realizzare attraverso una variante al Piano Regolatore vigente.

Con Marino sindaco e il suo assessore all’urbanistica Giovanni Caudo, gli stessi che di modifiche al piano non hanno mai voluto sentir parlare, condannando per esempio quartieri come San Lorenzo alla deriva del mattone finanziario, la variante per la Colombo arriva nel 2015. Non certo quella predisposta dai cittadini, dai movimenti e dall’associazionismo che, al termine di un lungo processo partecipatico,fatta propria dal Municipio VIII, prevedeva d’asciugare la cubatura monstre portandola a 45 mila metri quadri, da destinare a servizi pubblici. Il Consiglio Comunale ha infatti deliberato di poter realizzare 67.500 metri quadri di cui 54.000 metri quadri di edilizia residenziale.

Questo ha permesso ad Unicredit di tirare un sospiro di sollievo rispetto le proprie sofferenze verso Fiera di Roma e così, forte di quest’assicurazione di futura rendita, una vera e propria fifejussione, in questi giorni ha accettato di rinegoziare con la s.p.a. il proprio ingente credito.

Se la finanza dell’Ente sembra risollevarsi, lo stesso non avviene per i padiglioni. Si continua, infatti, a non utilizzare questo spazio. Né si è pensato di utilizzarlo per organizzare manifestazioni del tipo di quella che in questi giorni si svolge nell’Università La Sapienza: Maker Faire fra droni e robot, con stampanti in 3D alte 12 metri. La “fiera dell’innovazione” distribuita su 600 stand.

A nessuno è venuto in mente di usare i padiglioni della Fiera di Roma costruiti proprio per eventi come questo? L’assessora Marta Leonori, Sindaco Marino dimissionario, ha anzi espresso la volontà di estendere, per le prossime edizioni di Maker Faire, gli spazi espositivi in tutta la città.

Ancora gazebi e tendoni messi alla rinfusa, senza che la Soprintendenza trovi nulla da ridire, anche quando s’insinuano su edifici che lo stesso PRG censisce nella propria “Carta della Qualità”? Gli stessi gazebi per cui il Centro sociale Corto Circuito è perseguitato,anche quando, come in questo caso, vengono tirati su in sostituzione di spazi andati a fuoco, in attesa di una ricostruzione che non si vuole autorizzare.

Una città da stendere e mettere a disposizione a chi promette oboli. Avviene alla Sapienza. Avviene al Palazzo della Civiltà del Lavoro. Spazi sottratti da trasformare in erogatore di scontrini.

Ancora interventi manu militari a chi chiede, come è successo alla Sapienza, di rendere libero l’accesso ad ogni spazio pubblico?