TERRITORI

Maxi processo No Tav, chiesti 150 anni di carcere

L’accusa ha chiesto 150 anni di carcere per gli imputati nel maxi processo No Tav sugli scontri del 27 giugno e 3 luglio 2011 in Val Susa

150 anni di carcere per i 47 imputati nel maxi processo No Tav per gli scontri del 27 giugno e 3 luglio 2011 in Val Susa: questa la pena richiesta dal Procuratore generale Francesco Saluzzo, che ha dichiarato a più riprese di voler seguire la strada indicata da Giancarlo Caselli.

Una richiesta più dura persino della sentenza emessa nel primo grado di giudizio nel 2015, durante la quale per gli imputati erano stati chiesti 140 anni di carcere. Addirittura sono state richiamate in causa le persone assolte nella prima sentenza, in quanto ritenute non estranee ai fatti contestati dal Procuratore generale Saluzzo.

Durante la lettura delle richieste dell’accusa gli imputati hanno voluto leggere un loro comunicato, cosa che gli è stata brutalmente impedita dalla Corte. Sia loro, sia il pubblico solidale presente in aula, sono stati fatti allontanare.

Il 3 luglio 2011 però, oltre che per essere stata una giornata di resistenza e battaglia No Tav, è ricordato tristemente anche per le violenze e le torture inflitte dalla polizia alle persone che avevano la sfortuna di essere sottoposte a fermo. Torture per le quali nessuno si è mai interessato a cercare un colpevole, mentre il movimento No Tav viene criminalizzato a più riprese per qualsiasi cosa. Addirittura una studentessa che ha scritto la sua tesi di laurea parlando della lotta No Tav è stata denunciata, e adesso dovrà affrontare un processo.

Nonostante questa repressione dura e crescente, sembra che gli attivisti No Tav non abbiano nessuna voglia di chinare la testa e accettare rassegnati la devastazione del proprio territorio avallata dallo Stato. Ad esempio, numerose persone che sono state colpite da misure cautelari come obbligo di dimora, firme o arresti domiciliari, hanno deciso di ritenerle illegittime e non rispettarle: come nel caso di Nicoletta Dosio, storica attivista No Tav, condannata agli arresti domiciliari dopo che si era rifiutata di ottemperare all’obbligo di firma. Inutile dire che a casa Nicoletta non ci rimane.