ROMA

Mannaia elettorale sui campi rom

C’è chi ci è nato, nel campo rom della Monachina, e chi pensava che ne sarebbe uscito solo per andare a vivere in un posto migliore. Invece, con minacce e ricatti, il Comune di Roma sta per sgomberare anche quel centinaio di persone senza offrire loro nessuna alternativa. Ma le elezioni incombono e Virginia Raggi ha fretta

I campi rom de La Monachina e Candoni hanno i giorni contati. A scandirli, le imminenti elezioni e quel famigerato “Piano Rom” uscito dal cilindro della sindaca Raggi nel 2017 servito solo a minacciare, intimidire e, in buona sostanza, cacciare i rom dai campi presi di mira. Ora tocca, appunto, alla Monachina e a Candoni, il primo nell’area di Ciampino, il secondo invece nel Municipio XI alla Muratella, in questi giorni in fibrillazione per i segnali che fanno chiaramente intendere che è tempo di sgomberi. In particolare, un paio di giorni fa, grazie alla associazione di cui faccio parte, Cittadinanza e Minoranze, ci mettiamo in contatto con l’Ufficio Speciale Rom Sinti e Caminanti e ci confermano che lo sgombero è imminente.

Alla nostra domanda sul destino di chi ancora è nei campi la risposta è stata che hanno avuto tutto il tempo per pensarci e che non hanno firmato il “Patto”.

Vediamoci chiaro: per “hanno avuto tutto il tempo” si intende che per quelle centoventi persone che vivono da anni alla Monachina, campo regolare istituito dal Comune, il “patto” prevedeva la chiusura entro quest’anno. Ma, poiché le elezioni sono alle porte, gli abitanti devono essere al più presto messi alla porta. Per andare dove? Nessuno lo dice. Quando, nel 2017, è stato varato il piano rom, un quarto dei120 abitanti era senza documenti, il 30% senza una residenza. E ora? Tutti integrati nella società? Macché. Due persone hanno scelto di avviare le pratiche per diventare apolidi, in tre stanno aspettando il rinnovo del permesso di soggiorno e altri tre hanno preso la residenza.

Naturalmente al campo rom, solo tre persone hanno fatto richiesta per avere una casa popolare, nove si sono rivolte al Comune per trovare una casa sfruttando il bonus affitto ma solo due l’hanno davvero avuta. L’ultima trovata del Comune e per esso delle organizzazioni incaricate è chiedere ai residenti nei campi di firmare il “Patto per Roma” nel quale si impegnano a lasciare il campo entro una certa data profittando dell’aiuto del Comune per pagare il fitto per i primi anni. Poiché ai Rom una casa non c’è nessuno che l’affitti, le organizzazioni non sono riuscite quasi mai a trovare appartamenti privati. Così che inadempienti risultano essere i Rom e quindi passibili di sgombero.

Non poche famiglie non hanno firmato il Patto e il Comune intende sgomberarli per mancata collaborazione.


Ci saranno molte decine di famiglie con anziani e bambini che saranno messe in strada come è avvenuto al Camping River i cui ex abitanti, dopo due anni e più dallo sgombero, stanno ancora sotto i ponti quando non hanno avuto la capacità o la fortuna di occupare qualche capannone abbandonato.


Possibile che l’unica soluzione sia quella propinata dal Comune e aulicamente chiamata “Patto” o possono esserci delle altre, immensamente meno costose e indecenti? L’Associazione 21 luglio ha messo a punto un proprio piano, redatto con la consulenza e la collaborazione degli stessi rom che vale la pena studiare, mentre Cittadinanza e Minoranze ha scritto ieri alla sindaca Raggi per dire che «lo scorso 15 giugno personale della Sua amministrazione si è recato presso il campo rom della Monachina chiedendo alle ed ai cittadini ivi residenti di firmare un documento, di cui non hanno lasciato copia ai firmatari con la pretestuosa motivazione di doverla preventivamente protocollare.

A chi si è mostrato, del tutto legittimamente, riluttante a sottoscrivere un impegno di cui non riusciva (e non potrà) comprendere compiutamente i termini e non potrà ricordare il contenuto di quanto letto solo per pochi istanti, sarebbe stato riferito che questo era l’unico modo per evitare lo sgombero. Va da sé che questa prassi, che ricalca quella seguita con il c.d. “Patto per Roma”, è del tutto illegittima e pesantemente vessatoria, potendo finanche arrivare a integrare la fattispecie prevista e punita dall’articolo 610 del codice penale.

Con la presente, la invitiamo perciò a dare disposizioni ai componenti gli uffici da Lei dipendenti di attenersi rigorosamente ai comportamenti cui sono tenuti gli/le appartenenti alla Pubblica Amministrazione nel rapporto con i/le cittadini/e e a ricordare loro che secondo la Strategia Nazionale per l’inclusione dei RSC 2012-2020 il trasferimento degli abitanti dei c.d. campi nomadi non dovrebbe essere imposto, ma effetto di un percorso di cui dovrebbe essere elemento cardine l’inserimento lavorativo.

Le chiediamo a questo proposito – conclude la lettera – di voler portare a conoscenza della pubblica opinione a quali risultati siano pervenuti gli enti ai quali è stato affidata tramite bandi la delicatissima operazione del “superamento” e non della semplice chiusura dei “campi nomadi”».
C’è qualcuno che crede che la sindaca ci risponderà?

Tutte le foto dall’archivio DINAMOpress