EUROPA

L’ong Sea Eye: «Queste persone meritano rispetto. Fate sbarcare la Alan Kurdi»

Parla Carlotta Weibl, portavoce internazionale della ong tedesca che mercoledì scorso ha salvato 64 persone ed è ancora in balia del mare. Dal fronte dei negoziati europei, intanto, arrivano solo indiscrezioni

«Sei giorni di attesa per un approdo. A che punto si vuole arrivare?» lo ha chiesto pubblicamente questa mattina la portavoce dell’Unhcr Carlotta Sami via twitter. La nave si trova da 6 giorni in acque internazionali con oltre 60 naufraghi a bordo. Le persone sono state salvate da un naufragio mercoledì scorso, davanti alle coste libiche, grazie all’intervento dell’imbarcazione della Ong tedesca Sea-Eye. Quando la prua era diretta verso Lampedusa alla ricerca di un porto sicuro, il ministro dell’Interno italiano Matteo Salvini ha minacciato capitano ed equipaggio, affermando che la nave sarebbe stata considerata una minaccia alla sicurezza nazionale. Così l’imbarcazione, con il suo carico umano di persone appena fuggite dai lager libici, si è diretta in direzione di Malta. Fino ad ora non ha ricevuto il permesso a entrare nelle acque internazionali. Anche dal fronte dei paesi europei che starebbero negoziando la ripartizione dei profughi non sono arrivate notizie certe. Solo oggi un portavoce della Commissione europea ha dichiarato: «In seguito a una richiesta la Commissione europea ha avviato i contatti per sostenere e coordinare gli stati membri disposti a partecipare agli sforzi di solidarietà per le persone che sono ancora a bordo della Alan Kurdi. Questi contatti sono ancora in corso». Intanto la nave rimane in balia degli ignavia dei governi europei e delle condizioni del Mediterraneo. Per aggiornamenti sulla situazione abbiamo intervistato Carlotta Weibl, portavoce internazionale di Sea Eye.

Che succede a bordo della Alan Kurdi in questo momento?

La Alan Kurdi si trova ancora nelle acque internazionali, oltre le 12 miglia dalle coste di Malta. La situazione è molto dura a bordo. Ieri abbiamo dovuto evacuare una donna a causa delle sue condizioni fisiche. Continuanava a perdere conoscenza, la sua tempratura corporea era molto alta e ovviamente le possibilità di fare diagnosi corrette a bordo sono molto limitate. Il nostro team medico sta facendo un ottimo lavoro, ma su una nave non hai a disposizione le attrezzature di un ospedale. Per questo abbiamo chiesto l’evacuazione e per fortuna Malta ha risposto rapidamente e in maniera professionale. Hanno preso la donna dalla nave e l’hanno portata in una struttura medica adeguata. Al momento, comunque, ci sono ancora 63 persone a bordo. Anche loro presentano condizioni fisiche difficili. Sono scappati da mesi o settimane di detenzione nei centri libici. Già questo li ha debilitati molto. Adesso si trovano da una settimana sulla nave, senza le strutture necessarie. Una parte è costretta a dormire all’aperto. Per non parlare delle difficoltà psicologiche. Hanno vissuto molto più di quanto noi possiamo immaginare. Tante persone hanno traumi profondi. È una situazione davero difficile rimanere bloccati su questa nave senza sapere come andare avanti. Una difficoltà in più dopo tutto quello che hanno sofferto.

Sono stati realizzati i rifornimenti di acqua e cibo?

Cibo e acqua sono stati molto scarsi in questi giorni, con così tanta gente a bordo. Siamo molto felici di aver ricevuto ieri un rifornimento dalla Ong maltese Moas che ha portato a bordo coperte, giacche, calze e tutto ciò che serve alle persone per stare calde e proteggersi dal vento e dalle onde. Oggi faremo un altro trasporto noi stessi, per portare cibo e acqua perché stanno finendo. La nave ha bisogno di acqua per continuare a funzionare, per cucinare, affinché le persone possano lavarsi. È molto urgente questa cosa e per fortuna Malta ci ha autorizzato.

Il governo maltese ha dato qualche segnale?

Oltre al contatto per l’evacuazione e il trasporto, da Malta non abbiamo ricevuto nessun segnale. Non sappiamo quando la situazione potrà sbloccarsi. Per adesso non abbiamo il permesso per entrare nelle acque territoriali.

E il ministero degli esteri tedesco?

Siamo in contatto con loro, sono collaborativi, ma non sanno dirci quando questa situazione finirà. Fanno riferimento ai negoziati europei e con la Commissione, ma non abbiamo dettagli su quali paesi sono parte di questa discussione. Così siamo costretti ad attendere una soluzione.

Volete chiedere qualcosa?

Vogliamo esortare gli stati europei ad agire il prima possibile. Ma vogliamo anche fare appello ai cittadini europei a capire quanto è difficile la situazione delle persone a bordo. Hanno vissuto situazioni terribili di violenze, torture, stupri. Alcuni sono stati venduti come schiavi. Nessuno di noi può neanche immaginare cosa hanno subito queste persone. Speriamo davvero che possano essere accolti con il rispetto che meritano. Ne hanno diritto secondo i diritti umani di cui tutti godiamo. Siamo senza parole di fronte all’odio che ci è stato buttato addosso. La Alan Kurdi può essere sostenuta in molti modi dai citadini normali, anche attraverso donazioni. Quando queste missioni si prolungano così tanto, i costi schizzano. Il sostegno economico è necessario per tornare presto in mare e salvare altre persone dall’annegamento, dalla morte.

Foto tratte dalla pagina facebook di sea-eye