ROMA

Taxiwriter 1. L’illusione della democrazia vista dal taxi

Tra una corsa e l’altra alla guida del suo mezzo, Andrea Panzironi riflette, discute e osserva gli angoli di città in cui la storia ha lasciato delle tracce. Il suo primo racconto per dinamopress

Piove, su questa splendida e misera città. I tergicristalli lavorano sodo sotto i colpi violenti delle grosse gocce d’acqua che cadono fitte e ripuliscono l’aria e i sentimenti. Nella tenaglia feroce del traffico di via delle Botteghe Oscure è impossibile qualsiasi manovra diversiva, ed il vecchio seduto alle mie spalle tossisce a cadenza regolare, in perfetta sintonia con gli scatti del tassametro.

Il pachiderma che forma il corpo unico della lunga fila di lamiere avanza di una decina di metri, sufficiente per arrivare all’angolo di via Caetani. Come per un gesto involontario dettato forse dall’eco della Storia volgo lo sguardo a destra, fino ad arrivare a scorgere l’ingresso della discoteca di Stato, di fronte alla quale fu parcheggiata una Renault quattro rossa contenente il corpo esanime di un uomo che rappresentava quello stesso Stato, presidente di una democrazia cristiana che avrebbe voluto certamente più laica.

La voce stridula della radio, contrastando violentemente i miei ricordi in bianco e nero di un passato che sembra non passare mai, annuncia che il nuovo movimento che ha vinto le elezioni è il frutto della nuova democrazia, quella nata nella rete del web e direttamente esercitata dai cittadini. Il vecchio stavolta invece del solito colpo di tosse, emette uno sghignazzo sardonico. Mi guarda di traverso bucando lo specchietto, cercando una mia reazione che però non arriva, rapito come sono dal corto circuito di realtà e ricordi che si saldano proprio mentre a passo d’uomo scorriamo davanti al portone del “bottegone”, il luogo della speranza e poi della disillusione, dove il centralismo si mangiò definitivamente ciò che di democratico doveva invece garantire.

Lo scatto della luce verde mi libera dall’imbottigliamento e sfocio insieme ad altre decine di auto nel percorso ad alto rischio della piazza centrale di “buca capitale”. La pioggia improvvisamente cessa, ed i raggi, non quelli oscuri capitolini, ma abbaglianti del sole, rimbalzano sui sanpietrini, rendendo il percorso degno di un gioco di guerra. Il notiziario alla radio continua, snocciolando dati e ricapitolazioni tra vinti e sconfitti, quando le voragini, che non lasciano scampo ai miei esausti ammortizzatori sotto di me, diventano metaforiche sopra di me, come quella che ha inghiottito il partito democratico. Nel quale democraticamente a modo suo, si dimette in diretta sì, ma in differita quando poi si vedrà, il segretario nazionale. Dallo specchietto scorgo lo sguardo adesso melanconico del vecchio che spizza le sue acquose pupille verso il balcone dal quale la Mascella parlava, fregandosene di tutti e di tutto, democraticamente parlando.

Finalmente arrivo a destinazione, il vecchio con uno scatto in avanti mi porge i dieci euro della corsa e poi bonariamente mi dà un paio di colpi sulla spalla, guardandomi con la compassione di chi per certi rovelli della mente ci è già passato. «Non t’ angustia’, la democrazia è un’ illusione. Serve pe’ tene’ bona la gente». Il vecchio mi sorride esce e chiude lo sportello. Lo guardo allontanarsi, scomparendo nella pioggia che riprende a scendere insistente. Spengo la radio che vomita notizie ora inutili, resta il suono ritmico delle gocce che si infrangono sul tetto dell’auto a fare da contrappunto all’eco delle parole del vecchio che risuonano ancora all’interno dell’ abitacolo e non vogliono andarsene più via.