MONDO

L’esercito israeliano spara sulla marcia pacifica a Gaza

Durante la “Great Return March” la popolazione palestinese disarmata si è avvicinata al muro con Israele, l’esercito israeliano ha aperto il fuoco, 14 persone sono morte e più di mille feriti

Il 30 marzo 2018 verrà ricordato come un terribile bloody friday per la popolazione palestinese di Gaza.

In migliaia si sono avvicinati alla frontiera, nei pressi del muro che divide la Striscia di Gaza da Israele. La reazione dell’esercito israeliano è stata incredibilmente pesante e violenta. Alla fine della giornata fonti palestinesi parlano di 14 morti e 1100 feriti. L’esercito ha sparato costantemente munizioni contro civili disarmati. In supporto all’iniziativa di Gaza, ci sono state decine di manifestazioni in Cisgiordania, anche queste spesso represse con violenza.

 

La manifestazione di oggi è la prima di una serie di eventi denominati The Great Return March, una protesta della durata di 45 giorni che iniziano oggi per culminare il 15 Maggio 2018. Le date non sono scelte a caso, il 15 maggio è il settantesimo anniversario della Nakba palestinese, il giorno in cui si ricorda l’operazione di pulizia etnica avvenuta nel 1948, che ha portato alla nascita dello stato di Israele e alla creazione di 750 mila rifugiati palestinesi e alla distruzione di 800 villaggi. Mentre il 30 marzo è la ‘giornata della terra’ in cui si ricorda un tremendo massacro avvenuto contro palestinesi con cittadinanza israeliana in alcuni villaggi nel nord del paese nel 1976, a seguito di una protesta contro un esproprio di terre.

La Great Return March era stata organizzate da settimane. I media israeliani – e di conseguenze anche quelli italiani – l’hanno dipinta come una protesta strumentalizzata da Hamas. Al contrario, gli organizzatori della manifestazione hanno sottolineato in più riprese come fosse una protesta apartitica e nonviolenta, contro le insostenibili condizioni di vita a Gaza, e per il diritto di ritorno dei palestinesi. Sia il nome che le pratiche politiche messe in campo oggi ci fanno comprendere come la marcia fosse di matrice gandhiana e ispirata al movimento per i diritti civili negli Usa.

La partecipazione da parte palestinese è andata oltre ogni aspettativa, stime israeliane hanno parlato di 17.000 manifestanti raggruppati in diversi punti nei pressi del muro. Erano decenni che a Gaza non avveniva una manifestazione nonviolenta e popolare di questo tipo e di questa portata. Non è per nulla scontato essere arrivati a questo risultato eccezionale e straordinario. Ovviamente sarà molto difficile continuare questo ciclo di proteste se la repressione dovesse continuare come nella giornata di oggi.

Aymar Odeh, deputato di sinistra palestinese alla Knesset, di cittadinanza israeliano ha dichiarato: «Durante la festività della Pasqua ebraica, i residenti della prigione più grande al mondo stanno chiedendo di vivere. Uomini, donne, bambini stanno marciando per chiedere la loro libertà, incontrando indifferenza e crudeltà. Dal punto di vista israeliano non c’è nessuna forma di protesta palestinese che sia legittima. Anche un modello come questo di lotta popolare nonviolenta si trova di fronte a soldati armati che non esitano a sparare ai manifestanti. Israele deve immediatamente fermare il fuoco e permettere alla popolazione di Gaza di portare avanti la propria legittima protesta».

È ovvio che Israele ha tutto l’interesse a reprimere duramente forme di protesta che dimostrano come la popolazione palestinese non sia per nulla schierata solo con le scelte strategiche di Hamas, al contrario c’è ancora ampio spazio e consenso per forme di disobbedienza civile popolare e nonviolenta. La Great Return March è appena iniziata e ha bisogno di tutto il nostro supporto.

 

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