editoriale

Le inchieste pericolose

L’assunto base, anzi il leitmotiv sempre presente è che sex sells, ovunque[…] : pubblicità (in tv e nei cartelloni stradali), tv, internet ecc, ecc… e un po’ dappertutto, senza starsi a dilungare troppo.

Anche nelle “inchieste giornalistiche”, ogni tanto va di moda spendere qualche riga su un tema che poi rimbalza nell’infosfera e diventa oggetto di estenuanti discussioni su twitter, social, e che si traduce quasi automaticamente, spesso e volentieri, in argomento topic di dibattiti televisivi: sesso e adolescenti, un binomio sempre pronto a destare attenzione, oggetto di studi sociologici, antropologici, filosofici, materia per libri di vario genere, serie televisive, film, e chi più ne ha più ne metta.

Gli adolescenti, dunque, queste figure che si aggirano per le case di adulti che cercano di scrutarli, stentando spesso a carpirne gli “oscuri segreti”; giovani in attesa di potersene andare a vivere per conto proprio benché qualcuno tenti ogni tanto di declamare il contrario (leggi: “giovani che stanno bene a casa” secondo il rampollo Elkann, tra l’altro cognato della Borromeo, autrice della “scottante” inchiesta Sex and Teens,), che frequentano e occupano scuole, università, che lavorano per pochi spiccioli nei call center, nei bar e ristoranti, che fanno tirocini gratuiti (leggi: sfigati), che si diplomano e si laureano sapendo già che non potranno arrivare ad avere il lavoro dei propri sogni (leggi:choosy). Personaggi strani, questi adolescenti: spesso, quelli che rifuggono dalla monotonia (leggi: giovani che non vogliono fare lavori umili) amano occupare luoghi e abitazioni perché non possono permettersi un affitto, oppure invadere le strade in corteo per manifestare e conquistarsi il diritto a decidere della propria vita. In Italia vengono spesso bistrattati e insultati anche da ministri e politici vari, perché vogliono troppo o perché non vogliono niente, perché sono pigri (leggi: “bamboccioni”) oppure perché appartengono alla “Generazione sazia” secondo un’altra giornalista che ne sa sempre una più del diavolo,Concita De Gregorio, atterrata sul pianeta Terra da una navicella spaziale proveniente da un pianeta ignoto.

Fiumi d’inchiostro, di parole, di immagini sfocate, ognuna delle quali tenta di categorizzare, catalogare, classificare ed esemplificare attitudini, comportamenti, esperienze sessuali, con uno sguardo paternalista, ideologico e moralista (quando non fascista!), in cui il sesso diventa dispositivo di valutazione e di controllo per stabilire il livello di maturità, la saggezza, l’equilibrio, oppure il disagio dell’adolescente, in base all’età in cui lo si fa la prima volta, alla sua frequenza, con chi lo si fa, come, quando, perché e così via all’infinito…

Aggettivi, sostantivi, verbi ridondanti, tutti sotto l’egida della grande parola che abbaglia o terrorizza i “benpensanti”: trasgressione. Un termine inventato, un parametro senza riferimenti, per descrivere atteggiamenti e abitudini umani. Una parola che nessuno pronuncia mai a voce, men che meno per descrivere se stess*.

Siamo tutti figli e figlie di quell’ immaginario e di quell’estetica delle tv commerciali che si è affermata a partire dagli anni’80, e si è reinventata, diramata, anche nella rete, con la conseguente potenziale fruizione, produzione e condivisione di materiale audio e video di ogni genere. Ma questo accesso sempre diretto, diffuso e alla portata di tutti, non implica e non stimola necessariamente la capacità di analisi e di ricerca dei soggetti interconnessi, anche se, potenzialmente, costituisce una possibilità reale di autoformazione in materia di sessualità.

E così, l’America che si “scandalizza” per l’esibizione diMiley Cyrus agli MTV Award nel 2013, con un video che è rimbalzato negli apparecchi telematici di tutto il mondo, le adolescenti “giovani e belle”che la vogliono imitare, che si vestono provocanti, truccate, sui mezzi pubblici e sulle auto per minorenni, in periferia come nei quartieri alti. Trasgressione?

Il corpo è la prima cosa che appare e va mostrato dove e come si può, perché solo se ti fai vedere e ti mostri diventi reale, al centro del mondo e degn* di attenzione. Parlare di sé, raccontarsi davanti allo schermo di un pc, esistono molti siti e social network per farlo, ma alcuni sono brutali, come Ask.fm, che offre la possibilità di scrivere domande e commenti spesso pesanti sul profilo degli altri membri in assoluto anonimato, seguendo gli “amici” senza che loro lo sappiano. Insulti, che hanno spinto a febbraio una giovane 14enne a buttarsi da un tetto di un hotel. E poi, ricatti di adolescenti che filmano altri adolescenti in momenti intimi, minacciandoli di caricarli su youtube e renderli pubblici. E poi vessazioni verso chi è debole, timido, fragile, introverso, oppure diverso perché non eterosessuale, quindi non “normale”.

Adolescenti spesso annoiati nelle loro case del centro, oppure rinchiusi nelle zone rosse delle periferie delle città, collegate solo da autobus malconci che passano, bene che va, ogni ora. Il centro commerciale è il castello che le sovrasta, e poi, sale giochi, baretti, muretti, location in cui alcune dinamiche di gruppo si autoalimentano, il branco, il cannibalismo verso l’elemento debole. Il cannibalismo di gruppo diventa emblema dell’individualismo dell’uno e dell’altro.

In quest’ottica anche il sesso è godimento solitario, consumo, prevaricazione, rapporto di subordinazione, l’altr* è ridotto a mero oggetto. Ma non si tratta di un problema solo di età a questo punto, perché la mercificazione delle relazioni affettive è trasversale, quando si percepisce la società tutta, come un grande supermercato pieno di prodotti stanziati sugli scaffali, costosi o a metà prezzo. Cose.

Si nota sempre un certo voyeurismo negli occhi e nelle penne di certi “adulti” che descrivono e stigmatizzano alcuni comportamenti degli adolescenti, questi sconosciuti, quando sviscerano luoghi comuni oppure quando “indagano” in maniera un po’ morbosa sui piccoli e grandi aspetti della loro vita, con l’incedere di chi ha il sentore di avvicinarsi ad un universo parallelo abitato da alieni.

Alcuni miti da sfatare: quello dell’aspettativa sulla prima volta come qualcosa di magico e di perfettamente sintonico o l’importanza della verginità, la verginità come valore che contraddistingue le “ragazze perbene”, oppure la verginità come un peso, qualcosa di cui liberarsi, per poter essere come le altre, “quelle sveglie” che l’hanno fatto, ed entrare a far parte del mondo degli adulti sessualmente attivi.

Le adolescenti sono già giovani donne, sono precoci, mentre spesso i loro coetanei sembrano molto più piccoli. E il sesso inizia alle medie, difficile che tutti abbiano acquisito piena consapevolezza sul tema della contraccezione, sui rischi delle malattie sessualmente trasmissibili (in costante aumento). Maggiori investimenti sull’educazione sessuale nelle scuole, invece di nenie moralistiche, attuazione di serie politiche di prevenzione, invece di un bigottismo ipocrita e insopportabile, sarebbero molto auspicabili!! Ma educare a una sessualità libera e consapevole non è concesso! Del resto siamo pur sempre nel paese in cui contraccezione d’emergenza o IVG sono diritti, conquistati ormai tempo fa dalle lotte delle donne e, però, rimessi ogni giorno discussione, quando non direttamente e brutalmente negati (lo abbiamo visto ieri con il caso della donna abbandonata ad abortire da sola nel bagno dell’ospedale Pertini, dove medici e portantini erano tutti obiettori di coscienza).

Si potrebbe perciò smettere di semplificare un mondo e un periodo complesso come l’adolescenza, banalizzando tutto e incolpando ora le ragazzine “disponibili” ora i ragazzini bulletti. Queste giovani ragazze che terrorizzano e brutalizzano i poveri maschietti che ignorano la pratica del cunnilingus e sono perennemente affetti dall’ansia di prestazione, che sognano la fanciulla rassicurante che legge gli sms che le inviano, e non riescono a contenere gli impeti delle loro coetanee assatanate, sembrano comparse di una serie televisiva scadente, tanto colorita quanto patinata e finta.

Inadeguatezza è la sensazione che coglie quegli individui che si sentono immobilizzati da costrutti sociali e culturali precostituiti che vogliono l’adolescente e la donna (a prescindere dalla sua età anagrafica) legata sempre a quell’immaginario mainstream che riproduce perennemente quella noiosa dicotomia tra la cinica, ammaliatrice, senza scrupoli, che usa il sesso e il corpo come merce per “arrivare” un po’ ovunque (altrimenti detta puttana) e la virtuosa, ingenua, dolce, vittima sacrificale (altrimenti detta santa).

Per riassumere, mi viene in mente il romanzo di William Makepeace Thackeray, Vanity Fair, un ritratto e un atto d’accusa (intriso di un invasivo moralismo tipicamente vittoriano), una celebrazione e un affresco grottesco e terribile dell’ipocrisia umana che si riflette nella società: apparentemente si esalta la condotta secondo moralità, ma in realtà di ogni cosa si reclama solo l’apparenza e il vittorioso è sempre il più furbo. L’esistenza umana come una fiera (delle vanità), un mercato in cui gli individui mettono sempre e comunque in mostra ciò che hanno e che possono vendere. E alla fine vince sempre il più forte e il più tenace. Becky l’arrivista mette in mostra tutta se stessa, in ogni modo, per la “scalata sociale”, Amelia l’ingenua, invece rifugge la vita e la realtà conducendo la sua esistenza verso una condotta votata solo alla rispettabilità sociale.

Ma immaginare, evocare, non basta. Occorre individuare nuovi luoghi in cui è possibile un accesso laico, libero e gratuito all’educazione e alla prevenzione, per poter costruire, ogni giorno, nuovi e altri immaginari sessuali ma non solo, aprire un nuovo ragionamento sulla sessualità, e quindi sul nodo sesso-potere, ripartendo dal corpo, anzi, dai corpi, perché è da lì che comincia tutto. Il corpo come soggetto indocile, ribelle, insubordinato, ostinato e in ogni caso protagonista. Protagonista anche più o meno consapevole di un certo tipo di accanimento trasversale che incrocia le questioni di genere, gli effetti dei tagli alla sanità pubblica, l’assenza di una seria politica di prevenzione, il razzismo. Corpi visibili, spesso strumento di ostentazione di potere, e corpi invisibili che smettono di essere tali quando decidono di emergere e di ribellarsi. Sono i corpi che vengono colpiti quotidianamente dai dispositivi di controllo e normazione propri di un potere diffuso, orizzontale e multiforme, un potere che si accanisce trasversalmente sugli stessi con le sue politiche di austerity.

In alcuni casi questi corpi diventano solo carne da sfruttare, reprimere, nascondere, espellere, imprigionare dentro e fuori lo spazio metropolitano.

Solitudine e marginalizzazione sociale è ciò che spetta di fatto a quei soggetti percepiti come appartenenti alle categorie socialmente ed economicamente “deboli”: donne, minori, migranti, malati.

“Una cattiva, cioè inadeguata, percezione dei corpi, della società, dell’altro condurrà a una cattiva composizione sociale, esattamente come il veleno è una cattiva composizione per il corpo”.

Ridare dignità alla vita, al corpo e alla sessualità, ricomponendo, prima di tutto, piacere, desiderio e cura di sé. Autodeterminazione vuol dire anche prendere in carico su di sé la responsabilità della salute, della prevenzione, di una sessualità libera senza delegare alcunché alla presunta assolutezza del sapere medico, né, tantomeno, a questioni morali o religiose. Far saltare i recinti, le barriere, i confini, le definizioni, rovesciare l’ordine del discorso, riaprire il conflitto, perché niente è neutro e dato una volta per tutte, perché i nostri desideri, le nostre passioni sono quelli che portiamo e che raccontiamo nei luoghi che attraversiamo quotidianamente, nelle piazze, nelle scuole, nelle università, nei posti di lavoro, quelli che prendono corpo diventano carne, sangue, sudore, vita e su cui, nessun altro, se non noi, può mettere bocca!